“La diversità non è solo una scelta etica, ma conviene anche in termini di business” spiega il direttore People and Organization del gruppo
“Quasi tutti i prodotti per le famiglie vengono scelti dalle donne ma sono progettati da uomini, che necessitano del punto di vista femminile per migliorarne l’experience, l’usabilità e l’appeal”. A parlare è Ernesto Ciorra, direttore Innovability di Enel. E in quest’ottica il gruppo energetico ha lanciato una sfida alle migliori startup e piccole imprese fondate o gestite da donne. Il challenge si chiama “Women in tech” ed è aperto fino al 31 gennaio 2019 sulla piattaforma di crowdsourcing Open Innovability.
Quali sono i requisiti per partecipare? Sono ammesse le imprese con meno di 10 anni di vita, massimo 100 dipendenti, proprietarie di tecnologie o soluzioni in fase commerciale, pronte per essere testate e, possibilmente, applicate alle attività di Enel. L’idea migliore sarà premiata nel corso di una cerimonia, ma per la vincitrice sarà, inoltre, possibile l’offerta di una collaborazione fattiva con l’azienda.
Diversità come scelta etica, ma anche come valore in termini ecomomici. “Non solo perché è la cosa giusta da fare, ma perché è nel nostro interesse in ottica di crescita del business” chiosa Francesca Di Carlo, direttore People and Organization del gruppo.
Non solo. “La vera diversity non è avere più donne in azienda o persone di diverso orientamento sessuale, religioso, culturale: diversity è invece avere il coraggio di promuovere la cultura della libertà e del dissenso all’interno dell’azienda” riprende Ciorra.
Mancano figure ispiratrici, ma anche l’educazione gioca un ruolo
Due terzi dei lavori del futuro riguarderanno l’ambito tecnico-scientifico. In Europa entro il 2020 sono previsti 756 mila nuovi posti di lavoro legati alle competenze digitali. Eppure sono ancora poche, soprattutto nei Paesi mediterranei, le donne iscritte alle facoltà che danno accesso alle cosiddette professioni STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics).
Ma cosa rende poco attraenti le facoltà STEM per le giovani donne? Due fattori in particolare, spiega Di Carlo: “La mancanza di role model a cui ispirarsi e la paura dell’errore e di mettersi in gioco. L’educazione familiare, che porta le ragazze fin da piccole a pensare che debbano essere perfette (ad esempio ottenendo il massimo dei voti) crea un’avversione totale per il rischio e per il fallimento. Ai ragazzi, invece, viene insegnato a giocare duro e puntare in alto, cosa che li spinge a prendersi più rischi semplicemente perché sono abituati a farlo: in altri termini cresciamo le ragazze per farle perfette e i ragazzi per farli essere coraggiosi”. E’ arrivato il momento di cambiare le carte in tavola, per formare una generazione libera dal pregiudizio, e per la parità non sia una lezione da studiare sui manuali di sociologia, ma un fatto reale. Quasi scontato.