La sua prima startup. La creazione di Google Map e Google Earth. Le difficoltà, le vittorie. E di Niantic, la sua startup ispirata alle navi arenate della Silicon Valley
It’s GO time. È così che il 6 luglio John Hanke e il team di Niantic hanno annunciato il lancio del gioco che ha letteralmente portato i Pokémon a invadere le nostre vite. O almeno le vite di quelli che non riescono a fermare la caccia ai piccoli mostri colorati in giro per le città. Ma sono dovuti passare molti anni prima che questo momento tanto atteso da Hanke e dalla sua startup arrivasse, così, all’improvviso e in maniera quasi prepotente.
Fondatore di Keyhole, da dove è nato Google Maps e Earth
La storia di John Hanke e il percorso che l’ha portato a sviluppare un gioco così di successo comincia vent’anni fa. È il 1996 e John Hanke, nato e cresciuto a Cross Plains in Texas, è uno studente dell’università del Texas. In quell’anno realizza il suo primo gioco online, Meridian 59, e lo vende a 3DO. Ancora niente a che vedere con mappe e geolocalizzazione. Ma presto quello diventerà l’interesse principale di Hanke. Nel 2000, infatti, lancia la sua prima startup, Keyhole.
Io non penso che noi siamo fatti per stare seduti in una stanza buia con un dispositivo elettronico sulla nostra testa. Sono più interessato all’idea di andare all’aperto e costruire delle reali connessioni
E non è un progetto da poco. «Fu in grado di trasformare Keyhole in un’azienda e di mantenerla in vita in tempi difficili come il 2002 quando le startup morivano come mosche», ha detto al Financial Times Brian McClendon, che ha lavorato a Google fino all’anno scorso. A Hanke e a Keyhole si deve quella mappa in 3D dell’intero pianeta che noi oggi chiamiamo Google Earth, Google Maps, Street View. È il 2004 quando Google decide di sborsare 35 milioni di dollari per comprare la tecnologia sviluppata dall’azienda di Hanke e farne uno dei suoi prodotti di punta.
2010. John Hanke crea la “nave” Niantic
All’orizzonte i Pokémon non si vedono ancora. Ma è negli anni che Hanke trascorre a Google che costruisce il team che avrebbe poi portato allo sviluppo di Pokémon Go. Nel 2010, tra le mura dell’azienda di Mountain View, prende vita un’altra startup, Niantic Labs che quasi sei anni dopo avrebbe portato da sola alla luce il gioco virale con i personaggi Nintendo.
È lo stesso Hanke a spiegare l’idea dalla quale viene il nome della sua nuova azienda: «Niantic è il nome di una nave che è stata trascinata sulla spiaggia. San Francisco in pratica è stata costruita su navi come questa. Potresti starci sopra in questo momento e non lo sapresti. È l’idea che ci sono delle cose del mondo che sono molto interessanti, ma che, anche se sono su internet, è difficile conoscerle quando sei fisicamente sul posto», dice in un’intervista esclusiva a Inc.com nel 2012.
Un incubatore chiamato Google
Nel 2015 Niantic Labs esce da Google e diventa indipendente. «Google costruisce prodotti come Maps e Google Play Store che sono orizzontali. Questo significa che Niantic non avrebbe potuto ottenere un trattamento speciale rispetto agli altri sviluppatori sulle piattaforme Google», spiega Hanke a Business Insider. E aggiunge: «L’uscita da Google ci permise di lavorare con partner e clienti che erano terrorizzati dall’idea di lavorare con una superpotenza come Google».
È l’idea che ci sono delle cose del mondo che sono molto interessanti, ma che, anche se sono su internet, è difficile conoscerle quando sei fisicamente sul posto
I tempi passati in Google, però, sono per Niantic uno straordinario percorso di incubazione con tanti risultati. Uno su tutti il lancio nel 2012 di Ingress, uno dei giochi di realtà aumentata più famosi: «Ho sempre pensato che si sarebbe potuto fare un gioco grandioso utilizzando tutti i dati geografici che abbiamo. Ho visto i cellulari diventare sempre più potenti e ho pensato che sarebbe arrivato il tempo in cui poter fare un gioco di avventura basato sulla realtà», spiegava ancora Hanke nel 2012.
2014. Parte la prima caccia ai Pokémon
Nel 2014, il giorno del pesce d’aprile, arriva la prima sperimentazione di Pokémon Go: trovare i Pokémon su Google Maps. «Google Maps unito ai Pokémon era come cioccolata unita a burro di arachidi», dice a Business Insider il ceo di Niantic. È questa prova che permette di capire che il gioco può davvero prendere forma. Il team di Niantic comincia a sviluppare l’applicazione a partire dall’esperienza degli utenti su Ingress. E forse non è un caso che il Ceo della Pokémon Company, Tsunekazu Ishihara sia già un giocatore di Ingress di alto livello in Giappone.
Lo sviluppo del gioco sembra quindi ancora più facile. Nel frattempo, Hanke raccoglie i fondi necessari per mandare avanti il lavoro: 25 milioni di dollari in pochi mesi da 8 investitori tra cui Nintendo. Hanke incassa l’approvazione del Ceo di Nintendo, Satoru Iwata, che vede in questo gioco di realtà aumentata una possibilità per un’azienda come la sua. Un colosso dei videogiochi che non è riuscito a intercettare l’era dello smartphone e ora cerca il riscatto attraverso Niantic. Hanke intanto fa crescere il suo team fino a portarlo a più di 40 componenti. Tutto per prepararsi al giorno x.
Il riscatto di Nintendo
E il giorno x arriva: il 6 luglio 2016, gli utenti di Stati Uniti, Australia e Nuova Zelanda cominciano a scaricare Pokémon Go. «Abbiamo pianificato il successo, abbiamo preparato la nostra infrastruttura per questo. Ma per essere onesti, siamo stati sopraffatti dal livello di interesse, dal numero di persone che vogliono giocare e dalla quantità di tempo che vogliono dedicare al gioco. Ci ha sorpresi», ha confessato a Time John Hanke.
Il successo di Pokémon Go non è solo un fenomeno sociale. È soprattutto un colpo economico. L’uscita del gioco ha fatto schizzare alle stelle il valore delle azioni di Nintendo che lunedì 11 luglio è salito del 23 per cento (qui qualche numero su Pokémon Go). La strada, però, non è finita. Hanke annuncia l’introduzione di ulteriori funzionalità, come l’evoluzione dei mostriciattoli in creature più forti, solo per onorare lo spirito originale del gioco. Oppure la possibilità di incoraggiare la cooperazione tra gli utenti per la costruzione di palestre e Pokéstops.
«Io non penso che noi siamo fatti per stare seduti in una stanza buia con un dispositivo elettronico sulla nostra testa. Sono più interessato all’idea di andare all’aperto e costruire delle reali connessioni», ha detto al Financial Times Hanke, presentando una visione della realtà aumentata un po’ diversa da quella proposta da Facebook Oculus Rift. Ora non rimane che stare a vedere cosa sarà in grado di fare questo gioco dopo il lancio ufficiale dell’applicazione anche in Europa e Asia. E se riuscirà a diventare ancora più virale, schivando i problemi di sicurezza e protezione dei dati, e la “scocciatura” della pubblicità.