Intervista a Christian Parmigiani, CEO di 4ward
«Indietro non si torna». Christian Parmigiani, CEO di 4ward, socio e consigliere di amministrazione di Impresoft Group, sembra convinto del fatto che il mondo delle aziende, pubbliche e private, non potranno che accettare e assecondare i cambiamenti forzati dal lockdown sul modo di lavorare. Fondata nel 2002, 4ward nasce per facilitare la digital transformation all’interno delle imprese e fa parte del network di Impresoft group, uno dei maggiori gruppi ICT italiani, con un fatturato superiore ai 55 milioni di euro e oltre 3mia clienti. StartupItalia lo ha intervistato in merito alla nuova quotidianità operativa che molte aziende stanno vivendo: lo smart working.
Qual è stata la risposta delle aziende di fronte a un momento d’emergenza simile?
«Pur essendo un ottimista per natura, non posso che partire da una considerazione. Quello che più rattrista aziende come la nostra è il fatto che stiamo proponendo da anni la digital transformation e soprattutto modello di Modern workplace, per migliorare il lavoro nelle aziende. Purtroppo non sempre abbiamo trovato la giusta lungimiranza nel percepire i vantaggi che, in una situazione normale, ci sono. Sembra strano ma è come se non tutti percepiscano la tecnologia come un driver che aiuta. Non è una cosa che si improvvisa e non può essere metabolizzata immediatamente».
Quali sono state le principali difficoltà che avete riscontrato?
«Ci sono tanti dipendenti che hanno soltanto un pc fisso. Sembra una banalità, ma può diventare un incubo perché se i file su cui occorre lavorare sono tutti su un server e non disponibili in cloud è necessario creare dei bridge, come abbiamo fatto, per poter permettere un lavoro agile da casa. Avere un portatile aziendale in situazioni simili significa avere sempre l’ufficio con sé. Se non si è pronti non è scontato far tornare operative le persone: serve la tecnologia e la formazione adeguata».
Christian Parmigiani, CEO 4ward
Smart working: chi non l’aveva mai fatto che riscontro ha ottenuto?
«Il commento principale è stato: “Si può fare”. Per chi non lo aveva mai implementato, come 4ward abbiamo messo a disposizione esperti per fare una veloce formazione a distanza, comprimendo in pochi giorni un modello che per essere implementato appieno richiederebbe mesi. Milioni di persone a casa richiedono un’organizzazione efficace della giornata e dell’agenda, con strumenti in grado di ottimizzare il lavoro. Tra i nostri clienti ci sono anche pubbliche amministrazioni ed enti ospedalieri. In quest’ultimo caso siamo riusciti a far lavorare un ospedale con oltre 300 persone da casa. Ovviamente non medici e infermieri, ma lo sportello ,il back office e tutta l’amministrazione».
Cosa resterà di questo periodo dal punto di vista lavorativo?
«Io credo che non si potrà tornare indietro. Nessuno ha la certezza che una volta terminato il lockdown non se ne possa riattivare un altro nei prossimi mesi. La cosa positiva è che questo lungo periodo di smart working ha abituato le persone “forzatamente”: tanti hanno ormai scollinato certi dubbi. Speriamo che questo modo di lavorare non venga più sottovalutato».
C’è però chi dice che non tutti i lavori si possono fare in smart working
«È vero, solo in parte: le fabbriche in questo momento non sono a pieno regime, ma le smart factories sono possibili. Parlo delle imprese che hanno investito in tecnologia, nell’industria 4.0: queste hanno più probabilità di poter gestire le loro attività da remoto. Magari non al 100% e non in tutte le fasi, ma ci son realtà enormi che continuano ad andare avanti nonostante tutto, come testimoniano molti dei nostri clienti che hanno adottato le nostre soluzioni in particolare il MES disponibile via cloud e connesso ai processi produttivi ed alle macchine in fabbrica. Molti pensano che l’utilizzo di software particolari richieda la presenza on site, ma ormai il cloud mette a disposizione prodotti e potenza di calcolo per operazioni evolute, riducendo davvero a pochi casi la reale necessità di presenza fisica».