In collaborazione con |
Grazie ai programmi di compagnie come EasyJet o all’esplosione del settore in tanti Paesi fra cui l’India cresce la domanda di comandanti. La storia delle donne nell’epopea del volo commerciale e di un settore clamorosamente al maschile
Il mestiere più bello del mondo: pilotare un aereo. Peccato che sia anche uno degli ambiti più falcidiati dal cosiddetto “gender gap”, cioè dalla differenza di occupati uomini e donne e dei loro salari. Di tempo ne è passato da quando l’attrice francese Raymonde de Laroche divenne la prima a mettersi a ottenere una licenza commerciale e mettersi alla cloche, segnando ufficialmente l’ingresso delle donne nel settore dell’aviazione civile. Era, combinazione, proprio l’8 marzo. Ma del 1910. Un anno prima aveva percorso 270 importantissimi metri a bordo di un biplano dei fratelli Voisin. Anche se la prima a pilotare un aereo era stata l’artista e aviatrice Thérèse Peltier nella seconda parte del 1908 pur senza ottenere un brevetto.
L’epopea di Amelia Earhart
Impossibile poi non citare Amelia Earhart, l’eroica aviatrice statunitense, prima donna ad aver attraversato in solitaria l’Oceano Atlantico nel 1932. Vicenda raccontata nel suo libro “20 hours, 40 min” che la trasformò in un’autentica superstar e fra le prime celebrità del Novecento fuori dai soliti ambienti dell’intrattenimento: col suo nome venne perfino commercializzata una linea di bagagli e di abbigliamento. Scomparve il 2 luglio 1937 nel pieno di un altro suo sogno fortemente voluto: il giro del mondo in aeroplano. Era il secondo tentativo sul suo Lockheed L-10 Electra.
Le “quote rosa” in cabina di pilotaggio
Venendo all’epoca moderna del volo, dal 1960 la “quota rosa”, anche se la parola “quota” non ci fa impazzire, nel mondo dei piloti commerciali, è andata ovviamente crescendo. Passando dallo 0,8% al 6,6% del 2016. Davvero poca cosa, in mezzo secolo di storia e di volo. Questi, almeno, sono i numeri forniti dalla Faa, Federal Aviation Administration, e dall’Institute for Women of Aviation Worldwide relativi appunto al 2016. Davvero magrissimi.
Fiorenza de Bernardi, la prima italiana al comando
In Italia la prima pilota di aerei di linea fu Fiorenza de Bernardi, che oggi ha 91 anni. Fiorentina, figlia dell’aviatore e colonnello dell’Aeronautica Mario, ottenne il primo dei tre brevetti di volo allora previsti nel 1951, volando per sport spesso in compagnia di Graziella Sartori. Iniziò a lavorare nella Aeralpi nel 1967. Fu la quarta o quinta pilota di linea nel mondo, non è mai stato chiarito. La prima fu, nel 1934, Helen Richey per la Central Airlines della Pennsylvania, negli Stati Uniti. Poi De Bernardi passò ad Aertirrena, dove divenne la prima comandante donna italiana. La pensione dovette anticiparla anni più tardi, dopo un giro del mondo e oltre 6.500 ore di volo, per un brutto incidente d’auto.
Le stime: serviranno 637mila nuovi piloti
Tornando ancora all’oggi, una stima firmata Boeing nei prossimi vent’anni riportato dal sito AirHelp l’industria aerea richiederà qualcosa come 637mila piloti in più. Si tratta di uno dei settori in rapidissima crescita, decisamente anticiclico rispetto alle crisi mondiali, come dimostrano le vere e proprie “lotte” fra compagnie per sottrarsi i piloti più esperti. Protagonisti dell’offensiva sono da anni i vettori del Golfo e del Sud-Est asiatico che propongono accordi estremamente vantaggiosi ai comandanti e primi ufficiali più bravi. Fra cui, purtroppo, non ci sono (numericamente) molte donne. Oggi infatti appena l’8% dei piloti è donna (anche se alcune fonti, come l’International Society of Women Airline Pilots, parlano addirittura del 5% con un peggioramento negli ultimi anni dopo il picco del 2016, sarebbero circa 7.400 su 155mila) e dunque, oltre al sacrosanto allineamento in termini di possibilità, si aprirà anche un discorso di tipo prettamente operativo: serviranno più piloti. Punto.
L’esperienza di EasyJet
Le compagnie aeree hanno ben chiara la questione del “gender gap” a 10mila metri di altezza, che non riguarda solo il numero di comandanti e primi ufficiali ma anche il loro stipendio, con gli uomini pagati mediamente meglio. Lo scorso autunno, per esempio, la britannica EasyJet ha lanciato una nuova campagna (anche pubblicitaria, ispirata al film “Prova a prendermi” con quattro bambine che sognano di guidare un aereo) che punta ad alzare la quota di piloti donna della compagnia al 20% entro il 2020. A quanto pare bisogna partire dai più piccoli: il 55% dei piloti maschi ha affermato che voleva diventare pilota già a 10 anni. Fra le donne alla cloche, invece, il 50% ha iniziato a considerare un simile percorso solo a 16 anni, non prima. Non solo: oltre un quinto (22%) dei piloti maschi sapeva quale carriera avrebbe intrapreso ancora prima, già a 5 anni. Un mondo dunque declinato al maschile fin dalle fantasie d’infanzia e che si lega alla scarsa promozione dei percorsi tecnici e scientifici fra le bambine, che EasyJet vuole però ribaltare: ci prova già nel 2015 con il progetto Amy Johnson Initiative, che aveva portato un aumento delle donne arruolate dal 6 al 12% nel 2016.
“Dalla nostra ricerca emerge chiaramente che il cambiamento delle percezioni e delle ambizioni delle donne inizia a scuola – aveva spiegato qualche tempo fa Chris Browne, capo delle operazioni di EasyJet – volevamo creare un remake divertente e stimolante di questa famosa scena cinematografica, per ispirare un maggior numero di ragazze a intraprendere questa carriera gratificante. La nostra speranza è che la campagna ispiri una nuova generazione di piloti, sfidando gli stereotipi di genere e incoraggiando un maggior numero di donne a prendere il volo”. Nel frattempo, nelle scuole di volo internazionali le iscrizioni delle aspiranti pilota crescono del 12% all’anno. Un ecosistema che sta, finalmente, cambiando. Anche se a rilento.
Fra l’altro, proprio nei giorni scorsi si è tenuto all’istituto onnicomprensivo Scuola Europa di Milano, di fronte a due classi di scuola elementare, il lancio della campagna di sensibilizzazione “Un giorno da pilota” ideata dal vettore britannico e patrocinata dal Comune di Milano, dedicata ai temi della diversità di genere dell’emancipazione femminile.
Le altre compagnie: United in testa
Allargando lo sguardo alle altre compagnie internazionali, secondo un’indagine sempre dello scorso anno firmata dall’International Society of Women Airline Pilots sarebbe la statunitense United a vantare il maggior numero di donne ai comandi nell’equipaggio, col 7,4% del totale, seguita da Lufthansa col 7% e British Airways col 5,9. Dopo il podio seguono Air Canada col 5,5%, Tui col 5,3%, Klm col 5,2 e ancora JetBlue col 5%, EasyJet col 5% (evidentemente i dati interni non collimano con quelli in mano all’organizzazione internazionale), e seguono – fra il 4,7% e l’1% – altre fra cui Air New Zealand, Delta, Cathay Pacific, Virgin Atlantic ed Emirates.
Il caso British
Anche British Airways ha per molti anni avuto una campagna progettata per incoraggiare più ragazze e donne a prendere in considerazione la possibilità di pilotare aerei commerciali. Le donne pilota della compagnia britannica come il primo ufficiale Amie Kirkham (nella foto) parlano nelle scuole, nei collegi e ad eventi del settore per spingere le più giovani e gli eventi Flying Futures di British Airways aiutano i giovani di tutto il Regno Unito a saperne di più sulle opportunità di carriera nel settore dell’aviazione. Su scala globale, British impiega il 46% delle donne, molte in ruoli tradizionalmente dominati dagli uomini come piloti, ingegneria e nella squadra di rampa. Mentre i piloti di sesso maschile superano di gran lunga quelli di sesso femminile con una proporzione di quasi 18 a 1, come abbiamo visto British Airways ha più piloti femminili rispetto alla media del settore e si piazza al terzo posto mondiale.
Il boom indiano
In termini di Paesi, invece, a prescindere dalle aerolinee, il boom sta accadendo dove forse non si immaginerebbe. Per esempio in India, dove l’offerta di rotte e posti è cresciuta del 22% nei primi sei mesi del 2018 e vettori come SpiceJet e IndiGo stanno assumendo piloti a tassi incredibili. Fra essi moltissime anche donne, con un tasso femminile che ha già toccato il 12-13% in entrambi i gruppi e che, incredibilmente, non vive troppe discrepanze in termini di compensi. Nel caso di SpiceJet in tre anni un terzo della forza lavoro in cabina sarà costituito da donne.
Alitalia
E la compagnia di bandiera? Nella nuova Scuola di volo di Alitalia, dicono dal quartier generale, si è assistito negli ultimi mesi a un aumento della presenza e dell’interesse femminile (a proposito, qui un video confezionato per l’8 marzo). In generale, i numeri più aggiornati parlano di circa 43 donne in cabina delle quali dieci sono comandanti e le restanti 33 primi ufficiali su circa 1.500 piloti totali. Numeri bassi che il vettore intende però migliorare, e di molto, proprio grazie alle forze fresche del corso di addestramento “Cadet pilot” al Centro di addestramento Alitalia a Fiumicino da cui usciranno i nuovi piloti – e le nuove, future comandanti – con la Mpl, la Multi-Crew Pilot Licence.