Per la Giornata mondiale per la consapevolezza sull’autismo 2019 parliamo di un progetto tutto italiano sponsorizzato dallo chef Massimo Bottura che ha attirato l’attenzione anche degli USA e di aziende come Gucci e Maserati
Un laboratorio terapeutico dove tanti ragazzi affetti da autismo, ogni giorno, producono pasta fresca. “Il Tortellante” (qui il sito) è un progetto riabilitativo di inclusione nato a Modena nel 2016. Nella giornata mondiale per la consapevolezza sull’autismo vogliamo raccontare questa realtà che coinvolge tantissime persone impegnate, quotidianamente, nel dare un futuro a questi giovani.
Come nasce Il Tortellante
Era il 2016 quando Erika Coppelli, presidente de Il Tortellante, con l’associazione Aut Aut hanno dato vita al primo progetto pilota con 21 ragazzi affetti da autismo tra i 15 e 27 anni.
“Non ci saremmo mai aspettate – spiega Silvia Panini, curatrice del progetto e responsabile della parte aziendale – che le nonne facessero da traino per tutti noi. Sono state le prime a voler essere coinvolte e a insegnare ai ragazzi come fare la nostra pasta fresca per eccellenza: i tortellini. Sono un mix esplosivo di giusto rigore, impegno e divertimento. Stare a contatto spesso con i propri nipoti non solo aiuta i ragazzi che soffrono di questa malattia, ma anche loro stesse, che si sentono più motivate e spronate a svolgere un ruolo socialmente attivo“.
A portare avanti Il Tortellante non ci sono solo le nonne, bensì quasi tutti i genitori dei 24 ragazzi oggi coinvolti, dai 14 ai 25 anni, che soffrono di autismo a diversi livelli. “Molti di loro hanno bisogno di assistenza 24 ore su 24 – dice Silvia – Meno di 1/3 è in grado di sostenere una conversazione, mentre tutti gli altri hanno un basso o bassissimo livello di capacità comunicativa. Molti non riescono ad esprimersi neanche a gesti”.
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Oltre ai genitori, i ragazzi sono affiancati da otto educatori, due psicologi e da un team scientifico guidato dal prof. Franco Nardocci. A completare la squadra, un esercito di volontari. “Devo dire con soddisfazione che i volontari che ci aiutano ogni giorno sono davvero tantissimi – rivela Silvia – dai parenti e amici di famiglia ai macellai della zona e altri dipendenti del settore gastronomico, che ci riforniscono sempre di ottime materie prime per comporre i nostri tortellini. Non solo, abbiamo anche molti autisti, che aiutano nonne, anziani e ragazzi negli spostamenti, oltre a studenti, educatori tirocinanti e volontari inviati da aziende come Tetrapak e la Croce Rossa Italiana. Quest’ultima è molto attenta al problema perché spesso, in ambulanza, medici ed infermieri si trovano ad assistere persone affette da autismo”.
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I ragazzi che frequentano il laboratorio hanno, in media, tra i 16 e i 18 anni, e spesso lavorano doposcuola. Fare tortellini è un’attività che riescono a gestire senza troppe difficoltà . “Abbiamo scelto un lavoro ripetitivo, che non crea particolari situazioni di ansia o preoccupazione, e per questo adatto a loro. Il nostro obiettivo è, però, quello di dar loro la possibilità di poter essere in grado di svolgere una mansione altrove“, confessa Silvia.
Molti di loro sono ancora minorenni, perciò dovranno aspettare un po’ prima di esplorare nuovi orizzonti, ma tra i più grandi c’è già chi ha trovato fuori da questo contesto ed è impiegato all’interno di una banca.
Molto più di un progetto
“Il Tortellante” è, per questi ragazzi, non solo un’attività formativa, ma anche una preziosa opportunità di socializzazione che va a compensare il vuoto lasciato dalla fine del percorso di studio scolastico.
“Quando abbiamo creato il progetto, abbiamo pensato, prima di tutto, a voler dare un futuro ai nostri ragazzi, perché terminata la scuola sono quasi tutti tagliati fuori dalla società ”, rivela la curatrice.
Massimo Bottura testimonial
Il lavoro del Tortellante è molto apprezzato da numerose aziende ed enti italiani, che spesso richiedono questi tortellini speciali. “Ultimamente abbiamo ricevuto ordini da Maserati, Gucci, Tetrapak – spiega Silvia – Dobbiamo tanto al nostro testimonial, lo chef Massimo Bottura, che ha dato ampia visibilità al progetto e ci ha messi in contatto con realtà che, altrimenti, sarebbero state difficili da raggiungere. Pensare che, oggi, è più alta la richiesta della nostra produzione e per questo, purtroppo, spesso dobbiamo rifiutare alcuni ordini”.
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“Il Tortellante”, finora, ha vissuto grazie ad autofinanziamenti da parte delle famiglie dei ragazzi, sponsor ed enti privati che hanno aiutato questa realtà a crescere. Tra questi, c’è anche Unicredit, che ha permesso alle famiglie di aprire un mutuo a commissioni agevolate al fine di ristrutturare l’immobile dove è presente il laboratorio.Â
“La possibilità che ci ha dato Unicredit è stata per noi essenziale. La stessa banca ci ha anche recentemente premiati come miglior progetto ad impatto sociale. Siamo molto orgogliosi e soddisfatti, ringraziamo tutti gli enti che credono in noi, oltre ai volontari e al mondo della piccola gastronomia che ci dà una mano quotidianamente. Grazie all’aiuto dei produttori locali riusciamo a risparmiare una buona quantità di denaro per le materie prime. Durante l’ultima cena che abbiamo organizzato, siamo riusciti a raccogliere 17.000 euro“, spiega Silvia.
L’impatto social
“Il Tortellante” è presente anche sui social, soprattutto su Facebook (https://www.facebook.com/tortellante/), dove è riuscito ad attirare anche l’attenzione del mondo della ristorazione Oltreoceano. “Un signore italiano che vive a Los Angeles è rimasto talmente colpito dal nostro progetto che ha detto di volerlo replicare anche in America – racconta la curatrice – con un paio di differenze: offriranno tortellini alle erbette anziché di carne, e all’iniziativa non parteciperanno soltanto ragazzi affetti da autismo, ma anche da altri tipi di disabilità , come la sindrome di Down, o i reduci di guerra”.
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L’iniziativa di Silvia ed Erika è solo un primo tassello all’interno di un progetto molto più ampio, che prevede anche l’apertura di un laboratorio di informatica. Oltre alla possibilità , per questi ragazzi, di poter alloggiare nel weekend in una parte dell’immobile dove sono stati allestiti cinque posti letto. “Cerchiamo di farli abituare anche a vivere all’esterno del proprio contesto familiare, provando a renderli, per quanto possibili, indipendenti”, conclude Silvia.