In un mondo che cambia velocemente diventa importante conoscere le risorse a propria disposizione per funzionare al nostro meglio, al lavoro e nella vita privata. Eppure le organizzazioni italiane faticano a utilizzare processi e strumenti di valutazione
Vi siete mai fatti confezionare un abito su misura? Una camicia? Una giacca?
Se la risposta è positiva sapete bene che per ottenere l’effetto “mi calza a meraviglia” serve dedicare del tempo a farsi misurare dalla sarta: metro alla mano, in piedi in mezzo a una stanza, svestiti o quasi ci affidiamo a qualcuno che sa cosa ci serve, conosce il modello e sa cosa e dove misurare il nostro corpo.
Piacevole? Forse no, ma certo farsi prendere le misure è utile per fare in modo che l’abito che indosseremo si adatti al nostro corpo e non il contrario, per essere sicuri e a nostro agio, per sentirci liberi di dimenticarci il vestito e vivere la nostra vita di tutti i giorni.
Certo oggi è raro potersi permettere di farsi confezionare tutti gli abiti su misura, ma in alcuni casi è necessario: per alcune conformazioni fisiche, per il modello, gli standard o per l’utilizzo che prevede specifiche particolari, non standardizzabili.
Ai giorni nostri farsi fare un abito su misura è un lusso, che non tutti possono permettersi.
Cosa c’entra l’abito sartoriale con la valutazione nelle organizzazioni?
Chi ha partecipato almeno una volta nella vita a un processo di misurazione organizzativa lo sa: durante i processi di valutazione delle prestazioni, del potenziale, di sviluppo o come lo vogliamo chiamare, si prendono le misure.
Tante misure, quanto più sono state identificate con precisione le caratteristiche utili in ambito organizzativo, per lo sviluppo della persona e dell’azienda.
Oltre a questi fattori di sviluppo personale e organizzativo c’è anche una nuova variabile estremamente importante che non era calcolata fino a solo pochi anni fa: l’adattamento a un mondo in cambiamento rapido e spesso imprevedibile.
Per nostra fortuna oggi esistono numerosi processi, strumenti, test, dinamiche che permettono di osservare le capacità delle persone prima di inserirle in un ruolo o in un contesto nuovo, con l’obiettivo di evitare errori e acquisire consapevolezza sui propri gap formativi, e magari colmarli.
Visti questi dati di partenza ci si aspetterebbe un utilizzo massiccio e strategico di questi strumenti scientifici, per ottimizzare investimenti e ottenere i risultati desiderati.
La valutazione in Italia
Eppure non è così, perlomeno in Italia, come mi conferma Luisa Fossati, psicologa e specialista di test presso la casa editrice Hogrefe.
In altri paesi del mondo è normale essere sottoposti a Talent Development Centre e compilare test psicoattitudinali. La valutazione è uno strumento organizzativo comune e largamente utilizzato, sia all’ingresso del mondo aziendale con i percorsi di selezione sia durante il percorso di sviluppo della persona e delle sue capacità professionali.
E’ normale farlo perché – soprattutto nei paesi anglosassoni – è presente a tutti i livelli una vera e propria cultura del feedback, ed è pertanto possibile comunicare agli altri cosa è stato fatto bene e cosa no, richiedendo eventuali correzioni senza per questo svalutare o giudicare la persona, ma focalizzandosi sul risultato da ottenere o sulla correzione dell’errore.
Da noi, e in generale nella cultura mediterranea il rapporto con la valutazione non è così funzionale al risultato e scade spessissimo nel giudizio: dall’osservare se il tuo è un lavoro ben fatto si passa a giudicare se tu sei una buona persona, con tutti i bias di valutazione che questo comporta.
In estrema sintesi in una cultura dove alla base c’è il giudizio e la categorizzazione, se tu mi sei simpatico difficilmente riuscirò a dirti che il lavoro che hai fatto non va bene perché temo di incrinare la nostra alleanza. Più facile che io parli della mia insoddisfazione con qualcun altro ma non direttamente con te: un bel pasticcio, che blocca i processi di apprendimento e cambiamento in modo assolutamente involontario e inconsapevole.
L’importanza di una valutazione oggettiva per crescere
Nelle attività di consulenza organizzativa svolte negli ultimi 15 anni con Attivazione Network e con il confronto di altri professionisti del settore ho trovato delle costanti, da tenere presenti per costruire processi di valutazione davvero efficaci, per le organizzazioni e le persone coinvolte.
Sembra sia normale la resistenza iniziale delle organizzazioni ad utilizzare strumenti e processi di misurazione standardizzata. Fortunatamente nel farlo colgono le opportunità di questa nuova modalità in un mondo complesso e fluido, sempre più competitivo e su un mercato allargato.
Ognuno di noi ha delle caratteristiche specifiche e complesse non semplici da categorizzare come forse in passato siamo stati abituati a fare: non pensiamo certo di giudicare i fiori che sbocciano, ha molto più senso osservarli, possibilmente con tutti i sensi a nostra disposizione, per valorizzarli al meglio.
Allo stesso modo con gli strumenti e i processi di valutazione che abbiamo oggi a disposizione per permettere alle persone di dare il proprio meglio sono tanti e sempre più precisi nella misurazione di quello che c’è.
Farsi prendere le misure
© Gloria Bevilacqua
Certo non possono sostituire la realtà e la sperimentazione diretta, ma sono un aiuto nelle nostre mani perché ai giorni nostri, costruirsi un percorso professionale su misura è una necessità, per le persone e le organizzazioni.