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L’intervista di StartupItalia a Vincenzo Durante, responsabile dell’Area Occupazione di Invitalia e ospite a SIOS 21 Sardinia Edition. La misura che sostiene startup e PMI nel Meridione e nelle aree del Centro colpite dal sisma può svolgere più che mai oggi, a seguito della crisi economica, un duplice ruolo di aiuto e rilancio
Si è spesso parlato, negli ultimi mesi, della possibilità che la diffusione del lavoro da remoto possa, almeno in parte, frenare l’esodo dal Sud al Nord Italia o all’estero. Grazie allo smart working, infatti, molti lavoratori provenienti dal Meridione potrebbero, una volta terminata l’emergenza Covid, rimanere nella loro terra d’origine. “Nel post pandemia, la geografia del lavoro in Italia può cambiare e potrebbe verificarsi un’inversione di tendenza rispetto all’esodo verso il Nord Italia o altri Paesi. Il nome della misura è Resto al Sud, ma potrebbe chiamarsi Torno o Vado al Sud: non a caso”, afferma Vincenzo Durante, responsabile dell’Area Occupazione di Invitalia, “circa il 10% dei soggetti che hanno usufruito dell’incentivo non erano residenti nel Mezzogiorno, nel momento in cui hanno presentato domanda”.
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Il futuro, quindi, sarà in misura sempre maggiore incentrato sul digitale. “Per alcune attività, la localizzazione fisica non rappresenterà più un vincolo per posizionarsi nel mercato di riferimento”, prosegue Durante. “Penso soprattutto ai servizi, ma non solo. Resto al Sud vuole essere uno strumento in grado di assecondare un flusso di forza lavoro che vada in direzione opposta rispetto a quello visto finora e riporti capitale umano nel Mezzogiorno”.
Cos’è Resto al Sud
StartupItalia: Resto al Sud nasce ben prima della crisi causata dal Covid. In cosa consiste e quale scopo si prefigge?
Vincenzo Durante: «Si tratta di una misura agevolativa che finanzia, da oltre tre anni, progetti di startup e sviluppo di impresa. Una delle caratteristiche principali è quella di garantire una copertura totale dell’investimento di startup o di sviluppo di un’azienda già esistente, metà del quale a fondo perduto e per il restante 50% tramite finanziamenti da banche convenzionate a tassi convenienti. L’incentivo permette quindi di avviare un percorso imprenditoriale o rendere più efficiente un’impresa avviata, aumentandone la capacità produttiva. Con l’unico vincolo, per il richiedente, di aver costituito la propria attività dopo il 21 giugno 2017».
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SI: A seguito della pandemia, come è cambiata l’agevolazione?
VD: «Subito dopo l’insorgere della crisi dovuta al Covid, attraverso il Decreto Rilancio, Invitalia ha istituito un ulteriore contributo a fondo perduto, fino a un massimo di 40mila euro. L’obiettivo è tanto fronteggiare la crisi di liquidità che ha coinvolto le imprese, quanto consentire nuovi investimenti in grado di rilanciare l’economia delle aree coinvolte».
Tra il presente e le prospettive per il futuro
SI: Probabilmente, alcuni cambiamenti apportati durante i lockdown nel modo di lavorare resteranno anche nello scenario post pandemico, a partire dallo smart working. In questo senso, come si pone l’iniziativa di Invitalia?
VD: «Nel post pandemia, la geografia del lavoro in Italia può cambiare e potrebbe verificarsi un’inversione di tendenza rispetto all’esodo dal Meridione verso il Nord Italia o altri Paesi. La misura, il cui nome è Resto al Sud, potrebbe chiamarsi Torno o Vado al Sud: non a caso, circa il 10% dei soggetti che hanno usufruito dell’incentivo non erano residenti nelle regioni del Mezzogiorno, quando hanno presentato domanda. Infatti, è possibile spostare la residenza dopo l’approvazione del progetto».
SI: Un cambiamento all’insegna del digitale.
VD: «Il digitale sta avendo e avrà una diffusione esponenziale. Specialmente per alcune attività, la localizzazione fisica non rappresenterà più un vincolo per posizionarsi nel mercato di riferimento. Penso soprattutto ai servizi, ma non solo. Resto al Sud vuole essere uno strumento in grado di assecondare un flusso di forza lavoro che vada in direzione geografica opposta rispetto a quello visto finora e riporti capitale umano nel Mezzogiorno».
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SI: Oltre ai servizi, quali sono i settori maggiormente recettivi agli incentivi concessi da Resto al Sud?
VD: «Analizzando i comparti delle attività iscritte alla misura, si nota appunto una prevalenza dei servizi, in special modo negli ambiti turistico, culturale, ricettivo e della ristorazione. Queste attività pesano complessivamente per circa il 50% delle iniziative finanziate. C’è anche una quota rilevante di imprese manifatturiere, perlopiù a carattere artigianale».
I numeri di Resto al Sud
SI: Prendendo in considerazione i numeri della misura, dalla sua nascita a oggi, quante sono le imprese che hanno usufruito dell’incentivo?
VD: «Nel corso degli anni l’incentivo ha portato a ottimi risultati, con poco più di 8mila 400 progetti approvati, a fronte di circa 23mila presentati. Tradotto in denaro, le imprese che hanno avuto accesso a Resto al Sud hanno attivato investimenti per quasi 600 milioni di euro. Fondi, che hanno quindi permesso, tramite le attività finanziate, la creazione di 31mila nuovi posti di lavoro».
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SI: Metà degli investimenti sono a fondo perduto, mentre la restante quota è finanziata dagli istituti bancari. Attraverso quali modalità?
VD: «La partnership instaurata tra Resto al Sud e le banche è uno dei punti di forza della misura. A oggi, gli istituti hanno infatti deliberato circa 270 milioni di euro per le imprese coinvolte nel programma. In più, i finanziamenti bancari vengono erogati in anticipo nei confronti delle imprese, prima ancora che queste abbiano avviato i propri progetti. Un aspetto particolarmente importante, se si considera la grave contrazione del credito che ha coinvolto, negli ultimi anni, soprattutto le piccole imprese del Sud Italia. A questo si aggiunge un secondo aspetto positivo della misura, ovvero la velocità con cui Resto al Sud valuta un progetto e dà una risposta definitiva, approvando in caso positivo l’erogazione del credito. Un tempo che, in media, nel 2020 è stato di soltanto 34 giorni».