Le mafie oggi sfruttano software malevoli, monete elettroniche e si nascondono tra le pieghe del web. Così l’Olanda ha creato una task force di 300 hacker. In Italia le norme non lo permettono, ma in che modo da noi le tecnologie diventano alleate delle forze dell’ordine?
La tecnologia è diventata sempre più centrale nel contrasto alle mafie. Ad affermarlo Pasquale Angelosanto, comandante del ROS, il generale Antonio Nicola Quintavalle Cecere, Maurizio Vallone, direttore della Direzione Investigativa Antimafia e Luciano Violante, ex presidente della Camera. L’innovazione oggi incide moltissimo nella lotta alle mafie e, in questo senso, la collaborazione tra le forze dell’ordine e le università che fanno ricerca nel Tech è divenuta centrale per acciuffare i criminali.
“Oggi le mafie sono una holding criminale”
Un file rouge che lega non solo la tecnologia al comparto investigativo ma anche al settore del management, laddove l’interesse pubblico e privato coesistono e coincidono sia nelle attività di investigazione che nella gestione dei patrimoni nel contrasto alle mafie. “Gestire la complessità, come quella delle organizzazioni mafiose, non prevede soluzioni facili ma altrettanto complesse. In questo senso, il metodo e la conoscenza del management risultano essenziali per combattere le mafie – ha affermato il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla – Molte cose che dovevano essere fatte non sono state fatte; per questo la collaborazione tra il settore del management privato, il pubblico e la ricerca sono oggi più che mai essenziali”. “Si tratta di una grande sfida di efficienza, efficacia e funzionalità, verso la costruzione di una cultura innovativa dove l’interesse pubblico e quello privato coincidono – ha commentato il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi – Si deve capire che cosa serve al Paese e, per farlo, si deve collaborare. In questo senso, l’università è il luogo naturale delle grandi idee”. È d’accordo anche il sindaco di Milano, Beppe Sala, il quale, intervenendo al Festival del Management, ha dichiarato che la collaborazione tra pubblico e privato nel contrasto alle mafie è un elemento centrale.
«Quello delle mafie è un tema complesso e il manager, in questo senso, è chiamato a fare prevenzione – ha spiegato l’ex presidente della Camera, Luciano Violante – Quando si parla di “mafia”, in realtà stiamo parlando di fenomeni differenti: la ‘Ndrangheta è la struttura più pericolosa oggi perché è molto presente in Liguria, Piemonte, Lombardia, Veneto, Lazio, e fuori dal territorio di origine. Chi eroga le risorse pubbliche sono Regioni e Comuni, principalmente, i quali, spesso, non hanno le competenze sufficienti per far fronte alle mafie che si insidiano nel tessuto pubblico. E il settore pubblico ha un problema in più rispetto al privato: l’incertezza sulle responsabilità. Pertanto occorre una formazione su principi di legalità ed etica. In questo senso, “pedagogia” è una parola molto importante sia per il settore pubblico che per quello privato».
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Mafie sempre più tech
Se, da un lato, le organizzazioni criminali mafiose stanno diventando sempre più tecnologicamente avanzate, da un altro sono le stesse forze dell’ordine ad avvalersi degli strumenti tecnologici per combatterle. “Oggi le mafie sono una holding criminale; la diversificazione delle attività è affidata a competenze diverse: ci sono settori di interesse assegnati a diverse persone; dove non si rinvengono le competenze idonee a svolgere un certo tipo di attività nell’organizzazione, allora si va all’esterno. L’utilizzo delle tecnologie e il potenziamento di queste, assieme all’internazionalizzazione delle investigazioni sono le priorità oggi – ha dichiarato a StartupItalia il comandante del ROS, Pasquale Angelosanto – La tecnologia è stata centrale nell’arresto dell’ex latitante Matteo Messina Denaro. Per entrare più nel dettaglio, ha inciso nell’osservazione a distanza ma anche nel controllo delle intercettazioni telefoniche, che non sono soltanto banalmente incroci telefonici ma trasmissione di dati. Collaborare con chi fa ricerca nel settore della Tecnologia e delle Telecomunicazioni è, per noi, indispensabile. Proprio per questa ragione, le università ci forniscono un supporto fondamentale. Internamente non abbiamo figure professionali così competenti per farlo, anche se è presente un organismo interno che si occupa di tecnologia”.
“La tecnologia è stata centrale nell’arresto di Matteo Messina Denaro. Le università ci forniscono un supporto fondamentale.”
Ma come si riesce a creare questo network efficiente per il contrasto alle mafie? “Una linea strategica è quella di mantenere l’efficienza dello strumento operativo affinché sia efficace per l’obiettivo da raggiungere – prosegue il comandante Angelosanto – In riferimento alle dotazioni tecnologiche delle organizzazioni mafiose, è di grande attualità il ricorso a sistemi di comunicazione che rendano difficili le intercettazioni come le comunicazioni sul traffico dati; l’utilizzo di apparati criptati e canali di comunicazione satellitari. Come accennavo prima, le strutture di Polizia devono dotarsi di questi apparati ma non sono in grado di fare ricerca. Quello che possono fare è applicare i risultati della ricerca che viene individuata nel mondo accademico. Con questo obiettivo abbiamo stabilito protocolli di intesa con le università avanzate nel settore tecnologico, per poter superare le difficoltà che incontriamo al fine di prevenire le azioni dei criminali. Stiamo, dunque, lavorando sulla predizione e la prevenzione con gli strumenti tecnologici che la ricerca è in grado di fornirci”.
“Stiamo lavorando sulla predizione e la prevenzione con gli strumenti tecnologici che la ricerca è in grado di fornirci”
Un altro punto centrale nella lotta alle mafie è il controllo fiscale. Anche da questo punto di vista, la tecnologia arriva in aiuto alle forze dell’ordine. “Il controllo della spesa pubblica consente di sgominare gli illeciti – ha affermato il generale Antonio Nicola Quintavalle Cecere – Nel settore patrimoniale, ad esempio, gli strumenti innovativi ci sono ma c’è bisogno di avere a disposizione mezzi più aggressivi che consentano di curare questo cancro. Solo nel 2022, la Guardia di Finanza ha sequestrato beni per 3 miliardi e 500 milioni di euro. Questo è il volume di affari della mafia, oltre ai sequestri che superano i 2 miliardi di euro”.
“Nel settore patrimoniale gli strumenti innovativi ci sono ma c’è bisogno di mezzi più aggressivi”
E la moneta elettronica è un altro strumento tecnologico con cui le mafie hanno oggi molto a che fare. “La criminalità organizzata gestisce sempre di più il denaro elettronico fino ad arrivare a strumenti di riciclaggio – ha affermato il Maurizio Vallone, direttore della Direzione Investigativa Antimafia – Ci sono ‘ndranghetisti che soltanto tramite moneta elettronica spostano quantità di capitali da parte a parte del mondo, d’accordo con la criminalità albanese che fa da tramite tra il Sud America e l’Est Europa. Questi criminali la cocaina non la hanno mai vista; hanno soltanto spostato denaro elettronico”.
“Ci sono ‘ndranghetisti che non hanno mi visto la cocaina ma hanno soltanto spostato denaro elettronico”
Hacker contro la mafia
“L’Olanda, recentemente, ha assunto 300 hacker che hanno come unico compito di bucare reti di crittografia e comunicazione. Grazie al loro lavoro e a una task force internazionale, siamo riusciti a sgominare un’organizzazione criminale mafiosa che gestiva un ampio traffico di sostanze stupefacenti – ha affermato Maurizio Vallone, direttore della Direzione Investigativa Antimafia – Tutto questo in Italia non è possibile perché non possiamo avvalerci di queste figure e ci dobbiamo affidare alla cooperazione con le reti universitarie”.
“L’Olanda ha assunto 300 hacker per bucare reti di crittografia e comunicazione. In Italia questo non è possibile”
Un problema che ha a che fare, soprattutto, con i fondi destinati alle forze dell’ordine. “Acquisiremo 5 milioni di euro che l’Unione Europea ha destinato alla creazione di una rete di cooperazione tra forze di Polizia nel serious crime – continua il direttore Vallone – Ora, questo progetto richiede una rendicontazione e un organo dedicato che dovrà essere istituito. Seppure oggi si spari di meno, la pistola è sempre nel cassetto. Si spara meno in Italia, ma di più in Europa; in Svezia piuttosto che in Danimarca perché è lì che le mafie stanno cominciando una seconda fase di azione. E’ sempre sbagliato pensare che le mafie siano un fenomeno strettamente locale”. I fondi per il PNRR sono un altro elemento sotto stretta osservazione da parte delle forze armate. “Per prevenire le mafie è assolutamente necessario monitorare l’aggiudicazione di appalti conseguente alla distribuzione dei fondi del PNRR – conclude il direttore della DIA – Pertanto, adesso è centrale indagare su questi cantieri e fare attività di prevenzione. Oggi è il momento di pensare che vale di più un’attività investigativa preventiva che a cose fatte”.