Nel mercato dei cibi del futuro c’è posto per la tecnologia e una certa dose di creatività. Ne abbiamo parlato con Alain Revah, chief corporate manager dell’azienda d’Oltralpe. Dopo aver chiuso round di serie A, B e C è al lavoro su un nuovo aumento di capitale
Nel 2050, secondo le stime, la Terra sarà abitata da 9,5 miliardi di persone. La richiesta di carne, pesce, pollame e in generale di proteine aumenterà. Non ci sono abbastanza risorse per sfamare tutti, non con la tipologia di consumi a cui l’Occidente è abituato, e che è considerata il punto di arrivo per i molti Paesi sulla scia dello sviluppo. Nonostante le statistiche in merito siano difficili e circolino dati estremamente imprecisi al riguardo, il costo in termini di risorse idriche per produrre carne di manzo, fonte privilegiata di proteine, è molto alto. Il dato scende decisamente per suini, ovini e pollame, pur restando considerevolemente più alto rispetto ai vegetali. Ma i problemi dell’allevamento non si esauriscono con il consumo di acqua: non è possibile ignorare deforestazione, perdita di biodiversità e produzione di metano, un potente gas serra.
“Il 35% dell’alimentazione di specie come la trota è già composto da insetti che si trovano in acqua”
Non va meglio se si guarda agli oceani. La sovrapesca è tema noto, e all’acquacoltura (che fornisce metà del consumo mondiale) è destinato un quarto del pescato totale, in una sorta di economia circolare con la retromarcia innestata. Così, si cercano soluzioni alternative. Per chi guarda lontano, le opportunità di business sono chiare da anni. Le aziende del settore dell’alimentazione alternativa potrebbero fornire una risposta ai bisogni globali impiegando tecnologia e una certa dose di creatività. Non è detto che sia definitiva. Ma è un primo passo, e c’è chi ci sta investendo parecchio.
La risposta dagli insetti?
Secondo Ynsect, scaleup francese fondata nel 2011, la soluzione del rebus potrebbe venire dagli insetti. “Da loro comincia la reinvenzione della catena alimentare” dice a StartupItalia Alain Revah, chief corporate officer dell’azienda, collegato dall’ufficio di New York. Ynsect bazzica il settore da tempo: nel corso di undici anni ha raccolto 425 milioni di dollari. L’interesse è alto. “Il fatto – prosegue Revah – è che gli insetti sono l’alimento ideale per il pesce di acquacoltura, i maiali, le galline. Ma anche per gli esseri umani”.
“Le larve mature vengono selezionate automaticamente dal sistema per essere avviate alla fase di trasformazione”
Il 35% dell’alimentazione di specie come la trota, prosegue il dirigente, è già composto da insetti che si trovano in acqua. Anche i gatti, in natura, li includerebbero nella dieta in una percentuale compresa tra il 3% e il 5%. “Abbiamo notato questo dato e ci siamo chiesti: ma che cos’hanno di tanto importante?” La risposta è semplice: “Sono molto efficienti nel produrre proteine. Abbiamo scoperto che il tenebrione mugnaio, una delle due specie che cresciamo, ne è composto per il 72%. Di questa specie si butta solo il 3% del peso: il resto può essere impiegato in diverse lavorazioni. Il problema era allevarla su larga scala, ed è quello che abbiamo risolto noi mettendo a punto grandi impianti agroindustriali”.
Un business plan… circolare
Così, i quattro fondatori di Ynsect (Antoine Hubert, che è anche ceo, Alexis Angot, Fabrice Berro e Jean-Gabriel Levon) hanno ideato un business basato su grandi vertical farm dove gli insetti vengono cresciuti per diverse settimane e nutriti con scarti della lavorazione del grano. I macchinari – afferma l’azienda – garantiscono condizioni ottimali di temperatura e umidità e puliscono autonomamente le celle dove sono alloggiati.
“Gli insetti sono l’alimento ideale per il pesce di acquacoltura, i maiali, le galline. Ma anche per gli esseri umani”
Le larve mature vengono, quindi, selezionate automaticamente dal sistema per essere avviate alla fase di trasformazione. Si comincia con il procurarne la morte con un trattamento a base di vapore acqueo. Ynsect lo definisce “umano e rapido”, una “eutanasia” nel rispetto delle leggi. Non accontenterà, probabilmente, chi è vegano, ma del resto è lo stesso problema che si pone con la macellazione dei bovini. Segue una fase di sterilizzazione. A questo punto, le larve già pressate e sottoposte a vapore vengono avviate verso una centrifuga meccanica che separa l’olio dalle proteine senza impiego di additivi chimici, prima di essere avviate al confezionamento finale.
Non tutta la popolazione viene impiegata: il 5% delle larve viene riservato per la riproduzione, in maniera da ridurre la dipendenza da fornitori esterni.
Che cosa si produce
Ynsect produce un alimento in polvere costituito, afferma l’azienda, per il 70% da proteine. Dagli impianti si ricava anche un olio ricco di grassi: entrambi sono destinati all’alimentazione di pesci e animali, sia da allevamento sia da compagnia. Oltre al cibo, l’azienda produce anche fertilizzanti e chitina, uno dei principali componenti dell’esoscheletro degli insetti. “I prodotti derivati dalla chitina – spiega Revah – aprono nuove prospettive in campi come la chimica verde e i biomateriali”. Ma esiste anche una linea di produzione di semilavorati adatti all’alimentazione umana. Sono già diverse, afferma il manager, le aziende clienti, servite in tutto il mondo: il tenebrione mugnaio finisce, ad esempio, in snack e barrette. Esiste una barriera psicologica da superare, ma chi ha provato afferma che il sapore delle preparazioni non è cattivo. Potrebbero costituire un superdfood adatto, ad esempio, agli sportivi.
Proteine che attirano gli investitori
Le cifre in gioco sono già alte. “Servono nuovi metodi di produzione ma anche proteine completamente nuove – riprende Revah – per soddisfare le esigenza di un mercato mondiale che è immenso e vale mille miliardi di dollari”. Ynsect attualmente detiene oltre trecento brevetti e possiede quattro stabilimenti: uno in Olanda (Ermelo), uno in Usa (Nebraska), due in Francia (Dole e Amiens, quest’ultimo in costruzione: sarà la più grande vertical farm al mondo).
“I prodotti derivati dalla chitina aprono nuove prospettive in campi come la chimica verde e i biomateriali”
Dopo aver chiuso round di serie A, B e C, al momento la scaleup è al lavoro su un round di serie D: il closing è previsto per dicembre. “Con i brevetti che abbiamo in portafoglio, chiunque voglia entrare nel settore dovrà usare la nostra tecnologia” afferma Revah. Tra i circa trenta investitori attuali, ci sono il fondo agrifood Astanor (uno dei più grandi del settore), Upfront Ventures (californiano), New Protein Capital (di Singapore, specializzato in proteine). “Al momento stiamo parlando anche con il fondo sovrano francese e con l’attore Robert Downey Jr., che si è detto interessato. Ma ci sono anche degli investitori italiani”. Revah, però, preferisce non rivelare i nomi.
Il settore in Italia
Anche il nostro Paese ha cominciato a guardare con interesse al futuro del cibo. Expo2015 fu, non a caso, interamente dedicato al tema. Tra le realtà più interessanti c’è la parmense Hi-Food di Giampaolo Cagnin, rilevata a febbraio da Investindustrial. Produce ingredienti vegetali, completamente naturali e ad alta connotazione tecnologica, tra cui un sostituto dello zucchero, un conservante naturale con proprietà antibatteriche e una salsa alla bolognese completamente plant-based. Il futuro, scommette l’azienda, sarà flexitariano: bilanciare, cioè, le proprie scelte alimentari. Senza ortodossia.