L’Italia è stata ammessa a far parte dell’European Talent Support Network, che tutela le potenzialità dei bambini “gifted”, cioè dei piccoli genii. Ecco l’identikit dei bambini plusdotati e qualche consiglio per i loro insegnanti
Finalmente anche l’Italia può mandare avanti i suoi piccoli genii. Nei giorni scorsi, grazie ad Aistap, l’associazione italiana che si occupa di studenti plusdotati, l’Italia è stata ammessa a far parte dell’European Talent Support Network, che organizza ogni anno una tavola rotonda tra i vari paesi per tutelare le potenzialità superiori dei loro piccoli talenti, di solito in età scolare. Grazie all’interesse della materia nell’ambiente accademico italiano e ad alcune associazioni che lavorano da anni sul tema, anche il nostro paese, dove i genii non mancano, può rientrare nei programmi speciali «for Gifted and Talented students». Esploriamo un po’ questo mondo.
1. Chi sono i bimbi gifted
Se in una classe di scuola elementare c’è un ragazzino disattento, che disegna durante la spiegazione delle lezioni, che dimostra disinteresse, noncuranza per l’andamento della giornata scolastica e noia, non sempre si tratta di deficit dell’attenzione. Se il bambino in questione appare emotivamente instabile e compensa la noia con l’iperattività, non per questo deve essere vittima di diagnosi di Asperger o di disturbo dell’apprendimento. Potrebbe essere semplicemente troppo in gamba rispetto al resto della classe. A volte, infatti, questi aspetti sono tipici dei gifted students o studenti plusdotati, cioè piccoli individui in grado di riconoscere e risolvere aspetti e problemi del mondo senza averne avuto esperienza, dall’intelligenza cognitiva incredibilmente sviluppata, con una capacità di imparare più veloce della media e – quindi – fuori posto nella loro classe o con i coetanei.
2. Un dono, non un disturbo
A indurre a un’errata diagnosi è proprio lo sviluppo comportamentale, che non accompagna allo stesso ritmo quello cognitivo. Proprio su questa asincronia si è basata una definizione ufficile di giftedness, per classificare il 5% della popolazione mondiale che ne presenta i “sintomi”. O dovremmo dire “che ne è affetto?” Il rischio, infatti, è che queste capacità mentali superiori spesso a quelle degli adulti, o degli stessi genitori dei bambini geniali, vengano considerate un “disturbo”, soprattutto nella scuola, che può fare l’errore di livellare il loro apprendimento in senso democratico, a quello del resto della classe, con l’alto rischio di sviluppare frustrazione durante le lezioni scolastiche, manifestare tic nervosi o cambiare, addirittura abbandonare la scuola. Per ragioni sociali, politiche, addirittura etiche, si tende a massificare queste speciali competenze invece di incentivarle.
3. Bambini o “macchine”?
In questo senso Thomas Frith, famoso in Gran Bretagna per aver partecipato a un programma tv sui bambini “cervelloni” e Nicole Barr, ragazzina appartenente a una famiglia Rom dell’Essex con il quoziente intellettivo di 162, superiore a quello di Albert Einstein e Stephen Hawking, entrambi dodicenni, sono stati fortunati: le loro famiglie e le loro scuole sono riuscite a mandare avanti l’anomala sete di sapere riscontrata nei piccoli, e così mentre Thomas suona quattro strumenti, pratica tre sport, sa cucinare e legge senza difficoltà Il capitale nel XXI secolo di Piketty con tanto di spirito critico, Nicole ha una memoria sopra la media e caratterizzata da incredibile rapidità, capace di risolvere problemi di algebra a 10 anni. Un po’ come Alexis Martin, stesso quoziente intellettivo di Nicole ma che ad appena tre anni ha appreso da sola lo spagnolo dopo aver imparato a leggere scrivere autonomamente nella sua lingua. “Sono macchine” dice qualcuno, ma potrebbero essere la chiave di sviluppo del pianeta. Se valorizzati.
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4. Come si misura il talento
Uno dei problemi principali nel definire uno studente plusdotato si riscontra nel metodo: non può trattarsi di un algoritmo matematico o un questionario che misura soltanto il QI sulla base dell’intelligenza logica. Vi sono più fattori, tra le attitudini scolastiche o la creatività, come aveva sostenuto già da qualche decennio l’ex commissario per l’istruzione degli USA, Sidney P. Marland Jr.
Una definizione obiettiva di competenze in grado di quantificare la giftedness non è semplice
Robert J. Sternberg, uno dei luminari mondiali dello sviluppo cognitivo, propone una sintesi di saggezza, intelligenza e creatività mentre Joseph Renzulli, direttore del Neag Center for Gifted Education and Talent Development, autore del libro Light up your child’s mind, aggiunge alle elevate abilità in tutti i campi, la creatività, l’impegno e la capacità di portare a termine i compiti. Françoys Gagne, docente di psicologia in Canada ed esperto di educazione per il plusdotati, a sua volta, vi inserisce delle caratteristiche comportamentali, cioè la motivazione e il carattere che dovrebbero catalizzare le capacità innate dei bambini plusdotati.
Quasi tutti gli stati Usa possiedono un indicatore di giftedness, ma tutti estremamente diversi tra loro.
Solo la metà di essi considera la creatività una caratteristica valida per definire i super intelligenti, mentre 15 vi aggiungono la capacità di leadership. Ma la passione, il talento artistico, la disciplina personale, l’ispirazione sono fattori “non misurabili”, tanto più con un test logico-attitudinale. Ed è questa la principale critica di alcuni psicologi americani. Alla quale si aggiunge una motivazione di tipo sociale: secondo uno studio del National Bureau of Economic Research, nei programmi per i bambini eccellenti gli studenti che provengono da famiglie a basso reddito o da minoranze risultano sottorappresentati in modo significativo, proprio perché non esiste un sistema scolastico di screening che calcoli la giftedness e che venga somministrato dalla pubblica istruzione. È stato calcolato che se sono istituti privati a tutelare e scegliere i più talentuosi, garantendo un test a pagamento, è ovvia una maggiore presenza di uomini bianchi con l’inglese come lingua madre. Un test universale in realtà è stato messo a punto e utilizzato, anche se per pochi anni (prima che venissero decurtati i fondi): da questo, se non si tiene conto delle diversità socioeconomiche, emerge un aumento notevole di studenti geniali tra quelli economicamente svantaggiati, di colore o ispanici.
5. Chi la tutela l’élite dell’intelligenza
Dove fallisce il sistema scolastico, che ad esempio in Italia si occupa poco o nulla di studenti “gifted”, sopraggiungono associazioni che cercano di tutelare e mandare avanti la genialità che andrebbe altrimenti perduta
Se non coltivate, infatti, le supercapacità diminuiscono col passare degli anni.
Dal 1946 c’è il MENSA, che raccoglie i cervelli di tutto il mondo con un QI di almeno 30 punti sopra la media (che è stimata intorno a 100). Attualmente il MENSA conta 1300 membri “piccoli” cioè tra i 2 e i 18 anni, dove la più giovane è Georgia Brown, bambina bionda di 24 mesi dell’Hampshire che già a 18 sosteneva conversazioni complesse con adeguato lessico e riconosceva i colori. In Italia poi operano Aistap, Associazione italiana per lo sviluppo del talento e della plusdotazione con numerose iniziative, campi estivi per bambini dai 6 ai 14 anni e dai 14 ai 18 con tanto di formazione docenti nelle scuole; Stepnet, una onlus che offre supporto clinico, didattico e scientifico e la Fondazione Eris con sede a Milano. Molti studi e percorsi vengono invece portati avanti dall’accademia, ad esempio dall’università di Pavia e quella di Padova, mentre un esperimento storico ma che purtroppo non ha resistito ai tagli economici è stato quello di Don Calogero La Placa e della sua fondazione “Villaggio del superdotato” che in provincia di Palermo, al motto di “Mind for Man” ha raccolto e formato negli anni dal 1967 al ‘75 gli studenti eccezionali con un metodo educativo diverso da quello scolastico, basato sul libero apprendimento e sulla non competizione in classe. Molti tra medici che esercitano all’estero, amministratori delegati, project manager sono passati da lì, imparando prima di tutto la libertà e la responsabilità. E naturalmente anche l’uguaglianza, perché alcuni di loro non avrebbero avuto la possibilità di studiare altrimenti.
Non è accettabile, comunque, che nessuna di queste associazioni di tutela dei genietti sia prevista dalla scuola pubblica o da un ente statale. Non solo, ma è ancora più inconcepibile che alcune scuole si rifiutino di permettere “salti di classe” ai ragazzini con capacità superiori. Un fenomeno all’ordine del giorno fuori d’Italia e che, come molti studi confermano, risulta funzionale allo sviluppo dei “cervelloni”. E ciò che dice Sylvia Rimm, psicologa e direttrice della Family Achievement Clinic di Cleveland: «Non ci sono effetti collaterali» nel permettere al bambino che supera gli altri compagni di classe per capacità di passare a uno o più gradi successivi, «né dal punto di vista scolastico, né da quello sociale».
6. Suggerimenti per gli insegnanti
Qualche suggerimento per insegnanti su come comportarsi con gli studenti superdotati in classe ci viene da un gruppo di psicologi americani che hanno selezionato delle frasi, ma più genericamente messaggi utili ad assecondare e stimolare lo sviluppo dell’APC (alto potenziale cognitivo) e altri dannosi e mortificanti:
Frasi da non dire:
Se fai queste domande, non dovresti essere in questa classe.
Smettila di impegnarti così tanto, sei solo un bambino.
Abbiamo avuto bambini più intelligenti di te in questa scuola.
Perché ti impegni in tutte queste attività? Perché sforzarsi tanto?
Si vede che leggi molto. Hai degli amici?
Fai troppo rumore. Meno male che tu sei quello intelligente!
Tutti gli studenti in questa classe sono speciali.
Frasi da dire:
Dobbiamo andare avanti col programma adesso ma a fine lezione possiamo discutere di quello che vuoi. Sono sempre disponibile ad aiutarti.
Rivediamo insieme i tuoi obiettivi per il futuro e pensiamo insieme la strada più adatta a te.
Sei intelligente, motivato e lavori sodo. Dimostriamo che hai imparato i contenuti della lezione.
Ottimo lavoro. Il tuo impegno nelle attività scolastiche ed extracurriculari è encomiabile!
Quali sono i tuoi interessi fuori dalla scuola?
Per favore, non urlare così tanto.
Tutti gli studenti sono speciali.
Per quanto riguarda invece le obiezioni “democratiche” ha risposto ampiamente David Henry Feldman, docente all’Università di Stanford con all’attivo numerosi studi sui bambini prodigio, sottolineando l’individualità di ogni studente: «Educazione uguale per tutti vuol dire dare a chiunque le stesse possibilità, non insegnare a ognuno allo stesso modo». Non resta che seguire l’esempio.