Una settimana di laboratori per una progettazione aperta alla scoperta di nuove soluzioni adottabili dalla Scuola Open Source e dai centri di cultura indipendente. Attraverso lo scambio di competenze tra docenti e partecipanti e un processo di apprendimento “hacker”. Alessandro Tartaglia, co-founder della Scuola Open Source, spiega a StartupItalia! gli obiettivi di XYZ
X per l’asse della comunicazione, Y per quello degli strumenti e Z dei processi: gli assi cartesiani, con la Scuola Open Source, definiscono le aree tematiche di XYZ, un laboratorio di co-progettazione, rigorosamente aperta, in programma a Bari dal 23 al 31 luglio. Le competenze dei docenti provenienti da altri centri di cultura indipendente, come Clac Palermo, Mare Culturale Milano, ExFadda di San Vito dei Normanni (provincia di Brindisi) si mescoleranno, con un approccio prettamente pragmatico, a quelle dei 45 partecipanti, 15 per ogni laboratorio e area tematica, per rimettere in discussione e far evolvere alcuni risultati raggiunti nella scorsa edizione, applicabili a tutte le realtà del network formativo open: dal sistema di accesso alla sede fisica della Scuola Open Source, al carattere tipografico Freak Grotesk, a nuovi progetti per lo sviluppo di una piattaforma che sia un archivio di competenze e idee, a un sistema di crediti che ripaghi chi, dall’esterno, svolge missioni per la scuola. La metodologia didattica prevede un’iterazione di fondo e un approccio hacker in cui le competenze multidisciplinari di tutti i partecipanti si incontrano in modo orizzontale. Tra le novità di quest’anno, il coinvolgimento della Fondazione Mozilla, promotrice della Campagna contro la Riforma del Copyright finalizzata a mantenere un Internet vitale e accessibile a tutti. Abbiamo intervistato Alessandro Tartaglia, co-founder della Scuola Open Source, per avere una panoramica di questa nuova edizione di XYZ.
Da dove parte la fase di co-progettazione di quest’anno rispetto ai risultati raggiunti nella scorsa edizione di XYZ?
«Esattamente da dove ci eravamo lasciati e che non rappresentava un punto di arrivo:
rimetteremo tutto in discussione, intendendo ogni attività come una successione di fasi che si ripetono finché non si raggiunge una soluzione
L’obiettivo è creare un contesto liquido in cui le competenze di 19 docenti e tutor, provenienti da altri centri di cultura indipendente, dialoghino con quelle dei 45 partecipanti ai laboratori (selezionati tra i 135 che hanno richiesto di iscriversi) per co-progettare l’identità (x), gli strumenti (y) e i processi (z) della Scuola Open Source e che riguardano il futuro di ogni centro di produzione culturale indipendente. Per esempio, nel laboratorio “X” si lavorerà su web design, user experience, caratteri tipografici e propaganda delle idee da veicolare; in “Y”, su making, coding e prototipazione e in “Z”, sulla struttura fluida dei processi di innovazione sociale, di community engagement e rigenerazione urbana».
Asimov e Freak Grotesk sono due output della scorsa edizione e su cui vi concentrerete anche in questa. Di cosa si tratta?
«Asimov è un sistema di accesso che permette di tenere la scuola aperta 24 ore su 24 e che è stato già prototipato e messo in funzione: attraverso dei sensori capacitivi, che rilevano la carica elettromagnetica del corpo dietro un vetro, e un sistema di autenticazione con badge e pin, si potrà entrare a qualsiasi ora. Freak Grotesk si lega alle attività di comunicazione e costruzione dell’identità della scuola: è un font che nasce dalla manomissione, in modo generativo, di HK Grotesk e che ha ispirato, attraverso la definizione di un algoritmo, parti del sistema iconografico, in cui le parole sono disposte sui quattro angoli dello spazio e possono essere accompagnate da una macchia che rappresenta l’elemento di identità ».
La metodologia didattica adottata si ispira all’apprendimento hacker. Cosa significa?
«Vuol dire individuare un problema per risolverlo, attingendo da competenze e ambiti multidisciplinari, e prototipando una soluzione che viene poi ottimizzata attraverso processi iterativi. Docenti e partecipanti lavorano quindi assieme, ponendosi sullo stesso livello e tra i vari gruppi non c’è competizione, come accade negli hackathon, ma collaborazione: tutti possono aiutare tutti, con un approccio orizzontale. Esistono gerarchie, non intese nel senso classico del termine, perché sono immersive: chi sa fare qualcosa, prende il comando».
Il modello hacker si ispira all’Accademia di Platone dove gli studenti erano considerati compagni di studio, in un processo di apprendimento continuo che è la vita
Quali sono le nuove progettualità e gli obiettivi di questa edizione?
«Vogliamo lavorare sui processi di governance, ovvero di organizzazione delle attività nella scuola, e sviluppare una piattaforma che rappresenti una banca di competenze ma anche un bazar di idee che, a seconda delle interazioni che generano, verranno quotate per poi mettere in produzione le migliori. Vorremmo costruire anche una bacheca di missioni, a cui poter associare un sistema di crediti, con cui ripagare chi le realizza e non è iscritto alla Scuola Open Source (a settembre partirà il tesseramento digitale). I crediti potranno essere spesi all’interno del network dei centri di cultura indipendente, un network che vogliamo mettere in piedi e su cui costruire le basi con questa edizione di XYZ. Inoltre, il coinvolgimento di due componenti della Fondazione Mozilla, che ha scelto la Scuola Open Source come primo soggetto in Italia attraverso cui veicolare la sua campagna contro la riforma del copyright (con un impatto significativo su tutti coloro che usano il web come strumento educativo, di ricerca e di promozione dell’innovazione), ci permetterà di renderli parte integrante del nostro team e di usufruire dei canali di comunicazione di Mozilla».