Dalla possibilità di rivolgersi al gestore del sito, fino ai percorsi di accompagnamento per i protagonisti della violenza: la nuova normativa spiegata punto per punto
Vita dura per i bulli. Con l’approvazione definitiva della Legge per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo è stato fatto un passo importante. Ma cosa cambierà da oggi per i ragazzi che compiono atti di violenza attraverso la Rete e che benefici ne avranno le vittime e le loro famiglie? Basterà questa Legge ad arginare il fenomeno?
Cyberbullismo e bullismo
Partiamo da un dato: il cyberbullismo resta ancora marginale rispetto al bullismo fatto de visu.
Dalle testimonianze raccolte è ancora più invasivo, distrugge maggiormente la vita dei ragazzi coinvolti
ma secondo gli ultimi dati Istat disponibili il 16,9% degli 11-17enni è rimasto vittima di atti di bullismo diretto, caratterizzato da una relazione vis a vis tra la vittima e bullo e il 10,8% di azioni indirette, prive di contatti fisici. Tra i ragazzi utilizzatori di cellulare e/o Internet, il 5,9% denuncia di avere subìto ripetutamente azioni vessatorie tramite sms, e-mail, chat o sui social network. Le ragazze sono più di frequente vittime di cyberbullismo (7,1% contro il 4,6% dei ragazzi).
Bene ha fatto allora il Parlamento ad approvare a far tempo un dispositivo legislativo che può dare degli strumenti per arginare il fenomeno prima che sia troppo tardi.
Anche perché va detto che il Centro multidisciplinare sul disagio giovanile della Casa Pediatrica “Fatebenefratelli” di Milano nel corso del 2016 ha curato 1200 pazienti, di cui ben l’80% inerenti a patologie che interessano il web: di queste il 45% riguardava vittime di cyberbullismo.
Ci si può rivolgere al gestore del sito
Il minorenne che abbia compiuto 14 anni vittima di bullismo informatico ora può rivolgere un’istanza al gestore del sito Internet o del social media o, comunque, al titolare del trattamento per ottenere provvedimenti inibitori e prescrittivi a sua tutela. Detto fuori dal burocratese
il ragazzo o la sua famiglia potranno ottenere l’oscuramento, la rimozione, il blocco di qualsiasi altro dato personale diffuso su Internet.
Su questo punto il provvedimento adottato dal Parlamento è molto puntuale perché prevede che il titolare del trattamento o il gestore del sito debba comunicare entro 24 ore dall’istanza di avere assunto l’incarico e deve provvedere sulla richiesta entro 48 ore. In caso contrario l’interessato potrà rivolgersi al Garante per la protezione dei dati personali. E’ evidente che su questo punto vi dovrà essere un lavoro sui gestori e la capacità di coinvolgerli tutti. Il mutamento dell’utilizzo dei social media da parte dei ragazzi è rapidissimo così l’offerta. Oggi la maggior parte dei ragazzi non usa Facebook, come possiamo pensare, ma Snapchat oppure ha più profili sui diversi canali. Saremo in grado di coinvolgerli tutti?
Il dirigente scolastico deve attivarsi
La Legge ha puntato molto gli occhi sul fronte scuola. Con il nuovo dispositivo in caso di cyberbullismo in ambito scolastico, è previsto l’obbligo da parte del dirigente di informare tempestivamente i genitori e di attivare adeguate azioni educative. In questo la Legge si illude: siamo così sicuri che i dirigenti abbiano gli strumenti per riconoscere un caso di cyberbullismo? Spesso sono proprio loro a minimizzare di fronte ad un genitore che bussa alla porta del preside: provano a cercare di ricondurre la questione a un “si tratta di una ragazzata”.
Il docente referente
Positiva, invece, l’idea della designazione in ogni istituto scolastico di un docente con funzioni di referente per le iniziative contro il cyberbullismo. Ma non basta. Non ci si può pulire la coscienza fissando l’ennesimo referente per scuola. Ci sono referenti ormai per tutto ma la sfida è formare tutti gli insegnanti, dare loro la seria possibilità di imparare ad individuare un caso di cyberbullismo.
Siamo nel Paese dove ci sono ancora docenti che non sanno usare i social network, che li ritengono “solo” deleteri, che non sanno cosa sia Snapchat o Instagram. Come possiamo pensare che un docente che non conosce questi strumenti sia in grado di intercettare un caso?
…e il percorso per il bullo
Infine un ultimo dato: dovremo puntare gli occhi non solo sulle vittime ma anche sui bulli perché loro stessi sono vittime. Un bullo va “stanato” ma va anche accompagnato, va fatto con lui un percorso, non basta farlo sentire colpevole serve un processo rieducativo previsto tra l’altro nell’articolo 27 della Costituzione per chi compie un reato. L’ammonimento previsto dalla Legge, fatto dal questore è un intervento riduttivo, insufficiente a raggiungere l’obiettivo.