La Gran Bretagna ha deciso per l’uscita dall’Unione Europea. Abbiamo chiesto alla comunità italiana adottata da Londra un commento sull’esito del referendum.
LONDRA – Non sono serviti gli appelli a rimanere nell’EU delle ultime settimane da parte di tutti i leader del tech inglese, primo fra tutti Richard Branson. Imprenditori, investitori, Angels e VC si erano schierati tutti per il “Remain” chiedendo agli elettori di pensare seriamente alle conseguenze del proprio voto. London Tech Advocates, l’associazione di leader che operano nel tech londinese, e Silicon Valley Bank Group avevano già ampliamento espresso il loro parere contrario all’uscita dall’Unione avvertendo della portata economica di una azione così radicale.
Il ruolo di Londra
Da anni Londra ha cercato di posizionarsi come la “Silicon Valley” europea, senza però guardare ai problemi che la divoravano sia internamente che esternamente. Internamente per i problemi legati al costo e alla qualità della vita che stavano già spingendo molti expat a considerare altre opzioni, non solo al di fuori di Londra ma anche al di fuori dello UK. Esternamente invece perché le sue ambizioni di diventare un hub europeo, si scontravano col sentimento anti-europeista delle campagne britanniche. Non bisogna infatti ignorare che il voto a favore del Brexit arriva da fuori Londra, dal resto del paese che ha sempre considerato lo UK essere troppo Londra-centrico.
Ora l’economia del paese dovrà affrontare come minimo un paio di anni di incertezze in cui verranno negoziati i termini di uscita dall’Unione.
I programmi a sostegno degli investimenti e a favore dell’arrivo di nuovi talenti saranno tra i primi che dovranno essere ri-discussi. Il Regno Unito, infatti, soffre da parecchi anni la carenza di talenti necessari a far decollare il settore tecnologico e, insieme alla Tech City UK ha messo in atto iniziative come il Tech Nation Visa Scheme proprio per incentivare talenti stranieri ad approdare nel paese. Non dimentichiamo, infatti, che è proprio la diversità culturale ad essere uno dei maggiori, se non il maggiore, punto di forza della capitale britannica, che l’ha portata ad essere il centro finanziario d’Europa e la meta preferita per chi volesse costruirsi una carriera.
Se è vero che tutte le iniziative che hanno reso Londra e il Regno Unito, cosi rigogliosa e multi-etnica dovranno essere ridiscusse, non credo che si debba guardare al voto come un voto contro la multiculturalità, soprattutto nella capitale. È ancora troppo presto per trarre conclusioni nonostante le ripercussioni sui mercati finanziari che abbiamo già visto nella notte, sarà necessario aspettare almeno altri due anni per vedere gli effetti che le negoziazioni avranno sull’economia.
Il commento degli startupper adottati da Londra
Di sicuro, non abbiamo dovuto aspettare molto per vedere gli effetti politici con le dimissioni del Primo Ministro Cameron e la risoluzione del conflitto interno al partito Conservatore, sicuramente uno dei motori trainanti della campagna refendaria. Ma per quanto riguarda le ripercussioni sul trattamento fiscale degli investimenti, le restrizioni all’immigrazione e gli effetti sulle esportazioni di una sterlina più debole, forse è il caso aspettare.
Troppi i fattori di incertezza per poter valutare.
Di un simile avviso è anche Paolo Galvani, CEO e fondatore di MoneyFarm, una delle startup di maggiore successo sbarcata a Londra nell’ultimo anno “In questo momento il consiglio è ovviamente quello di non farsi prendere dal panico (troppe sono le variabili ancora aperte a questo punto) .Dal lato nostro nulla cambia per quel che riguarda la nostra strategia nè tanto meno mette in discussione il nostro posizionamento in UK”
Camisani Calzolari: «Tra due anni impatto sul nostro settore»
Getta acqua sul fuoco e resta positivo anche Marco Camisani Calzolari, a Londra da parecchi anni con la sua MegaShouts ed uno dei pochi italiani che ha potuto votare al referendum data la cittadinanza inglese recentemente acquisita: “Cambierà qualcosa a breve? La risposta è no. Bisogna aspettare innanzitutto la messa in moto dei processi burocratici, e gli impatti sulll’economia reale, nella quale operiamo noi, arriveranno solo tra due anni. Stessa cosa anche per quanto riguarda i finanziamenti europei alle startup, nell’immediato poco e nel lungo periodo chissà…è ancora presto per trarre conclusioni.” “Vivendo in GB da molti anni” continua Camisani Calzolari “noi italiani in GB abbiamo perso l’abitudine a tutti quei processi burocratici che in Italia sembrano normali e che l’UE continua ad imporre. Anche il contesto multiculturale non cambierà necessariamente. Londra, e soprattutto Londra, rimarrà quello che è – anzi, può succedere che Londra diventi un posto ideale per fare impresa proprio perché al di fuori dell’UE e magari può diventare quel ponte che collega la EU col resto del mondo”.
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Anche Alexandre Covello, Angel Investor franco-italiano, CEO di AngelsCube e membro del direttivo dell’Harvard Business School Alumni Angels Club, resta ottimista: “Di sicuro non mi aspettavo questo voto. Quest’anno celebriamo I 5 anni dalla creazione della Tech City durante I quali è diventato chiaro che Londra è il centro nevralgico dell’ecosistema startup europeo. L’uscita dall’EU porterà necessariamente un re-equilibrio dei poteri con altri ecosistemi europei che ne trarranno vantaggio, come Berlino, Parigi, Madrid e Milano. Questo nel lungo termine porterà beneifici di cui anche Londra e lo UK potrà sfruttare visto che gli schemi per favorire l’arrivo di talenti verranno estesi anche ai membri dell’EU”
Cerri (Family Officer): «Valuteremo investimenti caso per caso»
“Ci sarà anche tutto il tema leadership da affrontare” racconta Claudio Calogiuri, solicitor (avvocato) italiano a Londra da 15 anni e amministratore del più grande gruppo londinese di professionisti italiani “Lo spauracchio è un governo costituito da Boris Johnson e Nigel Farage. Evidentemente Cameron non se l’è sentita di essere la persona che firmerà il trattato di uscita e di passare alla storia come tale. Probabilmente le banche e i poteri forti faranno moltissima pressione sul prossimo Primo Ministro per ritrattare e non accettare i risultati referendari”
Matteo Cerri, CEO di The Family Officer e fondatore del più grande venture italiano a Londra “i2i”, condivide le perplessità e fa sapere che “Come investitore diretto in UK come in Europa la Brexit è un problema, nel senso che dovremo riorganizzarci, ma non sappiamo nemmeno come. Probabilmente i nostri investimenti in start up e micro-imprese UK dovranno essere valutate caso per caso, ma almeno in questo siamo sufficientemente tranquilli sulla tenuta di un mercato londinese che non dovrebbe subire effetti dirompenti.” E continua” Come family office considero si debba rimanere a fianco dei nostri clienti nelle loro posizioni internazionali sempre da Londra, magari rafforzando la posizione anche altrove, ma senza allontanarci da Londra, anzi rafforzando il livello di servizio che nel breve sara’ molto più’ complesso e dinamico. Come investitore prendo una pausa di riflessione, confermando il massimo supporto alle nostre partecipate e alle iniziative che partono dagli imprenditori italiani.”
Marco Matera, Direttore Commerciale di una startup italiana a Londra, Gideon (ex Alfred SmartHome) è invece più negativo “Credo che si sia votato sulle basi sbagliate e con informazioni non giuste. La maggior parte dell’elettorato si è espresso con un voto anti-immigrazione non valutando correttamente l’impatto economico della scelta. Una scelta che avrà ripercussioni inevitabili su qualsiasi startup con leadership straniera”
Benini (TechItalia): «Dobbiamo tenere unita la comunità»
Ne parla anche Luca Benini, fondatore di TechItalia la comunità londinese che rappresenta circa 1000 italiani che lavorano nel tech nella capitale britannica “Credo che questo non sia il momento per lamentarsi e guardare a ciò che è stato. Dobbiamo rimboccarci le maniche e lavorare per tenere unità una comunità che è stata bersagliata da una campagna refendaria incentrata sulle divisioni culturali. Come TechItalia, come migranti ma anche come esseri umani abbiamo il compito e la missione di lavorare per far si che il processo di integrazione che ha reso grande Londra non si arresti di fronte a questo voto.”
Tech City Connect è, invece, una startup che si occupa proprio di connettere ecosistemi internazionali con l’ecosistema startup londinese: “Per noi è triste vedere come sia fallito il modello di integrazione europea. Abbiamo sempre creduto nella contaminazione culturale, nella libera circolazione delle persone e dei capitali, e per noi questa è una scelta culturale prima che economica. Continueremo ad operare e a mostrare agli imprenditori le potenzialità che ha questo ecosistema, ma per quanto durerà?”
Molte reazioni diverse da parte della comunità italiana londinese ma legate tutte dall’incertezza di quel che verrà
E mentre aspettiamo le reazioni dei grandi leader europei, Sadiq Khan, sindaco di Londra, è stato chiamato a firmare una petizione per rendere Londra indipendente e di fatto rimanere nell’Unione Europea. Concludo con la reazione di Richard Branson al voto: “Now is not the time for further complaints and anger. Now is the time to come together as a nation and heal the wounds created by the divisive tone and aggressive rhetoric that has dominated this campaign. The UK and its amazing, resilient people have weathered many storms – with determination, resolve and sense of what is right. Those qualities will be needed over the testing months and years to come” (Ora non è il tempo per le lamentele e la rabbia. Ora è il tempo di unirsi come paese e di curare le ferite create dalle parole di separazione, aggressive e retoriche di questa campagna. La Gran Bretagna e la sua gente incredibile e resiliente è sopravvissuta a numerose tempeste con determinazione e buon senso. Queste qualità dovranno essere messe alla prova nei mesi seguenti)
Marcello Mari
Londra