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Con la sua tesi di laurea sulle competenze digitali come ponte di contatto tra mercato del lavoro e rifugiati, Priya è entrata a far parte di Powercoders, di cui oggi è la responsabile per l’espansione internazionale. La sua è una delle storie al centro della cerimonia inaugurale della terza edizione della maratona STEMintheCity, a Milano dal 6 all’8 maggio
Priya è per metà indiana e per l’altra italiana ma vive a Ginevra, dove ha frequentato il liceo. Ha 24 anni, si è laureata all’Università di Bristol e ha un Master alla London School of Economics. Ha sempre avuto un’attenzione particolare verso le tematiche del sociale e, in particolare, verso i processi di inclusione, tanto da aver fondato, nel 2016, la ong Project Integration per offrire percorsi di formazione ai rifugiati. Poi, con la sua tesi di laurea, è arrivata una grande occasione di crescita: approfondendo come le competenze digitali possano essere la chiave di volta per permettere ai rifugiati di integrarsi nella società e nel mercato del lavoro, Priya prese come esempio pratico Powercoders. É l’accademia di coding per rifugiati fondata, a cavallo tra il 2016 e il 2017, a Bern (Svizzera) da Christian Hirsig, uno startupper svizzero di successo nel settore tech che ha deciso di vendere la sua azienda per dedicare tempo ed energie nella ricerca di soluzioni alla crisi dei rifugiati.
Christian Hirsig
Oggi Priya è la International Growth Officer di Powercoders ed è una delle testimonial di “Geniali si diventa: storie straordinarie tra arte e scienza”, l’evento di apertura della tre giornate della maratona STEMintheCity, a Milano dal 6 all’8 maggio. L’iniziativa, promossa dal Comune di Milano e voluta da Roberta Cocco, assessore alla Trasformazione digitale e Servizi civici per avvicinare bambine e ragazze ai percorsi tecnico-scientifici, è partita nel mese di aprile e la terza edizione è dedicata, nell’anno del Cinquecentenario della morte di Leonardo da Vinci, al tema “Arte e Scienza”. Questo per testimoniare il legame tra ricerca scientifica ed espressione artistica, da cui sono nati i grandi capolavori del genio vinciano, e per far sì che si parli sempre più di materie STEMA, in cui la “a” finale richiama proprio le discipline artistiche.
Priya Burci
Abbiamo intervistato Priya per conoscere più da vicino Powercoders e capire le aspettative sulla sua partecipazione a STEMintheCity.
L’intervista
Cosa serve per accedere a Powercoders?
Non ci sono requisiti stringenti, se non la capacità di saper usare il computer. Al resto ci pensa Powercoders. La maggior parte dei partecipanti ha già un background tecnologico, perché magari lavorava o studiava nel settore IT ma è stata costretta a interrompere il percorso per scappare dal proprio paese. Quello che conta per accedere a Powercoders è la motivazione a frequentare una formazione intensiva di circa 3 mesi su come acquisire e valorizzare professionalmente le competenze digitali.
Come si strutturano le fasi di selezione e formazione?
Si comincia dallo step di recruitment, che porta a individuare 60 studenti, e si prosegue con l’analisi delle competenze di coding e del grado di motivazione dei partecipanti. Oltre al superamento di un test tecnico, viene infatti realizzata un’intervista sociale che serve a capire sia il reale interesse all’esperienza formativa, sia se ci sono soggetti traumatizzati dal loro passato da rifugiati e quindi meno pronti a intraprendere un percorso formativo intensivo. Alla fine di questo processo, sono selezionati 20 studenti che accedono a un coding bootcamp di 13 settimane. Le prime 7 sono dedicate alle lezioni su HTML, CSS, JavaScript, UX, Agile Project Management e sulla programmazione front-end. L’ottava settimana è quella di contatto tra gli studenti e le aziende interessate alle loro competenze, dove si svolgeranno stage dai 6 ai 12 mesi, supportati da un job coach. Le ultime 5 settimane servono a sviluppare le skill richieste dalle aziende, per essere pronti ad occupare al meglio la posizione trovata. Durante il percorso formativo sono organizzati anche workshop e sessioni di raccolta feedback per testare e stimolare le soft skill.
Qual è il tasso di successo di Powercoders?
Ad oggi, rispetto ai 4 programmi attivi in Svizzera, è molto alto: parliamo del 100% di successo per gli stage a cui segue, nell’80% dei casi, un vero e proprio inserimento lavorativo nell’azienda. Sono numeri che, nelle strategie di espansione internazionale, ci hanno incoraggiato a pensare di portare Powercoders anche in altri paesi, a partire dall’Italia, in particolare in Piemonte e Lombardia, dove prevediamo di partire con la fase preparatoria di ricerca dei rifugiati dopo l’estate. C’è tuttavia un dato su cui dobbiamo sicuramente lavorare: la presenza di donne nelle classi di Powercoders, che in media sono 4 su 20.
Secondo i dati della Comunità Europea, in Italia solo il 41% dei giovani tra i 25 e i 34 anni ha utilizzato un foglio elettronico per attività elementari. Nel 2020 avremo circa 135.000 posti di lavoro vacanti nell’ambito Ict, se non si ridurrà il gap di competenze. La quota degli uomini che lavorano nel settore è comunque 3 volte superiore a quella delle donne, che rappresentano solo il 16,7%. Come si colloca il tuo intervento a STEMintheCity rispetto a questo scenario?
Spero che la mia storia aiuti le ragazze a comprendere come l’essere donna, al pari dell’essere un rifugiato, sia sinonimo di diversity, cioè possa trasferire qualcosa in più e una prospettiva differente e importante nei contesti lavorativi. Oggi ciò che porta ad essere competenti e a collocarsi nel mercato del lavoro è la formazione.