Ivano Bonetti, ex centrocampista bianconero, smessi i panni di calciatore (e poi di manager) ha lanciato Mobisafe, startup che si occupa di tecnologia applicata alla salute. Ma non è il solo.
C’è chi, dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, tenta la carriera cinematografica, come le star del calcio inglese Cantona e Vinnie Jones. O chi invece preferisce la ribalta di Instagram, come il re dei chupiti Bobo Vieri. Uno di quelli che, negli anni scorsi, aveva provato ad indossare i panni di imprenditore (!) lanciando insieme a Paolo Maldini il brand d’abbigliamento Sweet Years, con alterne fortune (Sapete come è andata a finire? Guardate qui).
Non è comunque un segreto che la maggior parte dei calciatori sia davvero poco preparata ad affrontare il mondo del lavoro. E chi non può fare affidamento su patrimoni sconfinati (non tutti sono Cristiano Ronaldo), rischia di andare in difficoltà ed è costretto a reinventarsi. Talvolta, anche con successo.
3 calciatori su 5 sul lastrico dopo l’addio
Ben tre calciatori su cinque finiscono sul lastrico a soli cinque anni dall’addio al calcio giocato. A dirlo è la Xpro, società inglese che aiuta i calciatori dopo il loro ritiro. Ma c’è anche una sparuta minoranza che ha saputo far fruttare i propri guadagni pallonari in altri settori. Fino ad oggi, il caso italiano più eclatante da segnalare era stato quello di Antonio Percassi, arcigno difensore dell’Atalanta anni Settanta che, attualmente, è proprietario della holding Odissea, di cui fanno parte il marchio KIKO, il centro commerciale Orio Center e la stessa società orobica.
Chi fa impresa innovativa, startup
In questi ultimi anni però, altri stanno ottenendo degli ottimi risultati anche fuori dai campi di gioco grazie alle loro imprese innovative, frutto di idee brillanti e tanta tenacia. È il caso, ad esempio, di uno storico baluardo del centrocampo di Sampdoria e Juventus, Ivano Bonetti. Classe ’64, dopo un’esperienza da manager in Inghilterra, Bonetti ha lanciato la sua Mobisafe, startup che si occupa di tecnologia applicata alla salute. Il suo primo prodotto – Skudo®Wave – è un congegno (grande quanto un bottone) che serve a proteggere il cervello dai danni neurologici provocati dal telefonino.
Da calciatori a startupper
“Ho incontrato per caso il dottor Nicola Limardo, l’inventore di questo piccolo oggetto e me ne sono innamorato”, spiega. Costa 29 euro e si può acquistare tramite il loro sito ufficiale. Il grande vantaggio è che, una volta applicato al nostro smartphone, non interferisce in nessun modo con il suo corretto funzionamento. “Al momento, non abbiamo competitor – sottolinea Bonetti – siamo i primi in Italia a mettere sul mercato un prodotto del genere”.
Nella squadra dei calciatori startupper però, Ivano Bonetti non è solo. Sempre dal centrocampo (non a caso forse, “il cervello di una squadra”), ma questa volta del Padova, ha inizio la storia di Thomas Fig. Dopo una carriera costellata di infortuni, fonda insieme ad altri soci la startup MyPlace e, nel giro di due anni, arriva a registrare circa tre milioni di ricavi.
L’idea: prendere appartamenti sfitti nei centri storici delle città, ristrutturarli e metterli sul mercato degli affitti temporanei.
Gestisce tutto MyPlace, dai lavori alle prenotazioni online, sollevando il proprietario da tutte le incombenze e assicurandogli una rendita fino al 40% più alta rispetto alle cifre di mercato. “Puntiamo alle città medio piccole ma con flussi turistici importanti – spiegano. Queste città hanno la caratteristica di avere un’offerta di appartamenti in affitto completamente disorganizzata”. Ecco perché sono già pronti a sbarcare anche a Treviso, Siena e Perugia.
Italiani alla conquista dell’America
E mentre Pirlo e Giovinco cercano di conquistare l’America a suon di goal e assist, un altro italiano ha pensato di farlo con il cibo. Lui è Emanuele Ponzo, 33 anni, una carriera da calciatore stroncata da un grave infortunio e un presente da imprenditore nel settore del food. Arrivato a Los Angeles nel 2014, fonda Crateful, startup che si occupa di “meal delivery” di qualità. Un settore in grande crescita, con un valore globale di un miliardo di dollari, secondo Technomic.
“Oltre alla chef stellata italiana Cristina Bowerman, fa parte del nostro team anche la famosa nutrizionista americana Alyse Levine”, spiega Emanuele, che ha una clientela formata principalmente da professionisti con poco tempo per cucinare. “Oggi il mondo del food si evolve velocemente e i consumatori esigono soluzioni innovative”, continua. E così, oltre loro meal kit delivery program, quelli di Crateful stanno curando anche la parte catering e, per i prossimi mesi, è previsto il lancio di una nuova generazione di vending machine.
Certo, forse non sarà un undici completo, ma questi primi “pionieri” possono sicuramente aprire una strada nuova. Talmente interessante che presto potrebbe coinvolgere anche intere società calcistiche. Finora si registra un solo caso del genere, quello dell’Hertha Berlino. La squadra della capitale tedesca infatti, ha recentemente lanciato una raccolta fondi via internet per raccogliere un milione di euro da destinare a nuovi progetti digitali.
Tempo per raggiungere l’obiettivo: sessanta giorni. Tempo effettivo trascorso: 9 minuti e 23 secondi.
I fondi verranno impiegati per sviluppare un nuovo software per analizzare le prestazioni dei giocatori e facilitare il lavoro dei talent scout, realizzare una nuova app e ampliare il negozio online. Ancora una volta insomma, Berlino si conferma città all’avanguardia nel campo delle startup (anche calcistiche). E visto che, storicamente, le sfide in campo ci portano discretamente bene, chissà che a qualche ex calciatore italiano non venga voglia di trasferirsi prossimamente nella “Silicon Valley europea” per cercare di andare (nuovamente) a segno.