Nome del corso: “Quando siete felici fateci caso. Neuroscienze e psicologia della felicità”, prevede esercizi e un giornale della felicità. La felicità è un’emozione primaria che possiamo educare, basta allenarsi – spiega il neuroscienziato Andrea De Giorgio, che inizierà la docenza a febbraio
All’Università di Torino, si è un pezzo avanti, tanto che da febbraio, all’interno del laboratorio per aspiranti infermieri, partirà il corso: “Quando siete felici fateci caso. Neuroscienze e psicologia della felicità”. Si insegnerà la ricetta della felicità. Proprio come accade nella celebre università statunitense di Yale.
Il corso prevede poche pillole di teoria e molta pratica, dall’educazione all’abbraccio, passando per la capacità di ascolto e la redazione di un giornale della felicità.
Il corso che insegna la ricetta della felicità
“Psychology and the good life” è il corso più seguito dell’intera storia di Yale, prestigiosa università statunitense, che tra i suoi studenti vanta ben 4 presidenti degli Stati Uniti (Ford, Bush padre e figlio e Bill Clinton). Il corso, tenuto dalla psicologa Santos, non tratta una comune materia come la filosofia o la fisica, ma qualcosa di ancora più astratto e difficile da comprendere (e soprattutto da raggiungere): l’insegnamento, come specificato dalla stessa psicologa, ha l’obiettivo di educare gli studenti a vivere bene e felici.
Oggi più di mille studenti hanno partecipato al corso, seguito le lezioni della psicologa e applicato sulla loro quotidianità ciò che avevano appreso durante le lezioni. Un successo dunque, che adesso oltrepassa i confini stelle e strisce e arriva nel nostro paese e nelle nostre università. In Italia, è l’Università di Torino la prima a inaugurare questo corso, dedicato soprattutto ad aspiranti infermieri.
“La felicità è un’emozione primaria che possiamo educare, basta allenarsi – spiega il neuroscienziato Andrea De Giorgio, che inizierà la docenza tra meno di un mese -. Molti studenti, in generale, sembrano spenti e con poco entusiasmo. Per gli infermieri che hanno a che fare col dolore è importante trasmettere positività. Questo corso è il primo in Italia”.
Il corso prevede molta pratica
Il corso è opzionale, dura tre giorni, otto ore al giorno, per trenta studenti. Si parte dalla definizione di felicità.
Il corso prevede molte attività: poca teoria e tanta pratica, abbracci e meditazione Buddista, ma anche esperimenti all’aperto e a confronto con le persone: “In piazza Castello chiederò agli studenti di osservare i passanti e poi di fare delle gentilezze, come raccogliere qualcosa caduto a terra. È banale, lo so, ma sono le relazioni e non i soldi che fanno la felicità. Fare del bene è la cosa che più ci fa felici. Spesso non lo facciamo per timidezza. A Porta Nuova rifletteremo su come i pregiudizi, ad esempio sui migranti, possono frenare atti di gentilezza e, così, impedirci di essere felici”. Racconta De Giorgio.
Non dare nulla per scontato, così bisogna allenare la mente, imparando ad apprezzare le piccole cose. Questa la ricetta del neuroscienziato.
Un giornale della felicità: insegniamo ai docenti a innovare le lezioni
Niente compiti per casa per gli studenti, tranne quello di tenere un giornale della felicità e della sensazioni, in cui scrivere le cose belle della giornata e quali sensazioni hanno esercitato.
Il corso poi punterà ai percorsi per far felice il malato, provando a mettersi nei suoi panni. È stato Luigi Cirio, coordinatore del corso di laurea in Infermieristica, a volere il corso sulla felicità. “Se siamo felici lo trasmettiamo ai pazienti”.
Il laboratorio fa parte dei metodi innovativi che l’Università sperimenta, spiega la vicerettrice Lorenza Operti, come ad esempio il corso di nefrologia con video-interviste ai pazienti da guardare in aula. Insegniamo ai docenti a innovare le lezioni”.