I risultati dell’analisi sullo stato dell’ecosistema dell’innovazione e dell’impatto degli incubatori e acceleratori in italia sviluppata dai ricercatori del Social Innovation Monitor (SIM)
“Se Amazon e Tesla fossero state italiane non sarebbero diventate i colossi che sono ora”. Ha aperto così il suo intervento Giovanni De Lisi, Vice presidente di Italia Startup, durante la presentazione del secondo report sull’impatto degli incubatori/acceleratori Italiani sviluppato da ricercatori del Social Innovation Monitor (SIM) in collaborazione con Italia StartUp e con il supporto di Banca Etica, Compagnia di San Paolo, Impact Hub Milano, Instilla, IREN, Make a Cube3, SocialFare e Social Innovation Teams (SIT).
Prima di passare ai dati abbiamo chiesto a De Lisi perché l’Italia, nonostante i passi in avanti compiuti negli ultimi anni, abbia ancora una lunga strada da percorrere quando si parla di mentalità del rischio nell’ecosistema dell’innovazione. “E’ un fatto culturale – spiega Giovanni De Lisi – che riguarda il modo di fare impresa in Italia. La maggior parte dell’economia nel nostro Paese è legata alle piccole e medie imprese principalmente familiari con poche grandi realtà corporate. Una gestione che è stata sempre legata più alla crescita del proprio orticello, con poca innovazione e pochi investimenti in innovazione. E quando si fa innovazione la si fa solo nel proprio ambito e solo per aumentare il proprio fatturato”.
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“Non è un’innovazione disruptive quella a cui guarda l’Italia – continua il numero 2 di Italia Startup. Il resto del mondo invece non ha avuto il nostro background e proprio per questo ha dovuto guardare all’innovazione disruptive. Ha dovuto guardare a nuovi mercati e ha capito che per creare nuovi business con grandi fatturati c’era bisogno di grandi investimenti. Lo stiamo comprendendo ora anche in Italia. La scalata non sarà facile perché siamo partiti troppo in ritardo, ma i dati iniziano a mostrarsi già più favorevoli rispetto al passato. Stiamo iniziando ad attrarre, a investire molto di più in startup – conclude – e anche la stessa politica oggi sta iniziando a guardare al mondo dell’innovazione come un vero percorso di crescita economica anche del Paese”.
La ricerca
La ricerca è stata basata sull’identificazione e poi il coinvolgimento tramite survey degli incubatori e acceleratori italiani e l’utilizzo di database come quello dei bilanci delle imprese e quello delle startup innovative. Lo studio ha realizzato, per il secondo anno, una mappatura aggiornata a livello nazionale delle attività di incubazione e di accelerazione di startup, evidenziando modelli di business, peculiarità, servizi offerti e le differenze tra le diverse tipologie di incubatori/acceleratori dividendo dunque l’analisi in tre aree di ricerca fondamentali: mappatura, analisi dei servizi e delle prestazioni e analisi delle startup incubate.
1. Mappatura degli incubatori/acceleratori italiani
Sono 275 le startup, iscritte al registro delle imprese entro il 31/12/2017, per le quali risulta una partecipazione azionaria da parte di incubatori e acceleratori italiani. Gli incubatori e gli acceleratori si confermano attenti alle primissime fasi di sviluppo dei progetti imprenditoriali: 3 su 10 dei soggetti da loro accelerati sono team imprenditoriali che non hanno ancora costituto la propria impresa e sono 205 (sulle 275 di cui sopra) le imprese per le quali gli incubatori e acceleratori sono tra i fondatori.
Sono 171 gli incubatori e acceleratori identificati in italia e quasi il 60% si trova nell’Italia Settentrionale. La Lombardia è la regione che ospita il maggior numero di incubatori, con il 25,3% del totale, seguita dall’Emilia Romagna, con il 10,6%, e la Toscana con l’8,8%. L’area meridionale, quella insulare ed i territori del Nord-Est rappresentano le zone in cui vi è il minor numero di incubatori. Per quanto riguarda la natura giuridica il 64,2% è di natura privata, il 13,9% ha natura pubblica e il 21% ha natura ibrida.
“Un quadro molto diversificato e in evoluzione – sottolinea il Prof. Paolo Landoni del Politecnico di Torino, direttore scientifico della ricerca -.Aumenta l’attenzione alle imprese a significativo impatto sociale e aumentano gli incubatori che affiancano alle proprie attività tipiche attività di selezione e investimento nell’equity delle startup. Investimenti importanti, perché in una fase seed molto rischiosa a cui non sono interessati altri investitori.”
La ricerca stima che nel 2017 siano stati incubati 1344 team imprenditoriali e 2435 startup.
2. Analisi dei servizi e delle prestazioni degli incubatori/acceleratori
Più della metà degli incubatori ha supportato organizzazioni a significativo impatto sociale. Interessante notare le differenze rispetto all’anno passato per quanto riguarda l’analisi dei settori di appartenenza. Mentre dodici mesi fa quello più rappresentato era quello legato alla cultura, alle arti e all’artigianato, ora questo settore si trova al secondo posto, è stato superato da quello della salute e del benessere che ha toccato quota 21,4% sul totale.
3. Analisi delle startup incubate
Per quanto riguarda il fatturato, in media gli incubatori italiani nel 2017 hanno avuto un fatturato di 1,30 milioni di euro. La stima del fatturato totale degli incubatori italiani del 2017 è di 222 milioni di euro, in crescita rispetto allo scorso anno.
Un altro dato rilevante che emerge è la dislocazione geografica delle startup incubate nel 2017. Più del 70% si trova in Italia settentrionale, in particolare circa il 55% nelle regioni del Nord Ovest. La Lombardia è la regione in cui si è costituito il maggior numero di startup incubate, il 30,2% del totale, seguita dal Piemonte (23,2%) e dalla Toscana (10,7%). L’area meridionale e insulare rappresenta la zona in cui il numero di startup incubate è minore (4,4%) .
“Stiamo partendo proprio ora – commenta Roberto Galliano, Direttore Economia Urbana e Lavoro del Comune di Milano – con un altro sistema di misurazione che è quello dell’impatto. Un sistema che non tiene conto solo dei risultati in termini di fatturato e dipendenti, valutando anche quello che sono gli impatti delle nostre iniziative nel campo dell’innovazione. Siamo molto soddisfatti in termini di numeri: se parliamo solo di startup sono oltre 570 le imprese che sono nate grazie ai nostri interventi e queste hanno una media e una mediana sia di fatturato che di persone occupate più alta di quella nazionale. Significa anche che forse Milano ha un mercato più dinamico e che risponde meglio a iniziative di innovazione”.
Le novità e gli approfondimenti del Report 2018
Quest’anno il Rapporto Completo contiene anche quattro approfondimenti specifici:
1. sugli Incubatori certificati (e le differenze di questi incubatori rispetto agli altri incubatori)
2. sui programmi di Corporate incubation (e le imprese che li promuovo)
3. sugli Incubatori quotati
4. e sugli Incubatori che investono in startup innovative italiane (sulla base delle analisi dei bilanci delle imprese presenti nel database delle startup innovative italiane)