Book Cycle da 4 anni invia testi scolastici nei centri di protezione per i migranti, richiedenti asilo e rifugiati. Da maggio anche nelle carceri minorili
Centoventi kg di libri per ognuno dei 151 centri Sprar (Sistema di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati) sparsi in tutta Italia. L’obiettivo? Permettere ai migranti di imparare l’italiano. È questa la missione dell’associazione non profit Book Cycle, nata in Inghilterra nel 2007 e operativa in Italia da novembre 2011. Serena Mazzuca, vicepresidente dell’associazione, ci racconta come funziona.
Come nasce Book Cycle?
«Book Cycle è nata a Exter, in Gran Bretagna, nel 2007, da un ragazzo di 30 anni che conciliò la grande quantità di libri buttati dalle persone con il bisogno di bambini, adolescenti e adulti africani di studiare e imparare le lingue, necessità che scoprì parlando con degli amici di ritorno dall’Africa. Quindi iniziò a raccogliere i libri e a selezionare quelli che potevano essere maggiormente educativi per gli africani. I libri restanti vennero prima messi da parte e poi venduti in un negozio (il primo al mondo) dove la gente decideva il prezzo del prodotto. I soldi raccolti sarebbero poi serviti per spedire i libri in Africa. Io iniziai a lavorare in questo negozio come volontaria e, al mio rientro in Italia, con un gruppo di amici pensammo di fare la stessa cosa: spedire libri in Italia o in luoghi dove la lingua italiana poteva essere un veicolo di conoscenza, come l’Albania. Le prime spedizioni, verso i centri di rifugiati politici e minori non accompagnati, scuole di italiano per stranieri e biblioteche autogestite, sono iniziate nel dicembre 2011».
Attualmente cosa fa Book Cycle?
«Al momento lavoriamo principalmente sul territorio italiano, ma stiamo preparando una spedizione a Haiti: abbiamo già raccolto i libri e stiamo finendo di raccogliere i soldi. Book Cycle è un ciclo, della carta, ma anche dell’associazione: il libro è sì l’obiettivo, ma anche il mezzo. Il nostro compito è inviare libri ai centri Sprar, cioè i centri sparsi sul territorio italiano che accolgono rifugiati e richiedenti asilo. Ogni centro fa le sue richieste, riempie il questionario e noi inviamo i libri. In media sono 120 kg – cioè quattro scatoloni – di libri per ogni centro. Poi, se nell’arco dell’anno il centro ha ancora bisogno di libri, fa un’altra richiesta e noi spediamo altri scatoloni pieni di materiale. Principalmente ci vengono richiesti libri scolastici, libri per bambini, dizionari e corsi di lingua. Altre volte capita che vogliano anche testi di narriva, o comunque relativi a qualche settore specifico».
Come funziona la raccolta dei libri? E i soldi per le spedizioni come li ottenete?
«I libri che ci arrivano sono tutti su donazione. Di solito le persone quando devono liberare casa cominciano dai libri. Più che altro riceviamo libri scolastici, ma spesso ci sono anche libri di narrativa o saggi, fumetti, libri religiosi. Le spedizioni le finanziamo grazie ai libri che vengono venduti nei mercatini dell’usato: lì ci mandiamo i testi che non ci vengono richiesti di essere spediti. È l’unico modo, questo, per poter spedire libri, dal momento che la nostra è un’associazione non profit e non abbiamo altri metodi di finanziamento: qua siamo in sette a lavorare e siamo tutti volontari».
Oltre a quello con gli Sprar avete altri progetti?
«Uno dei progetti è la spedizione di testi scolastici nell’isola di Haiti e sulla quale stiamo ancora lavorando. L’altro è quello che abbiamo avviato a maggio 2015 in collaborazione con l’associazione Antigone e la casa editrice L’Asino D’Oro per inviare testi nelle carceri minorili italiane. Ad oggi abbiamo inviato 20 scatoloni di libri nel carcere minorile di Roma, Torino, Pontremoli e Bari. È un progetto che ci piace molto e che vorremmo portare avanti, per ora parliamo di una o due spedizioni l’anno».