Il fatto è che la generazione Zeta sta ridisegnando i confini di ciò che è da maschi e di ciò che è da femmine. Rigetta le identità compiute, i ruoli di genere dati una volta per sempre e con questi il celeste e il rosa, i principi e le principesse, l’intero corredo di schemi di genere che per i loro genitori erano a tutti gli effetti schemi esistenziali, a favore di ruoli sempre più interscambiabili, o indefiniti, fluidi. Eppure.
Eppure, nei giovanissimi resistono residui della cultura che per secoli ha forgiato maschi e femmine sui distinguo di genere. Lo prova una ricerca su 500 ragazze e ragazzi dagli 11 ai 14 anni iscritti all’anno scolastico 2021-2022 realizzata da IPSOS e Valore D per capire come le ragazze e i ragazzi immaginano il loro futuro professionale e se i pregiudizi di genere limitano ancora o no la loro libertà di scelta, specie delle ragazze.
Materie scientifiche e materie umanistiche
I risultati ci dicono che tra i ragazzi è diffusa l’idea di essere più portati per determinati ambiti di studio proprio in quanto maschi: il 46% pensa, infatti, di essere più portato delle sue coetanee femmine in informatica, tecnologia ed educazione fisica, il 37% lo pensa per matematica e scienze e il 30% per educazione tecnica. Di contro, le ragazze dicono di sentirsi più adatte rispetto ai maschi per le lingue (46%), per l’educazione artistica e musicale (40%), per l’italiano, la storia e la geografia (39%). Insomma, sebbene in maniera sfumata, resta comunque traccia della stereotipata visione di genere che assegna ai maschi l’attitudine agli studi tecnico-scientifici, alle femmine, invece, quelli umanistici.
Carriera ed equilibrio lavoro-vita privata
Quanto al futuro che i giovanissimi si immaginano, pensano che avranno un buono stipendio il 47% dei maschi contro il 35% delle ragazze e che andranno all’estero il 36% dei primi rispetto al 31% delle seconde. Al contrario, le ragazze immaginano che avranno un buon rapporto tra lavoro e vita privata (il 48% contro 43%) e seguiranno l’esempio della propria famiglia (22% contro 16%). Neanche in questo caso la generazione fluida sembra, dunque, emanciparsi in maniera netta dal pattern corrente che prevede la piena realizzazione lavorativa per lui, mentre lei si preoccupa preventivamente di spendersi sul doppio terreno della professione e della cura famigliare.
Si comincia dai banchi di scuola
«Per arrivare alla piena parità tra uomo e donna occorre un lungo e profondo lavoro culturale che smantelli quei pregiudizi inconsapevoli che perpetuano una condizione di disparità nella nostra società. È un lavoro che dobbiamo iniziare dai banchi di scuola, contrastando gli stereotipi che nascono in famiglia e tra gli insegnanti e che ancora influenzano, soprattutto le ragazze, nelle loro scelte scolastiche e professionali», dice Barbara Falcomer, Direttrice Generale di Valore D commentando la ricerca. «Dobbiamo far capire alle ragazze che possono fare e diventare tutto quello che desiderano».
“Occorre un lungo e profondo lavoro culturale che smantelli quei pregiudizi inconsapevoli che perpetuano una condizione di disparità nella nostra società”
I modelli di riferimento
Quanto ai modelli, per i maschi intervistati il padre si conferma come maggiore fonte di ispirazione per il futuro (53%), a seguire, lontanissima, la madre (35%); per le ragazze è la madre al primo posto (49%), seguita dal padre (45%). Sono più i ragazzi rispetto alle ragazze a prediligere l’essere ambiziosi (13% contro 9%) e il conoscere molte persone (9% contro 5%), mentre per le ragazze è importante dimostrare passione e perseveranza (29% contro 20%).
Le professioni più ambite
Infine, il lavoro a cui punta la maggioranza delle ragazze e dei ragazzi è il medico, ma mentre i ragazzi scelgono al secondo posto l’ingegnere (9%) e al terzo il calciatore (8%), le ragazze al secondo posto mettono l’insegnante (9%), quindi al terzo l’artista (9%). «È necessario un grande cambiamento culturale e sociale che scardini alla base il gender gap, dobbiamo mettere in campo tutte le azioni possibili a cominciare dal raccontare ai bambini – sin dalla più tenera età – che possono costruire il loro futuro senza modelli predefiniti, serve promuovere percorsi di studio meno stereotipati, come quelli nelle materie scientifiche o STEM», commenta Barbara Falcomer. «È un impegno che ci deve vedere tutti uniti, affinché le opportunità offerte dalla rivoluzione tecnologica e digitale possano essere colte da un numero sempre maggiore di donne, per un futuro equo e sostenibile».