Nascerà vicino a Delhi e sarà costituito da una serie di orti verticali, vere e proprie torri costruite per ospitare giardini e abitazioni su più livelli. Obiettivo: dimostrare che è possibile coniugare edilizia con alti livelli di comfort e rispetto dell’ambiente.
In un bel romanzo di fantascienza di qualche anno fa dello statunitense Dan Simmons, vengono narrate delle storie ambientate in un lontano futuro sul pianeta Hyperion, tra navicelle spaziali, portali spaziotemporali, intelligenze artificiali sofisticatissime e terrificanti mostri robot. Ovviamente qui non c’è niente di tutto questo. Mancano le astronavi e i robot malvagi, ma anche in questo caso a fare da sfondo al racconto è un luogo chiamato Hyperion. E a ben vedere, sfogliando i rendering realizzati dallo studio di architettura francese Vincent Callebaut – autore del progetto – sembra proprio di trovarsi immersi in un altro mondo. Vedere per credere.
Una fattoria 3.0 nei pressi di New Dehli
Dobbiamo fare un passo indietro. Quello nella foto è Hyperion. Non però il pianeta raccontato nel romanzo di Simmons, ma un villaggio ipertecnologico e a impatto zero ideato dagli architetti francesi in collaborazione con l’agroecologista indiano Amlankusum.
Il loro Hyperion prende il nome da un albero. Una sequoia per la precisione, la più alta del mondo, che si trova nel parco nazionale di Redwood in California.
Si tratta in effetti di un villaggio totalmente green, una sorte di fattoria del futuro che si sviluppa però in altezza, proprio come la pianta da cui prende il nome.
«Un eco-quartiere verticale in grado di produrre più energia di quanta ne consuma», racconta Amlankusum. «In collaborazione con architetti, ingegneri agricoli, agronomi e agricoltori – continua – abbiamo concepito questo progetto con il duplice obiettivo del decentramento energetico e della deindustrializzazione del cibo».
Questo moderno polo residenziale dovrebbe sorgere a Jaypee City, non lontano da New Delhi, città emblema del sovrappopolamento e di tutto ciò che ne consegue: dall’inquinamento alla difficoltà di produrre cibo in maniera sostenibile. Cibo che d‘ora in poi, secondo gli ideatori, potrebbe essere prodotto in queste enormi strutture circolari perfettamente integrate con l’ambiente circostante.
Venti chili di frutta e verdura per metro quadrato
Lo studio di progettazione francese Vincent Callebaut non è nuovo a progetti, anche visionari, di trasformazione urbana. Tempo fa presentò Aequorea, un piano di grattacieli (sotto)marini – la sommità emerge dalle acque facendo galleggiare l’intera struttura – da realizzare con l’ausilio della stampa 3D riciclando la plastica che oggi soffoca i nostri mari. Ora è la volta di Hyperion.
Si tratta di futuristici orti verticali, vere e proprie torri ideate per produrre cibo al di fuori dei meccanismi intensivi e industriali, senza danneggiare la biodiversità locale.
Sei torri per cambiare le abitudini
In totale sarebbero sei le torri, ognuna di circa trentasei piani e tutte realizzate in pannelli di legno laminato. Ogni torre dispone di ampi terrazzi per le colture irdoponiche e una grande serra coperta sul tetto. Il tutto corredato di pannelli solari, vetrate altamente isolanti per risparmiare sui sistemi di riscaldamento/raffreddamento e sistemi di raccolta e filtraggio dell’acqua. Metà dello spazio viene utilizzato per le coltivazioni, mentre una parte delle torri potrà ospitare abitazioni su più livelli.
Una via di mezzo dunque tra un quartiere residenziale e una moderna fattoria, in grado di produrre fino a venti chili di frutta e verdura per metro quadrato.
Sogno o realtà?
Le coltivazioni che troveranno posto all’interno di Hyperion non prevedono l’utilizzo di fertilizzanti chimici, pesticidi o funghicidi. Inoltre, l’idea è quella di favorire la proliferazioni di insetti in grado di contrastare eventuali parassiti o infestanti. «Voglio fermare la distruzione degli ecosistemi del mio paese, l’India, che rappresenta la quarta fonte mondiale di cibo, con il 17,6% della popolazione mondiale interessata», spiega Amlankusum.
Secondo uno studio pubblicato dal FiBL, l’Istituto di ricerca per l’agricoltura biologica, se venissero utilizzate in tutto il mondo tecniche biologiche in campo agricolo, le emissioni di CO2 potrebbero ridursi di circa il 40% entro il 2030. «Dobbiamo dimostrare ai cosiddetti decision makers – sottolinea Amlankusum – che ci può essere un legame tra cambiamenti climatici, agricoltura sostenibile e sviluppo urbano».
Se mai verrà costruito, Hyperion potrebbe diventare il villaggio più tecnologico e green del mondo. Grazie alla sua capacità di inserirsi agevolmente anche in ambienti urbani (senza interferire sull’ecosistema circostante), i progettisti intendono dimostrare come sia possibile coniugare l’edilizia con il rispetto dell’ambiente ed alti livelli di comfort.
E per comfort si intende la presenza, nel villaggio, di piscine e corsi d’acqua per garantire momenti di assoluto relax ad abitanti e turisti. Un moderno paradiso terrestre insomma, che dovrebbe vedere la luce, nelle intenzioni dei suoi ideatori, da qui a quattro anni. La data di scadenza del progetto è stata fissata infatti al 2020.