Due videogame di altrettante startup ci permettono di celebrare come si deve questo ennesimo compleanno del vecchissimo sistema portatile Nintendo
Trentadue anni fa, la primavera in Giappone vedeva schiudersi non solo milioni di fiori di ciliegio (per loro un evento di festa che merita intere dirette televisive caratterizzate dalla stessa apprensione con la quale da noi si segue Enrico Mentana che commenta lo spoglio elettorale), ma pure l’inizio della rivoluzione nel settore dei videogiochi tascabili. Rivoluzione rappresentata dal Game Boy, pesante e grezza mattonella grigiastra messa a punto dal compianto Gunpei Yokoi di Nintendo, game designer prematuramente scomparso in un incidente stradale. Con il Game Boy il settore handheld, che fino ad allora aveva offerto al mondo ben poco con cui divertirsi, non sarebbe stato più lo stesso, dato che la Casa di Kyoto era riuscita nell’intento di prendere la propria console da salotto, il NES a 8-bit e miniaturizzarla, così da permettere ai videogiocatori di averla sempre con sé, assieme a una libreria di titoli a dir poco vasta. Per farvi comprendere l’impatto del Game Boy sull’industria videoludica e su diverse generazioni di videogiocatori potremmo snocciolare cifre di vendita e numeri sui giochi che arrivò a contemplare, parlare del successo dei Pokémon o, ancora, della sua straordinaria longevità (la produzione cessò solo nel 2003), ma non faremo nulla di tutto ciò. Al contrario, porteremo la testimonianza di due titoli appena arrivati sul Nintendo eShop di Switch, l’attuale console portatile della Casa di Kyoto: Save me Mr Tako: Definitive Edition e Reknum Cheri Dreamland. Se nel 2021 c’è ancora qualcuno che crea titoli che si ispirano al vecchio Game Boy, infatti, qualcosa vorrà pur dire…
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Kirbeggiando in Save me Mr Tako: Definitive Edition
Partiamo allora da Save me Mr Tako: Definitive Edition, opera giovanile di Christophe Galati, game designer in erba, classe 1994, studente dell’ISART Digital di Parigi che, nel 2014, per festeggiare il quarto di secolo del Game Boy, decide di pubblicare una demo di un suo progetto: Mr Tako. Un giochino semplice che rappresenta soprattutto una letterina d’amore alla vecchia ‘mattonella’ grigia di Nintendo, che però viene notato dal publisher statunitense Nicalis. Nell’aria in quegli anni c’è voglia di retrogames: l’ultima mania, un po’ hypster, è tirare fuori dal cassetto tutto ciò che risale agli anni ’80-’90. Tutto questo, per gli americani, potrebbe tirare la volata a un progetto ancora acerbo e adolescenziale che sprizza però nostalgia da ogni poro, pardon, pixel.
E allora altri quattro anni di lavoro e alla fine arriva su Switch Save me Mr Tako: Tasukete Tako-San, di cui l’attuale Save me Mr Tako: Definitive Edition, fresco di debutto, costituisce l’espressione finale e compiuta. Di fatto, ci ritroviamo a un titolo che pesca a piene mani da Kirby, la palletta rosa di Hal Lab. che tante avventure ha vissuto proprio in compagnia del Game Boy.
Ma sarebbe in realtà un errore definirlo clone del vorace e tondo aspirapolvere alieno Nintendo, dato che nel gameplay del gioco di Galati confluiscono tanti altri titoli, come per esempio Wonder Boy in Monster Land di Hudson Soft.
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Rispetto a Kirby, infatti, Mr Tako, il polpo protagonista del gioco, non può volare. Inoltre, senza power up (rappresentati da cappelli) muore al primo colpo. Fatto, questo, che rende Save me Mr Tako piuttosto complesso, esattamente come i titoli di tanto tempo fa. Anche perché il respawn dei nemici è continuo e talvolta, simulando i bug del vecchio Game Boy, ci compariranno a pochi centimetri, eliminandoci all’improvviso.
Frustrante, certo, ma ricordate che state giocando con una console che ha 32 anni… Il protagonista di Save me Mr Tako ha un’unica arma (in realtà metteremo le mani anche su altri oggetti) a disposizione: il proprio inchiostro. Sputandolo sugli avversari, li congelerà per qualche istante, trasformandoli in piattaforme delle quali potrà servirsi per raggiungere bonus e segreti. Il fatto che si muoia al semplice tocco rende questi momenti particolarmente difficili: basta mirare con poca precisione per essere investiti dal nemico e veder sfumare una vita extra.
Ovviamente, rispetto ai titoli odierni, il gameplay di Save me Mr Tako è irrisorio, strutturato su poche semplici regole affilate come rasoi (apprezziamo lo sforzo di renderlo un po’ più profondo grazie ad alcune sequenze di intermezzo, che tuttavia paiono posticce). Rifarsi a giochi di trent’anni fa ha permesso al buon Galati di camuffare la propria inesperienza sotto i bug dell’epoca, ma la caratura dell’artista è comunque impossibile da nascondere: il talento c’è e il titolo, benché alla lunga risulti ripetitivo e sia ben lontano dalle trovate geniali che rendono qualsiasi Kirby a caso un divertissement piacevole ancora nel 2021, è comunque una piacevolissima scampagnata nei ricordi. Parrebbe un videogame vecchio e giapponesissimo, invece è stato pensato nel cuore dell’Europa pochi anni fa. Non c’è modo migliore per festeggiare il trentaduesimo anno di vita del Game Boy che uno spuntino a base di polpo, non trovate?
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Zeldeggiando in Reknum Cheri Dreamland
L’altro titolo “old school” uscito proprio in concomitanza con i festeggiamenti del Game Boy è Reknum Cheri Dreamland. Sviluppato e prodotto da Nape Games, startup innovativa focalizzata su titoli che paiono d’antan, anche questo, al pari di Save me Mr Tako, pare ispirarsi soprattutto a un videogioco (nello specifico: The Legend of Zelda II), salvo poi presentare numerose variazioni sul tema.
E infatti, basta giocarci per rendersi conto che l’avventura in cappa e spada strizza l’occhio a più titoli, tutti vecchissimi: ora al già citato Wonder Boy in Monster Land, ora a Castlevania e Metroid, pur non raggiungendone mai la complessità nel level design. C’è pure vagamente qualcosa di Ghost’n Goblins di Capcom, ma non siamo riusciti a capire cosa, forse i tanti forzieri sparsi qua e là . Mentre il conteso narrativo si diverte senza dubbio a prendere in giro l’universo di Zelda, con una mappa e una fatina tratte di peso da quel capolavoro di Ocarina of Time e tante situazioni che provengono invece dagli episodi per NES.
A livello di gameplay, siamo di fronte a una creatura ibrida, un po’ platform un po’ GdR, un po’ avventura in cappa e spada, in cui si salta parecchio, è vero, ma poi i nemici vanno passati per le armi combattendo. Da questo punto di vista, il cordone ombelicale con l’atipico Zelda II è ben presente e sottolineiamo perciò come richiamare un titolo tutt’altro che consacrato universalmente quale capolavoro sia senza dubbio una scelta curiosa e coraggiosa.
Ci saranno anche fasi, ambientate in labirinti, nelle quali la visuale diventa isometrica, a volo d’uccello, e controlleremo la fatina che ci accompagna lungo l’avventura. Si nota subito come Reknum Cheri Dreamland si diverta a riproporre su schermo tutti i limiti tecnici, grafici e di gameplay dei titoli del Game Boy. Si viene così buttati nell’avventura senza che ci vengano date tante spiegazioni, starà a noi capire come risolvere i pochi enigmi presenti e, soprattutto, riuscire a individuare i malefici tasti che aprono le porte perfettamente camuffati nello scenario, senza il minimo intervento grafico per farli risaltare un pochino. Col risultato che talvolta si procede per tentativi.
Le fasi da giocare in zone buie, poi, sono una vera e propria cattiveria: non bastasse già la grafica impastata su toni di grigi, ecco che bisogna aguzzare ulteriormente la vista nel tentativo di scorgere per tempo chiavi, interruttori, scrigni e nemici, mentre attorno a noi le tenebre regnano sovrane. Spesso capiterà di essere uccisi senza riuscire a comprendere cosa ci abbia colpito, altre volte che ci crolli addosso una parte dello scenario che però pareva inoffensiva, camuffata alla perfezione col resto del livello. E si procede guardinghi, col dubbio se quella di fronte sia una piattaforma o una trappola.
Reknum Cheri Dreamland va dunque giocato armandosi di pazienza e accettando il fatto che il gioco ignori volutamente che siamo nel 2021 e che tanti bug non li vorremmo perciò più vedere, così come vorremmo completare un gioco senza perdere diottrie su diottrie, restituendoci una esperienza quanto più possibile affine a quelle provate col vecchio Game Boy. Segnaliamo però che, oltre agli errori dell’epoca, riportati a galla volutamente (dolosamente?), il titolo ne presenta altri non voluti dagli stessi sviluppatori: giocando ci è infatti capitato che il sistema crashasse e fossimo rispediti al menu dello Switch perdendo i risultati dell’ultimo livello. Urge dunque una patch che sani al volo questo inconveniente.