Susan Austin è sulla sedia a rotelle da quando aveva 16 anni ma con la sua arte ha riscritto la sua identità e quella delle persone che assistono alle sue performance. Nel 2012 si è esibita alle Olimpiadi e ogni giorno lotta per sostenere l’arte creata dalle persone con disabilità.
Susan “Sue” Austin ha 50 anni ma non ha mai pensato che la sua disabilità potesse essere un limite. L’idea del disabile come “altro” come “diverso” non ha mai sfiorato la sua mente. Neanche per un attimo. Neanche a 16 anni quando una lunga e grave malattia ha cambiato, per sempre, la sua vita: «Quando ho cominciato a usare la sedia a rotelle, ho provato una sensazione incredibile di una nuova libertà. Avevo visto la mia vita scivolare via e avere sempre più restrizioni. Ora mi sembrava di avere tra le mani un nuovo, enorme giocattolo. Potevo spostarmi ovunque e sentire di nuovo il vento sulla pelle. Trovarmi fuori, per strada, era inebriante». Ma Sue ha fatto di più: è diventata un’artista. Così brava da esibirsi ai Giochi Olimpici e Paraolimpici di Londra 2012.
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Spesso chi cambia non sei tu, ma le persone che ti stanno accanto
«Era come se le persone non mi vedessero più, come se, su di me, fosse calato un manto d’invisibilità». Sì, perché anche se conservi intatta la voglia di vivere, può cambiare ciò che ti sta intorno. Soprattutto le persone che ti osservano e che si relazionano con te. Persone che spesso ti fanno perdere quello che avevi ottenuto, combattendo: «Quando chiedevo alla gente quali pensieri associavano a una sedia a rotelle, usavano parole come limitazione, paura e restrizione. Mi resi conto di avere fatto mie le loro risposte e ciò aveva cambiato a livello profondo chi io ero veramente. Una parte di me si era alienata da me stessa. Io non mi vedevo più dal mio punto di vista, ma solo dal punto di vista delle risposte ricevute dagli altri».
L’arte che ribalta i preconcetti
Anche con la sedia a rotelle si possono disegnare immagini di una bellezza incredibile. Si può volteggiare, con eleganza, ed essere leggeri quanto una piuma. Basta avere un pizzico di immaginazione e di talento per poter ribaltare un preconcetto in una nuova opportunità: «La sedia a rotelle divenne un oggetto da dipingere e con cui giocare. Così cominciai a lasciare, letteralmente, tracce della mia gioia e della mia libertà. E fu emozionante vedere le risposte di sorpresa e di interesse della gente».
In fondo l’arte serve proprio a questo. A osservare le cose da un punto di vista diverso, a dischiudere la bellezza che, in apparenza, non riesce a mostrarsi, a emozionare ed emozionarsi: «Capii che una pratica artistica poteva ricreare l’identità di ogni individuo e trasformare i preconcetti. Bastava solo analizzare in modo nuovo ciò che ci è familiare».
Il mare, le immersioni, l’arte
Nel 2005 Sue inizia a fare immersioni. In fondo muoversi sott’acqua evoca sensazioni legate al senso di avventura, sfida, superamento di limiti: «Non erano reazioni molto diverse da quelle che la gente provava davanti ad una sedia a rotelle». Per raggiungere lo scopo basta solo crearne una che si prestava a questo tipo di imprese: «E da allora in poi mi ha permesso di fare i viaggi più incredibili della mia vita. Posso muovermi a 360° e provare una gioia infinita».
In fondo, se ci pensate, nessuno in acqua sta veramente in piedi. Il mare non si cura se le tue gambe funzionano o no
Ispirare le persone, per davvero
La vita di Sue cambia definitivamente, di nuovo. E cambia anche quella di chi le sta intorno e di chi assiste al suo spettacolo. Non c’è più distanza, non ci sono più limiti, non c’è più disabilità: «La cosa più incredibile, che nessuno si aspetta, è che le altre persone sembrano vedere e sentire la stessa cosa. I loro occhi si illuminano, letteralmente, e mi dicono cose tipo: “Ne voglio una anch’io” o “Se tu puoi fare così, io posso fare qualsiasi cosa”. Incredibile.».
Insieme ad altri due artisti, Sue ha creato Freewheeling, un progetto che vuole difendere e promuovere le iniziative artistiche delle persone con disabilità. Nel 2012, a Londra, per le Olimpiadi, ha creato una performance, Creating the Spectacle, che ha avuto un enorme successo di pubblico e critica.
Trasformarsi e trasformare (gli altri)
L’oggetto muta la sua forma e perde ogni durezza e consistenza: «Non si riesce più a inquadrarlo perché perde i suoi punti di riferimento. Crea un pensiero nuovo che determina una nuova libertà». Una libertà che è in grado di mutare la vita delle persone: «Per me significa trasmettere il valore della differenza, la gioia che si prova quando invece di concentrarci sulla perdita o sulle limitazioni, noi vediamo e scopriamo il potere e la gioia di vedere il mondo da nuove, emozionanti prospettive».
Molti credono che storie come questa non possono cambiare il mondo. Troppa corruzione, troppa violenza, troppo odio. Io credo formalmente il contrario perché, come ricorda la stessa Susan, in fondo: «le narrazioni mi hanno permesso di recuperare la mia identità. E tutto cambia quando anche voi, spettatori, afferrate questo concetto. In quel momento entrare a far parte dell’opera d’arte che insieme a voi ho creato».
Alessandro Frau