Il progetto mette al centro frigoriferi smart assortiti di prodotti freschi della zona che mettono insieme i dati sugli acquisti per una gestione più elastica, anche in tempo reale
I distributori automatici, che passione. Gli italiani hanno una vera dipendenza dalle “macchinette”. Secondo una recente indagine della Camera di Commercio di Milano biglietti, oggetti di vario tipo, farmaci e cibo passano sempre più da queste macchine. Non solo diffuse ovunque, dalle palestre agli uffici, ma spesso raccolte in veri e propri negozi senza l’ombra di un commesso.
Il boom in Italia
L’anno scorso il settore è cresciuto del 6,1% con un’impennata guidata da Roma e seguita da Milano. Ma una delle capitali dell’automazione distributiva è Bari. Tuttavia in testa alla classifica delle regioni c’è la Lombardia, dove si trova un distributore automatico su sei tra tutti quelli installati sul territorio nazionale. Nulla sembra scalfire quest’insaziabile passione per il fai-da-te commerciale. Neanche la sonora multa che l’Antitrust ha spedito lo scorso giugno ai principali operatori del settore, in particolare quelli che si occupano di alimenti e bevande, per un totale di oltre 100 milioni di euro. La decisione parlava di intesa anticoncorrenziale per mantenere elevato il livello dei prezzi dividendosi mercato e clientela.
Una macchinetta ogni 25 italiani
Abbiamo una macchinetta ogni 25 italiani – sono oltre 2,5 milioni di apparecchi sparsi ovunque – per un giro d’affari che nel 2015 toccava i 2,5 miliardi di euro. Eppure spesso deludono. Nel senso che distribuiscono cibi e bevande poco salutari, mal conservati e soprattutto sempre gli stessi. Insomma, il distributore automatico non è mai cambiato nella sua concezione di fondo. Non si è “aperto” al tessuto locale, alle eccellenze e alle aziende del territorio, alle genuinità della zona. La stazione di Roma come quella di Napoli o di Milano così come l’ospedale di Trieste. Le macchinette come piccoli, sporchi e un po’ tristi McDonalds dello snack volante.
Dal junk food all’organico
Qualcosa potrebbe cambiare. Passando dai cibi a lunga conservazione, tendenzialmente spazzatura (merendine pregne di grassi idrogenati, patatine, bibite iperzuccherate) a quelli freschi. Non solo: rivoluzionando l’assortimento, che di solito è schiacciato fra pochi prodotti che vendono moltissimo e altri che fanno fatica a terminare. Sempre in virtù del posto in cui sono collocati. Infine, spostando il focus dallo snack ad (almeno in parte) un pasto completo.
Il progetto di Byte Foods
Questo lo scenario al quale spera di arrivare una startup californiana, la Byte Foods di San Rafael. Che ha messo a punto delle macchinette di nuova concezione. Si tratta in realtà di frigoriferi smart già diffusi in migliaia di palestre, ospedali, luoghi di lavoro e residence che mettono insieme big data e approccio local. Ogni prodotto ha un tag Rfid individuabile dal frigorifero. Per comprarlo devi strisciare la carta di credito in un lettore e aprire il portellone del frigo. Alla successiva chiusura tutto ciò che mancherà dal frigo sarà addebitato sulla tua carta: bando ai furbetti.
Le evoluzioni non finiscono qui: Byte Foods si concentra infatti su un’offerta realizzata con cibi locali. Bevande, panini, burrito, zuppe e insalate – quindi qualcosa di più e di meglio rispetto agli snack – prodotti con ingredienti di alta qualità, spesso cibo organico che negli Stati Uniti potremmo trovare in catene come Whole Foods Market o da noi da NaturaSì. La differenza è che il prezzo è più basso che in negozio.
I big data rivoluzionano le macchinette
Terzo passaggio: la raccolta dei dati. Secondo Lee Mokri, che ha fondato la società con la moglie Megan ed ha un passato nel settore del food, le informazioni che ruotano intorno alla macchinetta intelligente – tutte quelle sul prodotto ma anche sul luogo in cui è posizionato il distributore e sull’acquirente – vengono date in pasto a un algoritmo che può dar vita a una serie di possibilità personalizzate. Dopo aver realizzato un account, la macchina potrebbe per esempio notificarti quando la tua zuppa preferita non è disponibile. Ma anche l’apparecchio potrebbe modificare i propri prezzi in base all’assortimento, magari per favorire il consumo di cibi facilmente deperibili che sarebbe meglio smaltire entro la giornata per evitare sprechi e massimizzare i profitti.
Il superfinanziamento
Non è un caso che Byte Foods abbia appena raccolto 5,5 milioni di dollari in un round di finanziamento seed. In fondo, dei 17 milioni di macchinette diffuse nel mondo solo 1,5 sono connesse a internet e in grado di essere gestite in modi così elastici. A guidare il round la Spring Creek Investment Management, un fondo di Philadelphia che si occupa di cibo e agricoltura. Fr agli altri che hanno partecipato Bolt e Bessemer Venture Partners.
Insomma, anche la distribuzione automatica di generi alimentari è destinata a fare un passo in avanti per diventare, almeno in parte, il frigorifero di casa nostra traghettato sul posto di lavoro. La società che le gestisce può tenere traccia del successo di nuovi prodotti, capire come organizzare l’inventario e rivoluzionare la logistica e l’approvvigionamento. Fino alla massima soddisfazione si chi le utilizza ogni giorno.