Il report Oceana permette di far luce sulle frodi del mercato ittico. Un problema di informazione e di etichetta, da risolvere con test genetici (Dna) sul pesce. E con la pesca sostenibile
Un test del Dna per contrastare la frode che attanaglia il settore ittico e rendere questa preziosa fonte di proteine finalmente tracciabile. Con la campagna “One name, one fish”, Oceana vuole puntare su tecniche innovative di riconoscimento genetico, per poter contrastare un fenomeno diffuso a livello mondiale: la frode del mercato ittico.
Le frodi del mercato ittico
Il viaggio che compie il pesce, dalla pesca al piatto del consumatore, è lungo e complesso. Oceana ha condotto uno studio dal 2010 al 2015, che ha rilevato l’incongruenza tra caratteristiche fisiche/chimiche del pesce e indicazioni sull’etichetta nel 30% dei casi. Secondo i dati della Food and Drug Administration, inoltre, il 15% dei prodotti ittici, venduti nella Gdo e sottoposti a controlli, risultano contraffatti. La frode può avvenire in ogni momento della catena ittica, per questo il rapporto sottolinea l’urgenza di un controllo completo, che comprenda il momento della pesca, il trattamento in azienda e la vendita.
Un problema di etichetta
Nel report si chiarisce come ci siano spesso errori di etichettatura, sia nelle confezioni in vendita nella Gdo che nei listini dei ristoranti. I principali errori di etichettatura riguardano i frutti di mare, le cui indicazioni risultano imprecisi e inadeguati in tutto il mondo. In questa categoria di prodotto, infatti, si tende a far confluire una grande tipologia di prodotti ittici, spesso anche poco attinenti. Il consumatore, non essendo adeguatamente informato, non può effettuare una scelta consapevole, che prenda in esami fattori come l’eticità dei processi e delle scelte industriali. Negli Stati Uniti, ad esempio, la legge consente di usare il termine “cernia” per indicare oltre 65 specie, tra cui la cernia Varsavia, che è in pericolo di estinzione. Un’etichettatura poco precisa rischia quindi di essere una maschera per scelte non adeguate e modelli di pesca non sostenibili.
I test genetici
Il colore, la consistenza e la forma dei prodotti ittici può essere alterata in ogni fase del processo di preparazione e vendita. Grazie all’efficienza di alcuni test genetici, come quelli condotti dal programma di studio Msc, sono sempre di più le aziende e gli enti che stanno ricorrendo a questa soluzione per identificare la conformità del prodotto con l’elenco di ingredienti presenti sull’etichetta. I dati permettono di tracciare un primo quadro positivo: secondo una ricerca Ipsos effettuata a marzo 2015 su quasi mille casi, la presenza di una certificazione ambientale fa aumentare del 72% la propensione ad acquistare un prodotto e il 51% degli intervistati dichiara di essere disposto a pagare un premium price fino al 10% per un prodotto certificato.
Informare i consumatori
“C’è però assolutamente bisogno di informare i consumatori su cosa c’è dietro le etichette, come queste possono aiutarli a fare la scelta giusta in maniera semplice. Il marchio blu MSC indica che i prodotti derivano da un’azienda di pesca certificata indipendentemente, su base scientifica, seguendo lo standard MSC per la sostenibilità ambientale della pesca e che sono tracciabili e riconducibili a un approvvigionamento sostenibile”, commenta Francesca Oppia, Direttore di MSC Pesca Sostenibile. Diego Florian, direttore del Forest Stewardship Council Italia, dichiara “I prodotti che troviamo sugli scaffali del supermercato sono pieni di etichette e dichiarazioni, e questo può portare confusione o un’errata percezione del loro vero significato. Eppure, non tutte le etichette sono uguali: FSC, così come MSC e Fairtrade, è membro dell’ISEAL Alliance, l’associazione globale che riunisce gli standard di sostenibilità e rappresenta il livello più alto di riconoscimento per gli schemi di certificazione volontari. Ciò significa, ad esempio, coerenza e trasparenza nei processi di sviluppo e revisione degli standard” – continua Florian – “una rappresentanza equilibrata degli interessi di tutti gli stakeholder e un’interpretazione dei requisiti minimi coerente e adattata a livello locale; tutti elementi che contribuiscono ad aggiungere valore ai prodotti certificati. Come ufficio nazionale di FSC lavoriamo incessantemente per rendere ancora più riconoscibile il marchio della gestione forestale responsabile in Italia” – conclude – “aiutando i consumatori a fare scelte consapevoli che portino benefici ambientali, economici e sociali”.