La Francia autorizzata dalla Ue a introdurre sulle etichette l’origine della carne e del latte nei trasformati. Martina: “Finalmente”. Restano ancora tanti i casi di prodotti che ancora non “parlano” al consumatore. Eccoli
Qualcosa si muove sulle etichette alimentari, con l’apertura della Commissione Ue a indicare l’origine degli alimenti nelle etichette. L’autorizzazione è stata concessa dall’Unione Europea alla Francia per introdurre un sistema di etichettatura di origine per carne e latte contenuti nei prodotti trasformati. Cosa che rappresenta un passo avanti, per il ministro dell’Agricoltura, Maurizio Martina, soddisfatto che la Francia abbia finalmente appoggiato la nostra posizione: “Finalmente la Commissione europea viene incontro alle nostre richieste sull’etichettatura. Abbiamo un dossier aperto da mesi con la Commissione sul marchio 100% italiano e ci aspettiamo un’accelerazione”. L’Italia infatti è impegnata “per introdurre l’indicazione obbligatoria dell’origine del latte anche come materia prima nei prodotti lattiero caseari”. D’altronde, per la Francia come per noi, “dare trasparenza ai consumatori e indicare chiaramente l’origine della materia prima anche nei formaggi è una priorità ”.
Coldiretti: serve subito l’obbligo per l’origine
Quella dell’origine in etichetta è una battaglia che Coldiretti conduce da mesi. “Con due prosciutti su tre venduti come italiani, ma provenienti da maiali allevati all’estero, ma anche tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro che sono stranieri senza indicazione in etichetta, come pure la metà delle mozzarelle e il concentrato di pomodoro dalla Cina, occorre introdurre senza esitazione in Italia l’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli alimenti come ha chiesto il 96,5% degli italiani sulla base della consultazione pubblica on line sull’etichettatura dei prodotti agroalimentari condotta dal Ministero delle Politiche Agricole”, afferma il presidente Roberto Moncalvo. Il regolamento comunitario N.1169 del 2011 entrato in vigore il 13 dicembre del 2014 consente ai singoli Stati Membri di introdurre norme nazionali in materia di etichettatura obbligatoria di origine geografica degli alimenti qualora i cittadini esprimano in una consultazione parere favorevole in merito alla rilevanza delle dicitura di origine ai fini di una scelta di acquisto informata e consapevole. Una iniziativa che, ricorda Coldiretti, si è svolta in Italia “con un risultato che non lascia spazio ad equivoci ed impegna le Istituzioni nazionali a introdurre l’etichetta dove ancora manca, dai formaggi ai salumi, dalle conserve ai succhi di frutta fino al latte a lunga conservazione”. Non è un caso che secondo la consultazione pubblica on line del Ministero che ha coinvolto 26.547 partecipanti sul sito del Mipaaf dal novembre 2014 a marzo 2015 l’89 % dei consumatori ritiene che la mancanza di etichettatura di origine possa essere ingannevole per i prodotti lattiero caseari, l’87% per le carni trasformate, l’83% per la frutta e verdura trasformata, l’81% per la pasta e il 78% per il latte a lunga conservazione.
Troppe etichette ancora anonime
Coldiretti spinge perché in un momento difficile per l’economia “dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza”, ha continuato Moncalvo sottolineando che “l’obbligo di indicare in etichetta l’origine è una battaglia storica della Coldiretti che con la raccolta di un milione di firme alla legge di iniziativa popolare ha portato all’approvazione della legge n.204 del 3 agosto 2004 grazie alla quale è diventato obbligatorio indicare in etichetta la provenienza del latte fresco e quella della passata di pomodoro in Italia”. Da allora molti risultati sono stati ottenuti anche in Europa ma  l’etichetta resta anonima per quasi la metà della spesa, dai formaggi ai salumi, dai succhi di frutta, dalla pasta al latte a lunga conservazione, dal concentrato di pomodoro ai sughi pronti fino alla carne di coniglio. A livello comunitario il percorso di trasparenza è iniziato dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002, mentre dal 2003 è d’obbligo indicare varietà , qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca. Dal 1 gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, a partire dal 1 agosto 2004, l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto. L’Italia sotto il pressing della Coldiretti ha fatto scattare il 7 giugno 2005 l’obbligo di indicare la zona di mungitura o la stalla di provenienza per il latte fresco e il 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy per effetto dell’influenza aviaria mentre a partire dal 1° gennaio 2008 l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro.
Record di allarmi per il cibo dalla Cina
Insomma c’è molto da fare. Anche perché, ad esempio, la Cina nel 2015 ha conquistato il primato nel numero di notifiche per prodotti alimentari irregolari perché contaminati dalla presenza di micotossine, additivi e coloranti al di fuori dalle norme di legge, da parte dell’Unione Europea. Dal fortissimo mercato asiatico proviene il 13% di tutti gli allarmi per irregolarità sul cibo segnalati in Europa, ben 386 sui 2967 complessivi. Nel solo 2015 sono stati chiuse dai Nas 1.035 strutture operanti nel sistema agroalimentare con il sequestro di 25,2 milioni di prodotti alimentari adulterati, contraffatti, senza le adeguate garanzie qualitative o sanitarie o carenze nell’etichettatura e nella rintracciabilità , secondo i dati del quarto Rapporto Agromafie elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalita’ nell’agricoltura.