A poche settimane dai risultati del referendum sull’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea continuano le analisi sugli effetti della Brexit. Una scelta che avrà ripercussioni su settori come l’agricoltura e il food
Sono passate poche settimane dai risultati del referendum sull’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea e continuano le analisi sugli effetti della Brexit. La decisione non avrà solo un pesante impatto politico e finanziario, ma anche ripercussioni su settori come l’agricoltura e il food. I sondaggi indicano che il 60% degli agricoltori ha votato a favore dell’uscita dall’Unione Europea, perché riteneva le politiche europee troppo restrittive.
1. Troppo restrittivi i divieti imposti dall’Europa
I divieti imposti dall’Unione Europea sul glifosato (un diserbante) e sulle colture OGM sono stati ritenuti spesso eccessivi, gli agricoltori inglesi ritengono che l’uscita dall’ambito comunitario garantirà un panorama normativo meno vincolato. Gli inglesi hanno però giovato dei finanziamenti europei sull’agricoltura e alla libera circolazione dei cittadini europei tra gli Stati membri, che ha favorito la facile reperibilità di manodopera a basso costo.
2. Ma le regole ora sono quelle internazionali
Secondo quanto dichiarato nell’articolo della BBC, il Segretario di Stato inglese deputato ai temi ambientali pensa che il Brexit sia un salto nel buio, che rischia di compromettere la posizione di leadership raggiunta dal proprio Paese in questi anni. Le implicazioni però non finiscono qui: se è vero infatti che l’Unione Europea (grazie a una specifica legislazione) protegge la denominazione di alcuni alimenti propri e autoctoni di determinate regioni, questo non sarà più vero per i prodotti inglesi. L’alternativa potrà essere l’applicazione della legislazione internazionale vigente in tema di marchi e brevetti.
3. Meno immigrati, più alto il costo del lavoro
Anche la questione della mobilità comunitaria, che garantiva un flusso costante di manodopera per i ristoranti inglesi, costituisce un punto poco chiaro. Il 28% dei dipendenti dei ristoranti del Regno Unito è costituito da stranieri e la metà di questi arriva da paesi dell’Unione Europea. Una drastica riduzione nei flussi migratori comporterebbe un aumento del costo della manodopera. D’altro canto, alcuni ristoratori inglesi sperano invece di poter giovare di una rinnovata normativa sull’immigrazione extra EU, che risultava (a detta di molti) penalizzata proprio dalle leggi comunitarie.