Ogni anno gli studenti italiani beneficiano di circa 2 milioni di pasti, ma buona parte finisce nel cestino. Good Food Bag e altre iniziative (da Legambiente a Cittadinanzattiva) per un cambio rotta
Un paio di iniziative in circolazione promettono di incidere in modo significativo nel modo in cui concepiamo (e combattiamo, o almeno tutti dovremmo farlo) lo spreco di cibo nelle scuole. Provando a tracciare una strada. Si chiamano Good Food Bag e La mensa che vorrei, lanciate rispettivamente da Legambiente e Cittadinanzattiva insieme a Slow Food ed Actionaid. A queste se ne aggiungono altre, ben raccontate da Orizzontescuola, che stanno facendo ciò che si sarebbe dovuto fare da tempo: proporre una soluzione per i prodotti avanzati dai pranzi che i bambini consumano a scuola.
Quanti sono i pasti scolastici
Basti pensare che secondo le stime di Cittadinanzattiva – di ufficiali, infatti, non ce ne sono – il 50% dei bambini sotto i 14 anni usufruisce della mensa e nell’arco del proprio ciclo obbligatorio d’istruzione consuma duemila pasti per ogni livello frequentato. Un giro d’affari pachidermico, dal valore di circa 1,3 miliardi di euro, quello dei 380 milioni di pranzi scolastici annui consumati in Italia (circa due milioni al giorno) per giunta spartito in buona parte da appena una quindicina di aziende.
La lotta allo spreco
Sono percorsi diversi indirizzati a un obiettivo comune. Quello di Legambiente punta alla consapevolezza contro lo spreco tramite l’azione concreta. Spinge infatti per l’adozione di un sacchetto individuale lavabile – la Good Food Bag – con cui portare a casa pane, budini, yogurt, grissini, muffin, merendine, cibi in vaschetta e frutta non consumati durante i pasti. E se nelle scuole le porzioni sono standard, nelle mense aziendali il problema esplode perché spesso tendiamo a mettere nel piatto troppo cibo. Per poi lasciarlo puntualmente sui vassoi. Non è un caso che il 14% dei rifiuti alimentari dell’intera filiera si produca proprio nella fase conclusiva. Nei refettori degli istituti quella percentuale raggiunge spesso il 50%. Per ciò che, paradossalmente, rimane in tavola. Anche Milano Ristorazione ha lanciato un’iniziativa simile con il sacchetto Salvamerenda: sono buste prodotte in Italia, lavabili, riutilizzabili e riciclabili.
Una doggy bag anche “scolastica”
Molte le realtà italiane che hanno iniziato a sperimentare questa sorta di sacrosanta doggy bag scolastica, da Mantova a Modena passando per Pavia, anche dove la prenotazione dei pasti effettuata dai genitori dovrebbe contribuire a limitare gli sprechi. Sempre Milano Ristorazione evita invece di inviare negli istituti i pasti degli alunni che risultino assenti, redistribuendoli in tempo reale alle associazioni di volontariato.
La mensa che vorrei
Cittadinanzattiva promuove infine il progetto La mensa che vorrei, un piano educativo fra Milano, Bergamo, Mantova e Pavia nato con un bando della fondazione Cariplo, del comune e della regione. Una cinquantina di scuole italiane e brasiliane per un programma di educazione e sensibilizzazione al diritto al cibo. In Brasile, specialmente nelle regioni semiaride del Nord-Est, il piano proverà a creare un collegamento fra i piccoli agricoltori e le mense scolastiche dell’area per migliorare, da un lato, la qualità dei cibi consumati dagli studenti e, dall’altro, garantire uno sbocco ai prodotti agricoli delle comunità locali.
Cibi: cosa piace e cosa no
Ma cosa sprecano di più bambini e ragazzi? In cima al cestino ci sono le verdure (23%) seguite da pasta (19%) e pane (16%). Fra i più amati c’è non a caso la stessa pastasciutta (36%, specie se al ragù o al pomodoro), poi la pizza (16%), la carne panata (13%), i bastoncini di pesce (12%) e le patate (fritte o arrosto, 11%). Sotto questo punto di vista, nessuna sorpresa.