Un social che non punta al coinvolgimento degli utenti ma alla loro libertà, limitata però a 100 post. L’obiettivo è farci trascorrere meno tempo online, per questo non ci sono followers, né amici da conquistare
Una rete sociale che funziona al contrario di quanto siamo abituati a pensare. Cioè all’opposto di Facebook, Twitter e tutte le altre piattaforme che hanno come unico scopo quello di farci trascorrere il maggior tempo possibile all’interno del rispettivo recinto virtuale tra like, commenti, letture, video, foto e file audio. Con continue notifiche a rubarci l’attenzione, quando siamo fuori dalla piazza digitale, per riportarci dentro e ripristinare il rimbalzo tra le attività di cui sopra. Ecco, immaginate tutto questo e dimenticatelo, perché Minus è il social network che, come lascia presagire il nome, al più preferisce il meno. Meno elementi, meno parole, meno interazioni, che si traducono in minor coinvolgimento. Si parla quando c’è qualcosa di importante da dire e non per condividere frasi a caso, perché le parole hanno un peso e quando si postano su Minus significa che ne restano sempre meno a disposizione.
100 post. E basta
Già, perché l’elemento caratterizzante della piattaforma è la quantità limitata di pubblicazioni che ogni account può lasciare ai posteri. Si possono condividere 100 post e basta. Finito lo spazio, il profilo resta ma inattivo, nel senso che non può fare più nulla. Anche perché non ci sono trucchi da scoprire o escogitare per allungarne la vita (e se cancelli un post non ne guadagni uno in più). La peculiarità lascia intuire la logica inversa al centro del progetto: non ci sono amicizie virtuali da stringere, né messaggi privati da spedire o ricevere, zero follower da inseguire e nessuna ossessiva ricerca (della piattaforma) e incetta di funzionalità per mantenerti online. Accedi, scrivi e condividi uno scatto o una clip se ha senso farlo, leggi eventualmente i pensieri altrui e le relative risposte, e poi ci si accomoda fuori. Senza l’attesa della risposta e la caccia al gradimento (o la disapprovazione, così da far scattare i consueti ping-pong tra fazioni).
Sintetico e semplice come il primo Twitter
A livello grafico Minus ricorda il Twitter delle origini, con un feed che mostra in cima i post più recenti, seguiti dalle repliche degli altri. Ma non ci sono simboli o elementi numerici a mostrare le statistiche del messaggio: senza retweet e like, perciò, si tende a leggere tutto, con più calma e minor focalizzazione su certi messaggi (quelli appunto con più cuoricini che tendono a catturare l’attenzione). L’unico numero che si rintraccia nei singoli testi è quello che indica quanti post rimangono prima di arrivare a zero. L’insieme di queste particolarità fanno capire come più che un social media, Minus è una provocazione, ideata da Ben Grosser, artista, studioso dei nuovi media e professore all’Università dell’Illinois, su richiesta della Arebyte Gallery di Londra per la mostra Software for Less, che analizza gli effetti culturali, sociali e politici del software sulla società.
Rovesciare le logiche dei social network
L’intenzione di Minus è offrire uno sguardo alternativo all’interazione ricercata dai canali social, mossi dalla continua crescita del business, cioè del profitto. Per tale scopo, spiega Grosser, queste piattaforme hanno promosso una operazione per cambiare il modo in cui pensiamo, convincendoci che il giudizio altrui su una persona sia strettamente intrecciata ai contenuti che si condividono sulle piattaforme. Mentre Facebook ripete da qualche tempo di voler sperimentare la rimozione dei like per i post al fine di valutare se si possa ridurre l’impatto degli effetti negativi sul benessere e sulla mente degli utenti, Grosser già nel 2012 ha creato Demetricator, una estensione del browser per eliminare il conteggio degli apprezzamenti ai messaggi condivisi su Facebook, proprio per osservare se il cambio producesse effetti differenti circa l’attesa e la rilevanza ascritta alle risposte e alle reazioni ai singoli post.
“Non c’è spazio per un social positivo per la società”
Guardando invece ai primi passi di Minus, gli iscritti hanno condiviso molti argomenti diversi e leggeri, con poco spazio riservato alla politica e ancora meno ai troll, marginali in virtù dei mancati accorgimenti grafici che catalizzano l’attenzione e assicurano riconoscimenti in termini di coinvolgimento degli utenti. In sostanza, chiosa Grosser: “Non c’è spazio per la polarizzazione”. Difficile immaginare quanto possa durare il progetto, perché per dirla con le parole del suo artefice “non so se c’è possibilità di avere un social network buono per la società all’interno di un sistema capitalista”, tuttavia la capacità di rovesciare le prerogative dominanti hanno già assicurato una certa visibilità al progetto Minus. Ora bisogna vedere se la riflessione che ci costringe a fare sia in grado di contribuire a rivedere quelle stesse prerogative.