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Scaricarsi la coscienza nascondendosi dietro parole vuote. Algoritmi che assurgono al ruolo di demiurgo. Tanto la colpa è tutta della tecnologia: un modo per non ammettere che siamo noi, online, a pensare e scrivere certe cose
Chiedo scusa a Michele Mari per aver indegnamente utilizzato il titolo di un suo bellissimo romanzo ma, guardando le notizie di questa mattina, mi sono accorto che la pigrizia giornalistica ha partorito una nuova Bestia, dopo quella ormai assunta ad animale mitologico della Bestia di Matteo Salvini. Vale a dire quella misteriosa tecnologia, ignota ai più ma efficientissima e pervasiva, segreta ma avvolgente, basata su geniali stringe di codice altresì dette “algoritmo” che hanno consentito – se crediamo ai giornali e a una certa agiografia da addetti ai lavori – l’ascesa e il dominio digitale di Matteo Salvini.
La bestia di Salvini è da sempre quasi esclusivamente una scorciatoia culturale. Una singola parola di grande effetto che sebbene non significhi nulla in termini fattuali (non esiste alcuna Bestia ma solo usuali pratiche di marketing politico spregiudicate e insistite) è utilissima per chiarire e sintetizzare un punto. E il punto è che esisterà sempre qualcuno che, abbastanza sapiente da poterci prendere in giro, ci farà fare quello che parrà a lui e togliendoci da ogni impiccio.
Non che si tratti di una grande novità, del potere seducente della Bestia se ne trova tracce già nell’Odissea quando Ulisse protegge con la cera nelle orecchie il suo equipaggio dai canti delle Sirene: ma la Bestia digitale mostra ulteriori nuove caratteristiche. Per esempio associa alla tecnologia un potere distruttivo contro il quale nulla sarà possibile. La banalità e la pigrizia giornalistica faranno il resto.
© fonte: Wikipedia
La Bestia ovviamente spiega molte cose e molte di queste sono funzionali alla propria esistenza, anche se lei placidamente non esiste, o meglio esiste ma resta confinata dentro la vastità dei sentimenti umani. La Bestia è un business (quindi anch’io potrò valermene?), è un discrimine fra chi sa e chi, non sapendo, ne è vittima: la Bestia è soprattutto un alibi ben confezionato dentro un processo di intestazione di responsabilità che gli ambienti digitali conoscono ormai piuttosto bene. Se esiste la Bestia non saremo noi ad essere talvolta violenti, maligni e miserabili: sarà l’algoritmo ad intestarsi tutto questo.
Così oggi ho letto che anche Matteo Renzi, alla disperata ricerca di nuove attenzioni e maggior visibilità, avrebbe infine approntato la propria Bestia. Un sistema raffinato, ignoto ai più, di indirizzo delle nostre idee e dei nostri pensieri. Di Bestia in Bestia, in ossequio al pensiero tranquillizzante secondo il quale la colpa delle nostre miserie sarà sempre di qualcun altro.