In collaborazione con |
Il caro vecchio pezzo di carta, per giustificare i propri spostamenti. L’Italia: il paese del sole, del mare e della burocrazia
Per causa di un mio privatissimo vizio mentale la questione che mi colpisce di più nelle cronache della crisi Coronavirus in Italia in questi giorni è il documento di autocertificazione in formato PDF che consente ai cittadini di spostarsi dal punto A al punto B. Si tratta di un documento elegante, che le stampanti dell’intera nazione stanno riproducendo in grande quantità. Tutti i siti web informativi forniscono un utile link per scaricarlo. Il font è elegante: in alto, in corsivo, campeggia la scritta “Ministero dell’Interno” – dipartimento della pubblica sicurezza.
Siamo nel 2020 ma è come fossimo nel secolo scorso. Lo stato produce carta, inchiostro e burocrazia, inchioda il cittadino alle proprie responsabilità mediante un sistema complesso e arzigogolato, dall’efficienza discutibile. Non siamo alla certificazione dell’esistenza in vita ma poco ci manca. Chi archivierà simili pezzi di carta? Chi ne controllerà la veridicità?
La burocrazia, come è noto, utilizza categorie di pensiero che sono incompatibili con la logica comune. La questione – dal suo punto di vista – non è tanto se una firma o un documento richiesto serva o non serva, se centuplichi dati disponibili ovunque, anche a solo un millimetro di distanza, ma imporre una prassi: dire che si fa così perché così dice la legge. Nel caso del nostro modulo di autocertificazione per spostarsi dal punto A al punto B la legge è “Artt 46 e 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000, N. 445”.
Le fallacie del documento in questione sono inevitabilmente numerose, ma non è questo il punto che mi colpisce. Mi colpisce che dopo vent’anni dall’inizio del secolo i cittadini debbano andare in giro con un pezzo di carta in tasca e che chi li controlla debba mettere una firma su quel pezzo di carta. E quel pezzo di carta nel giro di pochissimo finirà comunque dentro un bidone della spazzatura (speriamo differenziata).
Si dice sempre: bastava una app. Tutti hanno un cellulare in tasca, bastava una app, al limite anche solo in mano all’agente di polizia che ci ferma e ci domanda dove stiamo andando. Invece la logica imperante resta quella del burocrate e la sensazione è che di una simile logica non ce ne libereremo mai, che tutto resterà così per sempre. In una conversazione fra avvocati esperti di diritto e digitale leggo piccoli segni di speranza: “e menomale che non ci hanno messo la marca da bollo”.
Nicolas Poussin – La peste di Azoth
© Fonte: Wikipedia