Dopo essere uscito su Switch, il simulatore agricolo nipponico arriva ora sulle console Sony
Ben prima che l’attività di crafting diventasse una mania, una costante in qualsiasi videogame, indipendentemente dal genere, ce ne era già uno che la sfruttava abbondantemente: Harvest Moon. Sapete com’è finita: per via di una disputa sui diritti tra editore e sviluppatori, la serie si è scissa in due e questo ha dato origine a Story of Seasons, sviluppata dal medesimo team e appoggiata alle medesime regole di gioco. E quest’ultimo capitolo, STORY OF SEASONS Pioneers of Olive Town, uscito poco più di un anno fa in esclusiva temporanea su Nintendo Switch (letta la nostra recensione?) e ora disponibile anche per console Sony, non fa eccezione.
STORY OF SEASONS Pioneers of Olive Town, la recensione della versione PS4
Squadra che vince non si cambia, recita il detto. E in effetti non si capisce perché i ragazzi di Marvelous, coadiuvati dal team Three Rings Design (purtroppo nel mentre ha chiuso), dopo 26 anni di episodi sostanzialmente identici avrebbero dovuto cambiare la sostanza. E infatti quest’ultimo capitolo ben si guarda dal toccare alcunché, riproponendo ancora una volta quel mix tra gestionale agricolo e simulatore di appuntamenti che ha saputo coagulare attorno a sé una discreta cerchia di appassionati.
Ancora una volta, dunque, si parte da una fattoria malandata, ereditata dal proprio nonnino, che ci ripaga delle mancate visite lasciandoci quattro assi marce tenute assieme da chiodi arrugginiti, forse nella speranza che ci prendiamo il tetano. Il nostro / la nostra alter ego viene dalla città e ovviamente non ha la minima idea di come si rimetta in sesto una fattoria. Le prime ore servono perciò da tutorial: gli strumenti ci vengono presentati a poco a poco e subito dobbiamo prendere confidenza con l’arte del crafting, perché per restaurare stalle, pollai, silos e quant’altro servono dosi industriali di pietro, minerali e legname. E dopo che li avremo restaurati dovremo potenziarli, in una spirale migliorativa che non pare aver fine.
Tutto qui? Ovviamente no, o avremmo per le mani un gestionale classico, magari sviluppato in Europa o negli USA e non un titolo nipponico fin nel midollo. Anche STORY OF SEASONS Pioneers of Olive Town, difatti, al pari dei precedenti, affianca alla vita nei campi quella nella vicina cittadina, con una lunga serie di ricorrenze (il gioco, un po’ come Animal Crossing si basa sullo scorrere del tempo, con la sola differenza che qui non esistono mesi, ma solo le quattro stagioni, ciascuna composta da trenta giornate di una decina di minuti e, quando non si gioca, tutto resta immobile). Le ricorrenze da un lato permettono di prendere parte a diversi minigiochi (la gara tra cani, la pesca, la raccolta dei funghi…) utili a spezzare la routine quotidiana del contadino, ma dall’altro consentono di fare la conoscenza con le tipe (o i tizi) che vivono nel borgo, corteggiarle/i e convolare a giuste nozze.
Insomma, la formula è quanto mai classica: nel caso in cui abbiate giocato ai primi capitoli per SNES e Game Boy noterete come, nonostante le due decadi e mezzo, non sia variata di una virgola (con l’eccezione di alcuni dettagli secondari, come per esempio il fatto che le lunghe piogge possono ora trasformare un terreno in una zona paludosa). Nel bene e nel male, STORY OF SEASONS Pioneers of Olive Town conserva pregi e difetti che hanno caratterizzato i tanti capitoli usciti finora e, tra i difetti, non possiamo non annoverare un gameplay talvolta un po’ grezzo, la classica insipienza dei PNG cui si aggiunge la semplicità della fase del corteggiamento, destinata ad andare a buon fine quando si scopre cosa piace alla nostra preda, così da regalarglielo a ripetizione, quali sono i posti in cui si rifugia e quando compie gli anni.
Come negli altri capitoli, anche in STORY OF SEASONS Pioneers of Olive Town non è sempre facile trovare lo stimolo per andare avanti, dal momento che le giornate si susseguono tutte uguali, le azioni anche e così i discorsi coi PNG, che non raggiungono mai le vette folli, ma comunque poetiche, degli animaletti di Animal Crossing, pur essendo il più delle volte caratterizzati in modo decente. Quindi, ancora una volta, è un gioco che o lo si ama o lo si odia, ma non fa nulla per farsi odiare e spesso sembra quasi spingerci verso l’odio. Noi comunque non demordiamo.