Niall Ferguson insegna a Stanford e ce l’ha a morte con il social network cinese
«Ho passato mezz’ora a cercare di dare un senso al flusso infinito di video di persone comuni che fanno cose stupide con i loro cani, nelle loro cucine o in palestra». Quante volte abbiano sentito parlare di TikTok in questa maniera? Video demenziali, musichette e scherzi sciocchi. Questa volta, però, a scomodarsi per puntare il dito contro il social network cinese è stato Niall Ferguson, storico britannico e docente a Stanford, che in un articolo pubblicato su Bloomberg si è messo in cattedra per spiegare il legame tra TikTok e l’umiliazione cinese subita tra Ottocento e Novecento fino all’arrivo di Mao. Secondo l’esperto, TikTok sarebbe «l’oppio, il fentanyl digital» che l’impero asiatico userebbe per sedurre i nostri giovani.
Leggi anche:Â TikTok flirta con gli USA. Fondo da 200 milioni per il reddito da influencer
Ha parlato il professorone
Per quanto ben informata, la critica a TikTok da parte dello storico Ferguson non è molto originale. Seguiamone il ragionamento espresso nell’articolo: dal momento che le persone amano di più le immagini alle parole, e più di ogni altra cosa preferiscono i contenuti commoventi, ecco che il social network di Pechino offre la possibilità di montare video con grande facilità . «Tradotto – la sua brillante conclusione – perfino gli idioti sanno usarlo».
Leggi anche: Covid 19 | Plandemic: perché è fake il servizio sul virus fatto in laboratorio
La sfuriata di Ferguson contro TikTok forse si perderà nel baccano che si è creato attorno al social network. Negli Stati Uniti il Presidente Trump ha lasciato poche settimane di tempo a ByteDance, la società proprietaria, per venderlo se non vuole essere escluso dal mercato USA. Stesso discorso per WeChat, altra app fondamentale per i cinesi che vivono e lavorano in patria e all’estero. La guerra tech tra Washington e Pechino sarà centrale nella campagna elettorale per le elezioni del 3 novembre.
La sparata finale
Oltre a TikTok, Ferguson ha preso una posizione complessiva sul mondo dei social network. Parole di fuoco sono state usate anche contro Facebook, la cui potente influenza non minerebbe soltanto la sfera pubblica americana, ma la sua stessa democrazia. Parole già sentite, soprattutto dopo gli scandali di Cambridge Analytica e le falle sulla privacy. Prendendo a prestito una citazione del filosofo Debray – «C’è più potere nella musica rock, nei video, nei blue jeans, nei fast food, nelle reti di notizie e nei satelliti televisivi che in tutta l’Armata Rossa» – Ferguson ha infine lanciato il suo presagio. Tenetevi forti: «Gli storici del futuro si meraviglieranno del fatto che non abbiamo dato ai nostri ragazzi cocaina, ma TikTok».