Leonard Menchiari e la startup polacca Flying Wild Hog Rzesz propongono un’avventura dall’alto sapore cinematografico, finalmente disponibile pure su Switch
Per sviluppare la versione videoludica di un film di Kurosawa ci voleva un regista e per sua fortuna Trek to Yomi ha alle proprie spalle chi di cinema se ne intende: Leonard Menchiari che ha lavorato gomito a gomito coi ragazzi del team polacco Flying Wild Hog Rzeszów. Il risultato è un titolo che vi lascerà un segno (di katana) ben impresso nell’animo.
Trek to Yomi, la via (infernale) del samurai
Uscito da diversi mesi sulle console più potenti e finalmente pronto al debutto su Nintendo Switch, Trek to Yomi è un viaggio nel Giappone d’epoca feudale, tra le pagine della storia. Si controlla nientemeno che un samurai, Hiroki, la cui storia, proprio come ci si aspetterebbe, è intrisa di dolore, rabbia, disperazione e voglia di vendicarsi.
Chiara, del resto, la volontà da parte degli autori di mandare in scena qualcosa che somigli alle opere di Akira Kurosawa, sebbene l’opera si prenda la libertà di battere altre strade, indagando nel mondo dei morti e portandoci al confronto diretto con creature sovrannaturali. Trek to Yomi è comunque un’avventura a scorrimento orizzontale dominata da un sapiente uso della regia e della fotografia che ben si sposano con lo stile grafico adottato, fatto di silhouette che si stagliano su fondali in bianco e nero, capaci di regalare l’impressione di girovagare per un mondo assai più ampio di quanto non consenta lo scrolling da sinistra a destra.
In realtà i livelli offrono diversi bivi inattesi che permettono di prendere parte ad alcune side quest (utili ad apprendere nuove mosse offensive e difensive) e di scovare, il più delle volte casualmente, diversi oggetti nascosti.
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A tal proposito irrita parecchio che la loro struttura non permetta di ritornare in zone già visitate: molto spesso non si ha modo di comprendere quale sentiero conduca a una zona secondaria, con bonus da raccogliere e quale porti all’avanzamento della storia, con la spada di Damocle che una cut scene o un salvataggio automatico vi impediscano di tornare indietro per raccogliere ciò che è stato saltato.
Regala qualche soddisfazione in più il sistema di combattimento, soprattutto nelle coreografie, degne del teatro kabuki, tra attacchi leggeri, pesanti e parate dal sapore ipnotico, praticamente una danza letale. Tutto si regge naturalmente sulla lama della nostra katana, ma all’occorrenza è possibile sfoderare armi secondarie a lunga gittata come Bo-shuriken e l’Ozutsu.
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La versione Switch di Trek to Yomi, benché tecnicamente regga bene il porting, mostra il fianco alle bordate dei detrattori soprattutto se giocato in mobilità: troppo spesso le sagome nere dei nemici finiscono col confondersi con i fondali, specie se si gioca in ambienti eccessivamente illuminati, costringendo il giocatore a menar fendenti a caso. Ma a prescindere da questo aspetto, è una fortuna che questo titolo così carismatico e pregno di atmosfera sia giunto anche sui lidi Nintendo.