Il nuovo smartphone di casa Google è un prodotto nuovo sotto molti punti di vista. Quali sono i punti di forza del nuovo corso Pixel?
Se guardate il Pixel 6, state sicuri che non assomiglia a nessun altro smartphone: la scelta di Google di optare per un completo redesign dell’estetica dei suo smartphone, dopo che per un paio di generazioni era rimasta abbastanza simile, dice parecchio sulle intenzioni dell’azienda di Mountain View. L’altra faccia della medaglia è quanto c’è sotto il cofano: un nuovo chip equipaggia la linea Pixel 6, sviluppato da Google stessa per sfruttare al massimo tutte quelle funzioni che fino a oggi hanno da sempre contraddistinto i suoi smartphone. La vera domanda a cui rispondere, però, è: a questo punto siamo davanti al Pixel davvero maturo al 100 per cento? La risposta potrebbe sorprendere.
Una gobba importante
Per racchiudere le fotocamere sul posteriore, Google ha optato per una soluzione ambiziosa: mentre gli altri cercando di dissimulare il più possibile la necessità di montare lenti sempre più ingombranti per sensori sempre più ampi, i designer di Mountain View si devono essere detti “ma perché non farne un vanto?”. Ecco dunque vedere la luce un blocco fotocamera davvero originale, una sorta di gobba che si allarga sul posteriore e che racchiude tutti assieme i sensori (compreso il modulo periscopico sul Pixel 6 Pro in prova): è una soluzione estetica che può piacere o non piacere, ma che ha un indubbio vantaggio nel fatto che quando appoggerete il vostro smartphone sul tavolo non soffrirà di fastidiosi traballamenti.
Risolto l’annoso problema dei telefoni con la scoliosi, c’era da decidere pure quali materiali scegliere: da questo punto di vista, il Pixel 5 da noi mai arrivato era sembrato un mezzo passo indietro, avendo optato per una costruzione più economica rispetto alle scelte fatte con il Pixel 4. Con il Pixel 6 c’è un’altra inversione di marcia: l’intero corpo dello smartphone è realizzato in vetro, con inserti di metallo nella cornice e un risultato davvero notevole in termini di estetica. In particolare, il grigio sicurissimo del modello in prova è davvero molto elegante: peccato che soffra un po’ sotto il profilo delle impronte, è facile lasciarne impugnandolo – problema che ovviamente è superato se utilizzerete una cover, che però non viene fornita in confezione.
Altro aspetto da tenere in considerazione sono naturalmente le dimensioni: mentre il Pixel 6 è, numeri alla mano, un dispositivo tutto sommato gestibile con il suo schermo da 6,4 pollici, il Pixel 6 Pro è davvero un “gran telefono”. Letteralmente. La diagonale dello schermo da 6,7 pollici è parecchio impegnativa da gestire: niente che non abbiamo già visto altrove, si intende, ma il peso è la finitura in vetro lucido sembrano dare a questo dispositivo un’aria ancora più imponente di quanto non sia poi confrontato con la concorrenza. Di contro, va detto, a grandi diagonali corrispondono ovviamente prestazioni multimediali decisamente convincenti anche grazie all’ottimo schermo (AMOLED LTPO con refresh dinamico fino a 120Hz) montato.
Sul frontale, resta il problema comune a tutti i dispositivi in commercio: che cosa ti puoi inventare, visto che l’utente non chiede altro che massimizzare lo schermo, minimizzare le cornici e se possibile anche nascondere la selfie-camera? Poco o niente: dunque ecco un frontale ben fatto, in Gorilla Glass Victus come il posteriore (ma decisamente meno prono a raccogliere le ditate: si vede ha ricevuto un trattamento chimico differente) e con la fotocamera frontale inserita in un piccolo forellino in alto e al centro del display. Il resto è un audio stereo di buona qualità, e un lettore di impronte nascosto sotto il display che tutto sommato funziona in modo più che adeguato (è lento, soprattutto rispetto ad alcuni concorrenti). Ah, naturalmente siamo davanti a un dispositivo certificato IP68.
Il motore si chiama Google Tensor
Non ce lo nascondiamo: quando Google ha annunciato il nuovo Pixel 6, tutti gli addetti ai lavori sono rimasti sorpresi dal lancio anche di un nuovo SoC realizzato da Google stessa e denominato Google Tensor. Non che non ci fossero state voci al riguardo nei mesi precedenti, ma si tratta di una scommessa non da poco: a Mountain View provano a replicare il percorso fatto a Cupertino, ma va anche detto che all’azienda della Mela c’è voluta qualche generazione per tirare fuori dal laboratorio un processore davvero completo sotto ogni punto di vista. Google senz’altro parte avvantaggiata, visto che ha potuto farsi un’idea precisa su cosa fare guardando alla concorrenza: il risultato è senz’altro interessante, ma forse sconta qualche difetto di gioventù.
Sulla carta è un ottimo SoC: octa-core, GPU Mali-G78 e a corredo 12 gigabyte di RAM che non guastano. Il processo produttivo dichiarato è da 5nm: non vi dirà molto, ma sappiate che parliamo di tecnologia allo stato dell’arte e di una premessa importante per far pensare che i Tensor siano processori efficienti e con un consumo contenuto. Quando si accende il telefono non si registrano rallentamenti: un buon punto di partenza, solo marginalmente oscurato da un po’ di surriscaldamento dello chassis quando si chiede qualcosa di più in termini di potenza (girare un video 4K, installare grandi quantità di app ecc). Si tratta pur sempre della prima generazione, già si cominciano a diffondere le voci sulla seconda: comunque niente per cui fasciarsi la testa.
Il resto del comparto tecnico è di più difficile analisi. Prendiamo la fotocamera, tripla, del posteriore: 50 megapixel stabilizzato f/1.9 per la principale, 12 megapixel f/2.2 per la grandangolare, 48 megapixel f/3.5 per il tele 4x. Sulla carta ci siamo, sono i numeri giusti: guardando a quali sensori sono montati, invece, si storce un po’ il naso perché le altre ammiraglie ci hanno ormai abituato a disporre dell’ultima infornata di sensori e sigle in circolazione, mentre Google decide di puntare su usato sicuro e installare dei moduli ormai un po’ troppo collaudati di Samsung e Sony. Poco male, sempre che rimanga inalterato l’approccio Pixel: la differenza deve farla il software. Vedremo come è andata questa volta.
Infine, da segnalare che il dispositivo è dotato di una comoda porta USB-C 3.1, ma non dispone ormai da tempo di jack per le cuffie. La batteria integrata è da 5.000mAh: un valore sulla carta niente male, ma che deve scontare un consumo che a volte ci è parso eccessivo (ma dovrebbe migliorare col tempo). In realtà, forse il reale problema è che non sempre questo aspetto è parso costante: a volte il Pixel sembra consumare un po’ troppo, a volte invece stupisce con consumi (soprattutto se non lo usate e lo lasciate in standby) davvero ridotti all’osso. La ricarica con il cavo da 30W aiuta a cavarsi d’impaccio (ma dovrete comprare il caricabatterie a parte): forse questa è una di quelle parti del Pixel che s’andrà a stabilizzare e migliorare con l’uso, quando il telefono avrà appreso in modo costante le nostre abitudini.
Ma scatta le foto da Pixel?
La storia della linea Google Pixel non è sempre stata molto lineare in termini di obiettivi di sviluppo e priorità assegnate all’hardware: da Mountain View ci hanno mandato segnali ambigui, generazione dopo generazione, su quali fossero i punti di forza del progetto e quale fosse la filosofia che guidava lo sviluppo. Abbiamo visto Pixel con un solo sensore fotografico, poi due ma niente zoom, poi siamo approdati a questo Pixel 6 Pro che invece abbraccia tutto: impossibile non rimanere almeno un po’ spiazzati, viene da chiedersi quanto ci fosse di reale nelle filosofie professare in passato e quanto invece non fosse questione di qualche limite nella capacità del team di portare avanti uno sviluppo complesso su più fronti.
In ogni caso, la fotocamera del Pixel è sempre stata prima di tutto una questione software: quest’anno la musica non cambia, ed è fondamentale verificare che sia davvero così visto che come abbiamo detto poc’anzi i sensori montati non sono all’ultimo grido. Possiamo senz’altro dire che, da questo punto di vista, Google non tradisce la tradizione: si vede nelle foto scattate con Pixel 6 Pro decisamente il contributo dell’elaborazione digitale dello scatto, con importanti ricadute in termini di pulizia dell’immagine e di qualità complessiva. Senza contare divertenti effetti di post-produzione che permettono di correggere le immagini eliminando un oggetto indesiderato o generando un panning (l’effetto dello sfondo che si muove nelle foto sportive) quasi da professonista.
Qualche crepa in questo muro però la si intravede. Innanzi tutto nella coerenza cromatica tra i diversi sensori, meno curata che in altri casi, è nella resa alla sera che inevitabilmente risente un po’ delle scelte hardware sui sensori diversi dal principale. Niente di tragico, parliamoci chiaro: ma la differenza c’è, è giusto segnalarla sia tra i diversi sensori montati, sia tra questi e quelli della concorrenza. L’esperienza resta comunque soddisfacente, molto belli i video 4K girati col sensore principale e semplice da usare il software della fotocamera. Cos’altro chiedere a uno smartphone?
Quanto costa il Pixel 6 è quale acquistare
Scegliere quale smartphone acquistare è un processo con molte variabili in gioco: decidere di optare per il mondo Android fa parte dell’equazione, ma è una decisione che apre anche la porta a un catalogo sconfinato di marchi e modelli molto diversi tra cui selezionare. Con il lancio della linea Pixel, Google ha voluto qualche anno fa mettere le cose in chiaro: questa, dicono a Mountain View, è l’esperienza di base a cui dovrete abituarvi, tutto il resto deve garantire almeno queste stesse capacità e questa qualità. Bisogna aggiungere che all’inizio tutto ciò si traduceva in un sistema operativo abbastanza anonimo, che tuttavia questa volta sembra aver finalmente raggiunto un certo grado di maturazione e di personalità che gli permettano di spiccare tra la sterminata selva di Android in circolazione.
Delle prestazioni di questo Pixel 6 Pro abbiamo detto già tutto o quasi: non ci sono particolari punti deboli da segnalare, ma non c’è neppure quella funzionalità eccezionale che faccia dire “questo è lo smartphone da non perdere quest’anno”. E va pure detto che Google, per ragioni ancora non del tutto chiare, ha pure deciso di lanciare da noi questo smartphone parecchi mesi dopo il suo debutto ufficiale altrove. Dunque, dovendo tirare le somme cosa possiamo dire a proposito del Pixel 6 Pro?
Senz’altro abbiamo davanti un terminale ambizioso: processore fatto in casa, un’interfaccia Android 12 decisamente originale e molto diversa da quanto vista altrove, un design originale. Ci sono tanti piccoli dettagli da apprezzare: finalmente alcune funzioni che fin qui erano solo in lingua inglese, come la trascrizione automatica del parlato, sono disponibili per molte altre lingue tra cui l’italiano, così come il software fotografico è sempre ben fatto e gli scatti sono subito identificabili come quelli di un Pixel. Meno raffinata è ancora, forse, la gestione dell’energia: altrove troviamo autonomie solide, che permettono sempre di arrivare a fine giornata senza particolari pensieri, e sistemi di ricarica ultra-rapida che sono davvero impressionanti.
Dalla sua, Google ha un’arma non da poco: il prezzo. Di listino il Pixel 6 Pro costa 899 euro, che sono diverse decine o centinaia di euro meno della concorrenza con cui punta a misurarsi. Ancora più intrigante il Pixel 6, che con 649 euro è praticamente lo stesso smartphone (ok, lo schermo non è super come il fratello maggiore: ma l’autonomia sembra essere superiore) ma a un prezzo ancora più interessante. Se a questo sommate 3 anni di aggiornamenti ufficiali offerti da Google, più 5 di aggiornamenti di sicurezza, abbiamo un terminale con un supporto nel tempo pari soltanto a quello degli iPhone di Apple. Il problema semmai è trovarlo: al momento sul sito ufficiale di Google risultano esauriti entrambi i modelli, ma soprattutto del Pixel 6 si trovano in circolazione interessanti offerte con un prezzo su strada ancora più allettante.
Un po’ come avviene con gli iPhone, dei Pixel ormai o ci si innamora o si finisce per detestarli: si tratta senza dubbio di un risultato significativo per Google, significa essere riuscita a caratterizzare in modo deciso la propria offerta e averla resa riconoscibile per il pubblico. Il passo fatto in termini di design è hardware rende senz’altro ancor più chiaro dove andrà la serie Pixel nei prossimi anni: per il momento ci ha consegnato un Pixel 6 Pro che è senz’altro un terminale notevole, pur con qualche limite legato ad alcune scelte che sta al singolo utente mettere sul piatto della bilancia per valutare se siano in tutto e per tutto compensate dalle doti di questo smartphone.