Storia di Roberto Aiello, l’italiano esperto di open innovation che fa consulenze hitech a Disney e Google
Consulente hitech per Google, Disney. Fisico, startupper che ha saputo raccogliere centinaia di milioni di dollari. L’innovazione è nel DNA di Roberto Aiello, triestino, partito 20 anni fa alla scoperta dell’America. Laurea in fisica in tasca, lascia casa, famiglia e amici, per lavorare al Superconduting Super Collider in Texas, un gigantesco acceleratore di particelle, più grande persino del Cern. Poi la sua vita prende una strada diversa, la collaborazione con Paul Allen (fondatore di Microsoft) gli apre il mondo delle startup: ne fonda tre per poi diventare consulente ed oggi esperto di open innovation. Lo abbiamo incontrato su Skype, ci racconta la sua storia.
Lascia la Big Science per le startup
«Quando sono arrivato in America in Silicon Valley stava succedendo di tutto. Nasceva Netscape, Google avrebbe poi mosso poi i primi passi» esordisce Roberto. Il Superconduting dove inizia la sua carriera in USA chiude per mancanza di fondi. Poco male per lui che si avvicina al mondo dell’industria e cambia la sua vita. La prima tappa di quella che è una straordinaria carriera è l’Interval Research, laboratorio hitech a Palo Alto di Paul Allen dove un team con competenze eterogenee lavora alla creazione di nuovi prodotti: «C’erano ingegneri, artisti, musicisti, scienziati. Lì si è scritta la storia di molta della tecnologia che sarebbe arrivata poi. Lavoravamo sul wifi, sulle prime forme di tecnologia indossabile, su come connettere sensori al corpo. Un altro progetto era sulla possibilità di registrare la vita di un uomo facendogli indossare una telecamera. Ed eravamo ancora negli anni novanta» racconta. A Interval Research si occupa soprattutto di ricerche nel campo della ultra wideband (banda ultra larga), una tecnica di trasmissione che trasmette e riceve segnali mediante impulsi di energia a radiofrequenza: «Era un po’ una rivoluzione usare basse energia e grandi frequenze. Per la ricerca bisognava convincere la Federal Communication Commission (l’agenzia governativa delle telecomunicazioni) a cederci una grossa frequenza (7.500 MHz)». Alla fine riesce nell’impresa e getta le basi per quella che è la sua prima startup, Fantasma Networks.
Crea le prime reti wireless per uso domestico
Fantasma nasce come spinoff del laboratorio di Allen. Roberto porta in azienda il suo team. Due anni, un finanziamento di 10 milioni di dollari (anche Intel tra i venture che ci scommettono). Poi decide di venderla per iniziare una nuova avventura. Questa volta il business è più grosso. La startup si chiama Staccato Communications: 75 milioni di dollari raccolti, collaborazioni con Sony, Panasonic, Sharp, per creare il wifi del futuro: inventano uno standard per trasformare qualsiasi connessione USB in radio con la banda ultralarga. E sviluppano nuovi modi per fare wireless:
«Ero uno scienziato senza alcuna esperienza alla guida di un’azienda. All’inizio, quando crei una startup serve soprattutto qualcuno che sa come costruire un prodotto. Poi è fondamentale avere un coach. Il board degli investitori serve a questo perché dopo una prima fase la figura di qualcuno che mastica business diventa necessaria. Come ho fatto? Solo due regole. Mi sono circondato di gente brava e ho iniziato a sbagliare, tanti errori per imparare».
Quando diventa advisor hitech di Disney e poi Google
«Un buon innovatore nel campo della ricerca sa risolvere un problema. Un talento trova nuovi problemi da risolvere» spiega Roberto che si prende una pausa dalla guida della sua startup. Nel frattempo, lo chiama Disney. Qui contribuisce a un progetto, si chiama Electrostatic Vibration: «Toccavi il vetro di uno dispositivo e sentivi la sensazione di aver toccato un tessuto. Questo in sostanza era il progetto del gruppo di lavoro che oggi viene usato all’interno dei parchi di divertimento della multinazionale» racconta Roberto.
Intanto la sua fama in Silicon Valley cresce, prima di diventare advisor di Google, lavora su un altro progetto da Ceo, Rally Cause (piattaforma per connettere consumatori e business locali sul mobile, che non ha molta fortuna) e diventa uno dei mentor più apprezzati dello Startup Weekend. A Google ci arriva nel maggio del 2014 e ancora oggi lavora al Project Soli: «Stiamo creando una tecnologia che usando il radar permette di controllare device (come smartwatch, smartphone…, tablet) senza toccarli, l’oggetto riconosce il movimento delle dita ed esegue la volontà dell’utente» spiega Roberto.
Esperto di open innovation, questi consigli per chi fa startup
«L’errore più grave di uno startupper, l’ho commesso anche io agli inizi, è di aspettare troppo prima di lanciare un prodotto. Gli unici che possono dirti se un’idea è valida o meno sono i consumatori. Non siamo noi al centro del mercato, ma i “consumer” e molti startupper pensano già di sapere quello che la gente vuole e partono da una strada sbagliata. La priorità non è mai la soluzione, ma identificare il problema che vai a risolvere» consiglia Roberto che oggi è manager di un gruppo di lavoro che si occupa di open innovation all’interno di Itron.
Multinazionale con sedi in 100 Paesi che dal 1977 aiuta le aziende di distribuzione a misurare, gestire e analizzare i consumi di energia e di acqua: «Non è facile convincere un’azienda a fare innovazione al suo interno. A parole vogliono farlo tutti, ma hanno paura di investire in qualcosa che non ha dei guadagni immediati. In questo, tuttavia, c’è anche una responsabilità di chi si propone (il ricercatore o lo startupper).
Spesso chiedono cifre iniziale che spaventano quando la chiave è partire sempre con poco. Sono entrato in Itron con un piccolo team, poi passo dopo passo siamo diventati in 30. Gli investimenti sono graduali, per ogni nuovo progetti si allocano nuove risorse e budget. È proprio come avviare un business. Se parti con tanto e subito rischi di bruciarti. Qui in Itron stiamo sviluppando un modello di lavoro e vorrei portare il team anche in altre aziende» conclude.