Mentre si conclude il Food Innovation Program, primo master sugli elementi disruptive del food, sta partendo un Future Food Accelerator. Molto verticale. Che si occuperà di tutto, dal food retail al packaging
Creare una nuova generazione di imprenditori del food, capaci di portare innovazione in un futuro quanto mai prossimo. È l’idea del Food Innovation Program, master organizzato dal Future Food Institute, Institute For the Future di Palo Alto e dal Dipartimento di Scienze e Metodi dell’Ingegneria di Reggio Emilia. Oggi, nel capoluogo emiliano, al Palazzo dei Musei, si terrà la cerimonia di chiusura. Verranno presentate le 4 challenges, con le quali i fippers, coloro che han preso parte al master, si sono misurati. Due lanciate da Barilla, una da Alce Nero, la quarta concretizzatasi in WikiExpo, l’enorme database di paper e documenti prodotti durante Expo. Gli studenti potranno presentare così i loro progetti. «Questa prima edizione ha avuto molto successo: inizialmente pensavamo di rendere il master biennale, ma vista la mole di richieste d’iscrizione, la prossima edizione inizierà il prossimo settembre»: così Sara Roversi, executive director del FIP, commenta i risultati raggiunti.
I seeds of disruption: la base
Molti gli ingredienti per questo successo. Uno è sicuramente la mappa dei seeds of disruption, elaborata dall’Institute For The Future. Nato cinquant’anni fa a San Francisco, l’istituto si occupa di foresighting, di individuare cioè i trend futuri di ogni settore, food compreso. La mappa monitora from farm to fork tutte le innovazioni che avranno impatto nel mercato globale. «La mappa ha ispirato l’intero corso di studi» continua la dottoressa Roversi «sono intervenuti professori da tutto il mondo, che hanno fatto degli elementi disruptive la loro materia di studio». Nella seconda parte del corso i fippers hanno imparato, sul campo, tutto ciò che può servire a giovani imprenditori, come fare un pitch o confrontarsi con angels e investors. La terza parte era invece incentrata sul design thinking.
I risultati del master
«Le scelte fatte in fase di selezione ci stanno ripagando». Alla call, estremamente specifica, hanno infatti risposto ragazzi di tutto il mondo. Ne è nata una classe di venti studenti provenienti da tredici differenti Paesi. Un team multiculturale dunque, ma anche multidisciplinare: laureati in agroeconomia, scienze politiche, ingegneria, international business. Questo ha portato a una certa ricchezza dei progetti, in termini di lavorazione, valore e contenuto dei progetti. Il risultato sono alcune startup nate proprio durante il corso di studi, che già si stanno facendo notare. Una di esse è FeatApp, nata da un’idea di una delle studentesse del master. Integrandosi con le tecnologie conta-passi presenti in smartphone e wearables, l’applicazione deposita gettoni nel salvadanaio personale dell’utente secondo una determinata quantità di passi effettuati. I gettoni potranno servire per acquistare a prezzo scontato alimenti di qualità presso rivenditori selezionati.
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Il Future Food Accelerator
Dal master si è dunque deciso di fornire un ulteriore strumento agli studenti. Lo stretto contatto con imprese, stakeholder e startup straniere ha portato alla nascita di un acceleratore, che inizierà a lavorare il prossimo anno. Si tratta di un acceleratore estremamente verticale, focalizzato sul settore food. Affronterà tutti gli ambiti, dal food retail, al packaging, alla logistica. «Le tradizioni di oggi sono le innovazioni del passato: in Italia godiamo di un ecosistema in grado di ospitare startup di questo settore, ma probabilmente non ce ne rendiamo conto. Soprattutto in questa fase, con l’Expo appena terminato, è importante darsi da fare rendere l’innovazione costante. E aiutare e valorizzare le idee di successo».