I risultati dell’indagine IBAN sul 2016: un investimento su quattro è firmato da donne. Tra i settori più premiati ICT e medicale
Gli investimenti dei business angel (cioè di privati che investono capitali propri) in startup sono cresciuti nel 2016 fino a toccare 24,4 milioni di euro suddivisi in 52 società emittenti. Nel 2015 erano 20,9 milioni. Sono i numeri dell’indagine IBAN 2016, l’analisi del mercato italiano dell’angel investing condotta da Vincenzo Capizzi, docente dell’SDA Bocconi, e presentata alla 28^ convention di IBAN, l’Italian Business Angels Network, a Milano.
Il campione
Il campione dello scorso anno è composto da 144 business angel per un totale, come detto, di 52 operazioni realizzate in gran parte in cordate di investitori singoli. L’ammontare medio è stato di 479mila euro. Rispetto agli anni passati sono stati presi in considerazione solamente gli investimenti realizzati da business angel scorporandoli dalla componente venture capital quando sono state riscontrate operazioni in syndacation1.
Il profilo
Ma chi sono i business angel italiani? Il profilo e le caratteristiche non sono troppo cambiate negli ultimi anni: tra i 30 e i 50 anni, uomo, il tipico investitore informale vive nel Nord Italia ed è affiliato a IBAN, a uno dei suoi business angels network territoriali oppure a un Club di investitori. Tuttavia lo scorso anno un’operazione su quattro è stata realizzata da donne. Già manager, laureato e in gran parte imprenditore, il business angel tricolore ha un patrimonio mobiliare inferiore due milioni di euro e investe meno del 10% del proprio patrimonio in operazioni di supporto alle startup o alle imprese già avviate.
Le scelte
Su chi investono? Specialmente su imprese con sede nel Nord del Paese: nel 56% dei casi si tratta di startup, nel 32% di aziende allo stadio di seed e nel 12% di espansione. Oltre all’investimento in equity il business angel di riferimento contribuisce al percorso dei suoi investimenti soprattutto attraverso competenze strategiche e contatti per lo sviluppo dell’attività. Il suo stato di coinvolgimento nelle imprese finanziate è medio o alto nel 70% dei casi. Insomma, si tratta di mosse mirate e scelte di cui le persone si prendono profondamente cura nel corso del tempo.
ICT, health e fintech
Il settore che ha beneficiato in modo più massiccio dei finanziamenti è stato senza troppe sorprese l’Ict (app web, mobile e software) seguito dalla sanità e dalle apparecchiature medicali. Dietro i servizi finanziari, poi i media, i dispositivi di vario genere, l’ambiente, l’alimentare, le energie pulite il tessile e la meccanica. Al centro degli interessi dei business angel ci sono il potenziale di crescita del mercato (63%), la squadra che compone la società (37%) e solo in terza battuta le caratteristiche del prodotto o del servizio in questione (26%).
I business angel, sempre più, si uniscono in syndacation e fanno da traino per investimenti venture ben più consistenti”
Il ruolo-guida dei business angel
“Il mercato angel in Italia ha ormai raggiunto un livello di maturità, probabilmente anche a causa delle poche exit, assestatosi su volumi che viaggiano intorno ai 20 / 25 milioni di euro – ha spiegato Paolo Anselmo, presidente di IBAN, che ha individuato con precisione il ruolo-guida di questo genere di investitori – i business angel, sempre più, si uniscono in syndacation e fanno da traino per investimenti venture ben più consistenti”.
“Dalla ricerca emerge anche un segnale molto positivo, ovvero la presenza sempre più consistente di donne tra i business angel. A questo proposito, per individuare le azioni necessarie per coinvolgere un sempre maggior numero di donne l’Associazione Iban, insieme ad altri sette partner attivi in Europa, sta gestendo un importante progetto WA4E – Women Angels for Europe’s Entrepreneurs – coordinato da Business Angel Europe e sostenuto e finanziato dall’Unione Europea, di cui presenteremo i risultati nei prossimi mesi”.