Nel 2023 l’Equity segna una contrazione del 39% rispetto all’anno passato. Imprese e startup si affacciano al 2024 con l’imperativo di affrontare nuove sfide. Quali sono le priorità in vista del nuovo anno? A StartupItalia il guest post di Antonio Ghezzi, Direttore dell’Osservatorio Startup Hi-Tech del Politecnico di Milano
Nel valutare l’andamento dell’ecosistema delle startup italiane nel 2023 emerge un quadro complesso caratterizzato da dati prevalentemente negativi, in termini di raccolta complessiva di capitali e di crescita delle singole realtà analizzate. Tuttavia, è cruciale interpretare queste cifre considerando il contesto europeo e macroeconomico che le circonda.
La fotografia del 2023
Gli investimenti totali in Equity di startup hi-tech italiane nel 2023 ammontano a 1 miliardo e 130 milioni di euro, evidenziando una contrazione del 39% rispetto al 2022 (con un totale di 1 miliardo e 860 milioni a consuntivo) e del 19% rispetto al 2021 (un miliardo e 400 milioni di raccolta totale). Sebbene questi dati possano risultare allarmanti, è essenziale considerare che il mercato europeo del venture capital ha subìto una diminuzione ancor più significativa nei primi nove mesi del 2023 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, addirittura del 50% secondo il rapporto di Pitchbook. È comunque interessante notare che, nonostante la contrazione degli investimenti rispetto all’anno precedente, i dati del 2023 risultano comunque superiori alla situazione pre-pandemica, indicando una certa resilienza dell’ecosistema italiano. Dopo anni caratterizzati da grande disponibilità di liquidità per investitori e startup, l’odierno contesto macroeconomico globale, caratterizzato da un aumento dei tassi di interesse e una riduzione della spesa causata dall’inflazione, ha contribuito a delineare quello che comunemente è stato chiamato “L’inverno dei capitali”. Gli investitori, anche attirati da asset potenzialmente remunerativi e meno rischiosi (tipicamente obbligazioni o titoli di Stato), stanno tuttora cercando nuovi approcci di fronte alla mutevolezza degli scenari finanziari, che di fatto li allontanano da investimenti in startup innovative (nonostante i rilevanti incentivi ad essi associati, quali il 50% di detrazioni fiscali). A questo scenario globale, si è aggiunta dallo scorso settembre anche la preoccupazione relativa alle manovre di trasloco del fondo di innovazione CDP, con uno spostamento di 300 milioni di euro dal Fondo Nazionale Innovazione a quello per il Made in Italy (secondo l’omonimo disegno di legge). Nonostante la congiuntura negativa, un’analisi più dettagliata rivela che, escludendo i “mega round” superiori ai 100 milioni di euro che avevano fortemente caratterizzato il 2022 (come i 100 milioni raccolti da Casavo, e i circa 300 milioni a testa di Newcleo e Satispay), la cifra che rimane sul tavolo non si discosta significativamente da quella dell’anno scorso. L’Italia, nonostante la sua storica posizione di “follower” rispetto a economie più mature come Germania, Francia e Spagna, pur subendo la crisi ha quindi mostrato una resilienza superiore alla media europea.
Analisi degli investimenti
Esaminando le tre componenti di investimento – formale, informale e internazionale – emerge un quadro piuttosto articolato. La parte di investimento formale (cioè fondi di Venture Capital indipendenti, di Corporate Venture Capital aziendali e di Venture Capital Governativi) registra una decrescita limitata al 14% rispetto al 2022, evidenziando il ruolo infrastrutturale che il comparto formale ha assunto sia a livello istituzionale sia privato; ne è conferma l’emergere di nuovi attori nazionali come Generali Ventures e 2100 Ventures negli scorsi 12 mesi. D’altra parte, la componente di finanziamento da attori informali (che includono Venture Incubator, Family Office, Club Deal, Angel Network, Independent Business Angel, piattaforme di Equity Crowdfunding, aziende non dotate di fondo strutturato di Corporate Venture Capital, venture builder e startup studio) mostra una contrazione del -43%, riflettendo la cautela soprattutto di business angel e family office in un contesto macroeconomico incerto. Non sorprende, quindi, che anche il segmento dell’equity crowdfunding registri una significativa contrazione rispetto all’ultima osservazione. La componente degli investimenti internazionali mostra un calo del 55% che, come già specificato, è attribuibile in primo luogo all’assenza dei grandi “mega round” tradizionalmente alimentati dai grandi investitori esteri. Questa situazione riflette la tendenza di diminuzione dei finanziamenti late stage e una scarsità cronica di exit, soprattutto in termini di IPO, attualmente in atto in tutta Europa. Rispetto al benchmark internazionale, il divario con gli ecosistemi di Francia, Germania e Spagna rimane stabile rispetto agli anni precedenti, con una dimensione relativa nel nostro ecosistema che ammonta a circa un sesto rispetto a quello francese, un quarto rispetto a quello tedesco, e comparabile a quello spagnolo.
Le sfide del 2024
In conclusione, mentre il contesto macroeconomico presenta sfide notevoli per le quali sembra ancora lontana una soluzione, il ruolo centrale delle startup nell’accelerare la crescita economica rimane fondamentale. Nonostante la contrazione a livello europeo, infatti, l’ecosistema italiano ha dimostrato di saper resistere e di avere fondamenta sempre più solide, evitando un crollo drammatico. Proprio per questo motivo, l’odierna fase di rallentamento può per l’Italia costituire occasione per ridurre il divario esistente rispetto agli ecosistemi europei più consolidati. Uno sforzo in “controtendenza” sotto forma di un impegno congiunto e costante da parte dei policy maker, delle istituzioni e delle imprese nei confronti dell’ecosistema, per creare un ambiente favorevole allo sviluppo e alla prosperità delle startup italiane di oggi e domani. Nel corso del prossimo anno, tale sforzo potrà tuttavia concretizzarsi solo se il mondo dei venture capital indipendenti proseguirà nel suo ruolo di risorsa infrastrutturale solida, grazie a competenze, pianificazione e relazioni internazionali; se le nuove forme di venturing e di supporto alle startup, quali startup studio, venture builder e affini, caratterizzate da significativa vivacità ma ancora in uno stadio embrionale di sviluppo, saranno in grado di compensare più che proporzionalmente il declino di altri attori informali che stanno via via sostituendo; se le corporate, per il loro stesso bene, inizieranno a giocare sistematicamente un ruolo nella crescita delle startup, attraverso investimenti strategici mirati; e se le istituzioni non si “rimangeranno la parola” rispetto all’effettiva allocazione di fondi da tempo promessa, continuando a scommettere in maniera coerente sul ruolo vitale dell’imprenditorialità innovativa per lo sviluppo e la competitività del paese.
In sintesi, il 2024 ci porterà in dote un miglioramento rispetto allo scenario del 2023 solo se il nostro “ecosistema startup” imparerà davvero a comportarsi come tale, orchestrando in maniera armonica le azioni dei diversi attori in gioco. L’imprenditorialità è “tosta”, e poco avviene per sola fortuna; i risultati vanno meritati. Le imprenditrici e gli imprenditori questo lo sanno fin troppo bene: è ora necessario che tutte le loro controparti inizino a ricordarlo.