Se ne è discusso nell’evento Paperless & Digital Awards che ha premiato a Padova le buone pratiche digitali
“La salvezza umana giace nelle mani dei creativi insoddisfatti” è una frase di Martin Luther King. Parafrasandola potremmo dire che i creativi sono gli startupper sui quali c’è una grande responsabilità, la salvezza di un’economia che ha accelerato sul trasformazione digitale, lasciando tante aziende indietro ad annaspare.
Forse è un’esagerazione dare un ruolo di peso a un comparto della nostra economia che, malgrado la sua crescita (qui il report che abbiamo pubblicato recentemente) è ancora piccolo nei numeri: sono 14mila circa le startup iscritte al Registro delle Imprese.
Eppure, considerando anche l’avanzata della digitalizzazione e le difficoltà del nostro sistema Paese (l’Italia è al 19esimo posto su 28 nazioni europee per tasso di digitalizzazione delle aziende, dati European Investment Bank) si comprende come il destino del Paese sia proprio in mano a quella migliaia di creativi, così folli da voler cambiare un’economia ancora in gran parte tradizionalista.
I 5 elementi essenziali della trasformazione digitale
Recentemente, un articolo su Harvard Business Review dal titolo “The Essential Component of Digital Transformation”, prova a fare ancora più chiarezza su cosa significa davvero trasformazione digitale e quali sono gli ostacoli che affrontano le aziende che vogliono abbracciarla.
In sostanza per non buttare via soldi e non limitarsi “semplicemente” ad acquistare strumentazioni tecnologiche, le aziende dovrebbero dotarsi di sei elementi. Oltre alle tecnologie (il va sans dire) ci sono le persone (ovvero le competenze digitali che sono scarsissime nelle aziende e di certo più presenti nelle startup).
E poi ancora i dati (capire quali raccoglierli e con quali strumenti); gli insight (che è la capacità di ottenere valore dai dati); le azioni (in sostanza, usare i dati per fare decisioni, senza più dipendere dal proprio istinto) e i risultati (capire in sostanza, se i progetti di digital transformation hanno ottenuti i risultati sperati rispetto ai parametri valutati).
Quante piccole e medie aziende italiane avrebbero allora gli strumenti e le risorse economiche per fare tutti questi ragionamenti? Ed è qui che si intuisce ancora di più l’opportunità che le startup rappresentano per la crescita nella trasformazione digitale di tutto il Paese.
Di buone pratiche di digitalizzazione di aziende e pubbliche amministrazioni e del peso delle startup se ne è parlato nell’evento Paperless & Digital Awards, organizzato da Nicola Savino, esperto di digitalizzazione a norma con la sua Savino Solution, la cui tappa finale si è tenuta a Padova, la scorsa settimana.
Tre sono le startup e scaleup premiate, tra cui Credimi, Aida e Riatlas. Le abbiamo intervistate per analizzare che ruolo le startup rivestono oggi nella digitalizzazione del Paese.
Credimi: tecnologia e network
La capacità, di quella che è considerata una delle migliori fintech a livello europeo, Credimi, è stata di lavorare su due fronti che rientrano perfettamente nei sei elementi necessari per la trasformazione digitale di cui scrive Harvard Business Review.
La prima è una soluzione tecnologica che risolve un problema, parliamo della necessità delle aziende di ottenere finanziamenti in pochi secondi (assolvendo a procedure complesse da realizzare manualmente, come l’identificazione del cliente, la compilazione dei documenti necessari per attivare la garanzia del Fondo di Garanzia ecc.).
E poi c’è il secondo aspetto che è la capacità dell’azienda nel creare un ponte di collegamento tra le aziende e le persone ovvero gli investitori istituzionali:
«In generale le start-up e scale-up possono offrire tanto in termini di digitalizzazione: solo negli ultimi anni sono nati moltissimi servizi, che sono già sul mercato, per aiutare le imprese e la PA a snellire i processi interni, migliorare il rapporto con i clienti, analizzare i dati per definire strategie di marketing più mirate, efficientare l’amministrazione e la gestione delle risorse umane, snellire la gestione degli aspetti legali e quella dei flussi di cassa e del bilancio, digitalizzare delle linee di produzione», spiega Maria Grazia Andali, Chief Marketing Officer di Credimi, che ha ritirato il premio.
Aida: dare potere alle persone per la trasformazione digitale
La trasformazione digitale avviene dando potere alle persone. Proprio su questo fronte, è interessante la buona pratica di un’altra delle startup premiate, Aida che ha lanciato una sua soluzione che si chiama Kipy ed è in sostanza un’app che facilita il caricamento dei propri documenti tramite scansione o upload, inserendoli in un archivio organizzato.
Il valore in più del progetto, risiede secondo le due cofounder, le sorelle Maria Vittoria e Ludovica Lupi, nella sicurezza, l’app si sviluppa in cloud, cripta i dati degli utenti ed è possibile accedervi solo tramite riconoscimento biometrico:
«La mission di una startup e il suo ruolo nella digitalizzazione del Paese risiede nella capacità di trovare soluzioni che davvero facilitano la vita delle persone, riducendo lo stress e garantendo la sicurezza dei dati», sottolineano, Maria Vittoria e Ludovica Lupi.
«Fornire i giusti strumenti alle persone – continuano – istruirle sui benefici della tecnologia anche al di fuori di un contesto aziendale, diventa il primo passo per facilitare l’introduzione di sistemi innovativi all’interno delle aziende».
Riatlas: la rapidità di scelta e azioni
Nei sei punti sottolineati da Harvard Business Review, c’è uno specifico che riguarda la necessità delle aziende di agire in modo veloce. Ed è proprio su questo punto che si sofferma un altro dei vincitori di Paperless & Digital Awards, Riatlas che si occupa di digitalizzare il monitoraggio e l’assistenza da remoto dei pazienti oncologici (ne abbiamo parlato qui).
«Le startup rivestono un ruolo disruptive per accelerare i processi di digitalizzazione, perché riescono ad introdurre innovazioni di processo e prodotto in grado di ridurre il time to market e gli investimenti di aziende e PA», spiega il Ceo, Luca Romanelli.
«Le aziende più strutturate – prosegue – spesso sono rallentate da organizzazioni complesse, con flussi decisionali lenti e problemi di gestione del quotidiano che non consentono di pensare al miglioramento dei loro prodotti e dei loro processi».
Savino: il valore dell’integrazione
Promotore dell’evento, Nicola Savino ha voluto mettere insieme in un unico contenitore, grandi imprese, PMI, PA, startup, organizzazioni non profit, strutture sanitarie, proprio nell’ottica che è sempre l’integrazione la parola chiave per rendere funzionante un ecosistema di innovazione:
«Oggi si parla tanto di sistemi in grado di far dialogare gli oggetti nell’ambito dell’Internet delle Cose che sono grandi innovazioni senza dubbio. Tuttavia, bisognerebbe spostare il focus sul networking e sul far dialogare gli uomini, le menti degli innovatori e digitalizzatori. Perché solo così possono nascere buone pratiche e occasioni di arricchimento», dichiara Nicola Savino.