L’intervista a Giuseppe Montana, Head of Internationalization
La second hand economy corre e Wallapop è uno dei soggetti più in crescita negli ultimi tempi. Complice anche una campagna di marketing molto attiva in Italia, diversi utenti stanno conoscendo le funzioni della piattaforma. Per scoprire la storia, il modello di business e i piani dell’azienda innovativa spagnola nel nostro paese abbiamo intervistato Giuseppe Montana, Head of Internationalization di Wallapop.
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L’intervista
Qual è l’origine di Wallapop?Â
«L’idea di Wallapop nasce nel 2013 a Barcellona da un’intuizione: riprodurre online il modello del mercatino dell’usato, al quale le persone possano accedere in modo altrettanto semplice direttamente dal proprio smartphone. I fondatori sono riusciti a sviluppare in poco tempo una app in grado di connettere venditori e acquirenti tramite la geo-localizzazione. È bastato poco tempo perché Wallapop diventasse sinonimo di un servizio disruptive nel mercato dei prodotti second hand, in grado di diffondersi rapidamente in tutta la Spagna e guadagnando la fiducia non solo di milioni di utenti ma anche di importanti fondi di Venture Capital nazionali ed internazionali. Tra questi: Accel, Insight Venture Partners, 14W, GP Bullhound e Northzone».
«L’ultimo round in ordine di tempo si è chiuso con un finanziamento serie G da 157 milioni di euro guidato dal fondo, con sede a Parigi, Korelya Capital e sostenuto da NAVER, che è attualmente il principale portale web coreano. Dal suo lancio, la piattaforma Wallapop ha messo in contatto oltre 15 milioni di utenti per la compravendita di oggetti second hand e trovato una seconda casa ad oltre 180 milioni di oggetti, favorendo abitudini di consumo più sostenibili e offrendo alle persone l’accesso a prodotti in ottimo stato e a prezzi competitivi».
Wallapop in Italia: quali sono i piani dell’azienda? Pensate di assumere nuove figure?
«La nostra ambizione è quella di abbattere le barriere nel mercato dell’usato favorendo lo sviluppo di un ecosistema che permetta la creazione di un catalogo unico in Europa in questo settore. Dopo la prima fase di sviluppo e consolidamento in Spagna, dove continuiamo a crescere, abbiamo deciso di aprire una seconda fase di espansione oltre confine con il lancio in Italia. Siamo entrati nel mercato italiano con l’intenzione di valorizzare l’enorme potenziale che abbiamo intravisto: infatti, la decisione di intraprendere questa nuova fase di internazionalizzazione è arrivata in un contesto di forte crescita del settore degli annunci online e in particolare rispetto al mercato dell’usato in Italia.
«Il nostro obiettivo è offrire ai consumatori italiani un nuovo modo di comprare e vendere attraverso la nostra piattaforma che, grazie alla sua tecnologia e al suo livello di innovazione, sarà in grado di generare nel Paese lo stesso impatto positivo osservato in Spagna. A livello di assunzione di nuove figure, sono già molti gli italiani in Wallapop e con la crescita di questo mercato, anche il team dedicato all’Italia è destinato a crescere».
Ci può dare qualche numero di Wallapop a livello generale e per quanto riguarda il nostro paese?
«Abbiamo chiuso il 2020 con una crescita dei ricavi di oltre il 50% e ci aspettiamo che continui a crescere a questo ritmo anche nei prossimi anni. Siamo molto orgogliosi di come Wallapop sia diventata un’azienda forte e consolidata, e della fiducia che i nostri investitori hanno riposto nel business. Nonostante l’interruzione dei nostri servizi durante il lockdown in Spagna, una volta rimosse le restrizioni abbiamo avuto un picco del 50% su Wallapop Spedizioni. Il numero di prodotti pubblicati durante quel periodo è aumentato del 40%, in quanto molte persone, nel tempo trascorso a casa, hanno identificato oggetti che non usavano più e hanno scelto di dare loro una seconda vita».
«In Italia, ci aspettiamo di costruire una posizione solida all’interno del mercato, creando una forte brand awareness e attirando una massa critica di utenti che alimentino gli scambi a livello domestico. Essendo arrivati in Italia da poco più di due mesi e non abbiamo ancora dati ufficiali da poter condividere, possiamo anticipare però che a fine ottobre Wallapop è stata l’app di second hand più scaricata in Italia e gli annunci italiani pubblicati hanno raggiunto il +140% rispetto al target. Inoltre, Wallapop prevede di chiudere il 2021 superando i 50 milioni di euro di fatturato».
Il claim è zero commissioni per chi vende. Qual è allora il modello di business di Wallapop?
«Wallapop ha diverse aree in grado di garantire monetizzazione: in Italia, in partnership con Poste Italiane, il nostro servizio di e-commerce intermediato consente agli utenti, compresi quelli nelle zone rurali, di accedere alla vasta offerta di articoli presenti su Wallapop, indipendentemente dalla distanza geografica sia all’interno di Spagna e Italia, sia consentendo acquisti cross-border; ci sono poi servizi per le piccole imprese e gli imprenditori, compresi gli abbonamenti per i venditori professionali, principalmente della categoria “Motori”, oltre ai servizi per aumentare la visibilità di particolari inserzioni; e poi la pubblicità in-app e web. Mentre Wallapop Spedizioni è già disponibile in Italia, i servizi per i professionisti e la pubblicità in-app e in-web non saranno ancora disponibili in questa prima fase. La loro implementazione è parte della nostra roadmap futura nel mercato italiano».
Il mercato del riutilizzo sta crescendo. Come ci si differenzia e quale pensate sia il valore aggiunto della vostra piattaforma?
«Siamo assolutamente convinti che Wallapop abbia il potenziale per far sviluppare anche in Italia un nuovo modello di consumo, orientato all’economia circolare, grazie al suo marketplace innovativo. Innanzitutto, Wallapop è una piattaforma specializzata non soltanto in una, ma in diverse categorie. La nostra ambizione è quella di abbattere le barriere del mercato della compravendita dell’usato favorendo lo sviluppo di un ecosistema che permetta la creazione di un catalogo di oggetti di seconda mano unico in Europa, che possa continuare ad espandersi in futuro e renda più facile per tutti partecipare ad un modello di consumo più consapevole e sostenibile».