Una nuova piattaforma che consente il “deepfake” da tasca sbanca in Cina: sostituisce con il proprio i volti celebri nelle clip da film, video musicali o altri contenuti. Ma per usarla occorre farsi una serie di selfie su cui non si ha alcuna garanzia di uso e conservazione
C’è un nuovo fenomeno FaceApp. Per il momento concentrato in Cina. Si chiama Zao ed è un’applicazione in grado di sostituire facilmente, all’interno di una sequenza di un film o di un qualsiasi altro video, il volto degli attori, degli sportivi o dei protagonisti con quello dell’utente. L’app, progettata per iOS e balzata subito ai primi posti della classifica dell’App Store nella Repubblica popolare, porta in sostanza il deepfake nelle tasche di tutti.
Che cos’è un video deepfake
Per deepfake si intende l’insieme delle tecnologie di deep learning – fondamentalmente il ricorso alla tecnica chiamata “generative adversarial networks” o Gan – che consentono all’intelligenza artificiale di imparare a riconoscere le forme, le strutture, gli oggetti e soprattutto le fattezze, a elaborarle e ad integrarle all’interno dei contenuti video. Creando delle false clip in cui un volto a scelta viene sovrapposto in modo sempre più credibile e spesso indistinguibile a quello dell’effettivo protagonista. Oppure girando un video in cui si dicono delle cose e sostituendo al girato farlocco un viso celebre. Se ne parla dal 2017, da quando sono iniziati a circolare video porno manomessi in questo modo sull’aggregatore statunitense Reddit: le finte protagoniste erano attrici famose come Scarlett Johansson, calate loro malgrado all’interno di una serie di scene hard girate invece da protagoniste del settore. “Combattere contro i deepfake col mio volto è una causa persa – ha confidato all’inizio dell’anno la 34enne attrice americana – internet è un luogo depravato dove il sesso vende ed è solo questione di tempo perché il problema riguardi chiunque“. Da quel momento è stata in effetti un’escalation.
Il (solito) problema dei Termini d’uso
Zao consente in sostanza di fare ciò che prima era un po’ più complesso in modo automatico. Trasformando questa sovrapposizione in una specie di gioco da smartphone (con esiti evidentemente esilaranti, su questo non c’è dubbio, i risultati di download stanno a testimoniarlo). Il punto è che, ancora prima della faccenda per così dire etica, è di nuovo scattato un allarme per la privacy: le politiche (chiamiamole politiche, ma è un eufemismo) relative alla gestione dei dati personali, almeno nella loro prima stesura che dovrebbe presto essere revisionata, concedono infatti alla società che sviluppa Zao tutti i diritti di utilizzo dell’immagine del proprio volto, accettando che la società possa utilizzarlo per le solite finalità di marketing e altro ancora di non meglio specificato.
Come funziona l’app
Dopo le prime perplessità Momo Inc, il gruppo che gestisce l’applicazione del momento quotato pure a New York (si occupa anche di dating e di streaming video), ha annunciato tramite il social Weibo l’intezione di modificare quel passaggio, per rassicurare i milioni di utenti che hanno iniziato a infilare le proprie facce nelle sequenze cinematografiche più celebri della storia, in una partita di calcio, in un pezzo di un episodio di una serie tv o in qualche scalmanata scena di combattimento.
Gratuita, l’applicazione è stata scaricata così tante volte da far crollare per due volte i server della società nel giro dello scorso fine settimana. Per sostituirsi alla celebrità di turno basta scattarsi una serie di selfie e caricarli sull’applicazione, che procederà al face swapping nella clip prescelta. Ovviamente il risultato è predisposto per essere rapidamente condiviso sui social network, o, nel caso cinese dove questi sono in gran parte chiusi, sulle piattaforme WeChat e Weibo.
Chi gestisce davvero i dati?
E le preoccupazioni per la privacy? Ci hanno messo appunto qualche giorno, per fioccare. Proprio come con l’app russa FaceApp, altra fiammata e inspiegabile febbre esplosa un paio di mesi fa, non c’è alcuna rassicurazione su come e dove quei contenuti vengano conservati e dell’uso che possa esserne fatto da parte, a dirla tutta, di una sussidiaria di Momo Inc, la cinese Changsha Shenduronghe Network Technology. Con la diffusione del riconoscimento facciale per lo sblocco dei dispositivi o l’autorizzazione delle più diverse funzionalità, per esempio quelle sulle applicazioni e sui siti di natura finanziaria, c’è poco da scherzare.