BigG nomina Keith Enright chief privacy officer e partorisce una prima proposta di regolamentazione generale verso un GDPR all’americana
Sotto attacco negli Stati Uniti come in Europa per le più diverse questioni, su tutte le privacy, Google ha compiuto negli ultimi giorni un passo importante. Nominando Keith Enright, già legal privacy director del colosso, nella casella di chief privacy officer. La nomina si accompagna alla volontà di porre fine al Far West dei dati. Il nuovo responsabile presenterà infatti al Congresso statunitense una proposta di normativa su raccolta e uso delle informazioni personali il cui schema di massima è già stato pubblicato lunedì scorso. Si tratta appunto di una proposta generale di Mountain View sul tema, che ovviamente dovrà trovare una sua sintesi con quanto proporrà il legislatore e quanto proporranno altre grandi aziende.
La stetta in arrivo
Nel nuovo ruolo Enright – che proprio oggi testimonia al Senato ammettendo che Big G “ha fatto errori in passato, da cui abbiamo imparato e abbiamo incrementato il nostro programma per la privacy” – sarà responsabile di disegnare la futura strategia di Google sulle questioni della privacy in un contesto molto agitato sia per l’introduzione del GDPR in Europa che per la rinnovata attenzione del Congresso dopo lo scandalo Cambridge Analytica che ha coinvolto Facebook. Un’attenzione che potrebbe presto portare a una nuova stretta nel settore anche al di là dell’Atlantico.
Il lavoro del Senato Usa
All’audizione di oggi al Comitato che si occupa di Commercio, scienza e trasporti parteciperanno anche Twitter, Apple, Amazon e AT&T. Un momento di confronto fra Congresso e colossi e per fare il primo passo verso quello che sarà una specie di “Gdpr americano”. Il presidente del comitato, il repubblicano John Thune, ha infatti spiegato di voler proporre allo stesso Congresso l’approvazione di una legislazione specifica sulla privacy che non blocchi l’innovazione ma protegga i consumatori. Proprio sulla falsa riga di Bruxelles e anche delle leggi californiane, che sul tema sono più stringenti.
“Il compito del mio team è aiutarvi a godere dei benefici della tecnologia tenendo sotto controllo la vostra riservatezza” ha scritto in un post sul blog ufficiale di Google Enright. Per poi aggiungere che “adesso più che in ogni altra fase della mia storia lavorativa è il momento di sviluppare linee guida di base. Google supporterà una regolamentazione generale di questo tipo”.
Ma cosa c’è, in quelle linee guida proposte da Google? Anzitutto la convinzione che i consumatori debbano avere il diritto di disporre dei propri dati personali. Di poterli cioè correggere, cancellare e rendere disponibili in formati interoperabili, per fare in modo che siano trasferibili da una piattaforma all’altra. Ma il framework proposto da Mountain View spinge molto sulla trasparenza verso i consumatori anche rispetto al modo e alla ragione per cui vengono raccolti, usati e svelati i dati, così come sulle limitazioni a queste pratiche. Big G propone ancora di far pagare le compagnie che condividono le informazioni con terze parti ma anche di assegnare a queste terze parti gli obblighi di sicurezza.
Intanto, nei giorni scorsi Google ha rinnovato il suo Centro sicurezza con nuove risorse e più informazioni. Prossimamente sarà disponibile in 65 lingue.