In che modo il binomio tecnologia e filosofia conduce al progresso e all’innovazione? Come superare la tecnofobia generalizzata e in che modo la filosofia ci supporta con l’avvento delle AI generative? Ne abbiamo parlato con Maurizio Ferraris, filosofo, scrittore e professore ordinario di filosofia teoretica presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Torino.
«Il farmaco più potente a disposizione della scimmia nuda è la tecnica, e la tecnica più potente è il capitale. L’alleanza tra tecnologia e umanesimo può potenziare questo capitale a beneficio di tutti, trasformandolo in un patrimonio dell’umanità». È con questa premessa che un umanista ed un tecnologo, Maurizio Ferraris e Guido Saracco, nel loro volume “Tecnosofia, Tecnologia e umanesimo per una scienza nuova”, attestano la possibile alleanza tra filosofia e tecnologia. Ma in che modo il binomio tecnologia e filosofia conduce al progresso e all’innovazione? Come superare la tecnofobia generalizzata e in che modo la filosofia ci supporta con l’avvento delle AI generative? Ne abbiamo parlato con Maurizio Ferraris, filosofo, scrittore e professore ordinario di filosofia teoretica presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Torino.
L’era digitale ha bisogno sempre più delle discipline umanistiche. Ma in che modo tecnologia e filosofia possono condurre al progresso?
Le discipline umanistiche non sono agli antipodi della tecnologia ma si tratta di un insieme unitario che genera progresso. E questo per il banale ma fondamentale motivo che gli umani sono –come qualunque altro animale – organismi, ma – diversamente da ogni altro animale – risultano sistematicamente connessi con la tecnologia. Come risultato, la tecnologia, ben lungi dall’essere disumanizzante, è ciò che ci rende umani.
In che senso?
La tecnologia determina lo sviluppo materiale, che è un lato del progresso; la filosofia e la tradizione umanistica permette di cogliere il senso di quel progresso, e anzitutto di inserirlo in un orizzonte storico. Come dire che senza tecnologia non avremmo progresso, ma senza filosofia non ne capiremmo il significato e non ne concepiremmo il fine: insomma, non ce ne accorgeremmo.
L’ingresso dell’intelligenza artificiale (AI) nella vita di tutti i giorni ha aperto molti interrogativi e dibattiti. Come superare questa tecnofobia generalizzata?
Rendendosi conto del fatto che l’immagine della tecnica come impresa demoniaca che vuole sottomettere l’umanità è solo una brillante fantasia letteraria. E che, fuori dalla letteratura alla Frankenstein, l’umano diviene tale grazie alla tecnica, e che l’intelligenza artificiale è solo uno strumento in più nel processo di umanizzazione, che può essere usato bene o male, ma che resta uno strumento. Cioè un meccanismo, privo di quei processi di volontà, bisogno, intenzionalità che caratterizzano gli organismi, e del risultato di un incontro regolare tra organismi e meccanismi, come la coscienza, che caratterizza l’animale umano.
In che modo la filosofia ci viene (o può venirci) incontro con l’avvento delle AI generative, quindi generatori automatici di linguaggio basati su modelli estratti dai testi?
Aiutandoci a capire la natura della trasformazione, il suo significato nella storia, lo spettro delle possibilità aperte dalla intelligenza artificiale. Ossia aiutandoci a capire il senso del progresso e della trasformazione, con una consapevolezza indispensabile perché progresso e trasformazione siano effettivi, ossia incidano realmente e coscientemente nella vita umana.
Che ruolo hanno oggi la filosofia e le facoltà umanistiche per creare innovazione nelle imprese?
Quello di fornire un repertorio di idee più largo, nel tempo e nello spazio, di quello che viene offerto dai saperi specialistici e dalle prassi tecnologiche. Insomma, è vero, come dice Amleto, che ci sono più cose fra la terra e il cielo di quante ne sognino le nostre filosofie. Ma è anche vero che, senza la pretesa di abbracciare tutto, la filosofia e i saperi umanistici portano con sé conoscenze e coordinate che vanno molto al di là dell’esperienza ordinaria.