I primi test entro il 2024. Non si sa dove sarà costruita l’infrastruttura, nè l’entità dell’investimento. La mobilità del futuro, tra sfide e normativa
Hyundai costruirà un vertiporto negli Stati Uniti dove, a partire dal 2024, punta ad avviare i test dei taxi volanti della propria divisione Supernal. A riferirlo è il sito di Bloomberg, dove si ricorda che all’ultimo CES di Las Vegas la casa automobilistica sudcoreana aveva mostrato un prototipo di questi mezzi a decollo verticale. Si tratta di uno dei settori più affascinanti – e al tempo stesso ricchi di dubbi su normative e sicurezza – della cosiddetta drone economy. Prima di cominciare con i test Hyundai ha già fatto sapere che richiederà le autorizzazioni necessarie alla Federal Aviation Administration (FAA) americana. Al momento sappiamo che i suoi taxi volanti possono raggiungere i 190 km/h e trasportare fino a quattro passeggeri. Numeri che, per risolvere il problema del traffico, richiederebbero un’ampia flotta a disposizione dei pendolari. Non è ancora nota la località americana in cui sorgerà questo vertiporto dei taxi volanti di Hyundai.
Secondo varie ricerche pubblicate negli ultimi anni, il mercato globale dei taxi volanti viene stimato in diverse decine di miliardi di dollari entro il 2030, con tassi di crescita annua a doppia cifra. Per ora si procede in ordine sparso, con Paesi e soprattutto città che si fanno capofila di test. In Cina spicca il caso di EHang Holdings, che ha già ottenuto le autorizzazioni, e negli Stati Uniti Bloomberg cita Joby Aviation che ha ottenuto il via libera dalla FAA (tra i suoi investitori ci sono Delta Air Lines e Toyota).
E l’Italia? Nel nostro speciale sulla drone economy abbiamo fatto tappa a Roma, dove è stato inaugurato mesi fa il vertiporto all’aeroporto di Fiumicino. Nelle operazioni è stata coinvolta la startup tedesca Volocopter. Parlando sempre di mobilità del futuro, l’innovazione dei taxi volanti può essere paragonata a quella della guida autonoma, tecnologia che da anni viene sperimentata negli Stati Uniti e che proprio nelle scorse settimane ha subìto una battuta d’arresto con lo stop di Cruise, uno dei leader del settore di proprietà di General Motors (qui abbiamo ricostruito l’intera vicenda).