Il brand è leader negli USA. Fondata nel 2008 l’azienda è spesso al centro di critiche per impatto ambientale e condizioni dei lavoratori.
Secondo il Wall Street Journal la piattaforma ecommerce di fast fashion Shein ha depositato i documenti per procedere con la quotazione in Borsa negli Stati Uniti. Fondata nel 2008 in Cina, Shein è un brand divenuto noto anche in Occidente: vende capi d’abbigliamento e accessori e lo fa con un utilizzo massiccio di dati per prevedere la domanda dei clienti e far sì che i costi di inventario rimangano bassi come si legge su TechCrunch. All’inizio del 2023 l’azienda ha raccolto 2 miliardi di dollari con una valutazione da 66 miliardi. Ci sono già ipotesi sul valore dell’IPO: 90 miliardi.
In un periodo in cui la moda si sta interrogando sull’impatto ambientale del fast fashion, ossia di un consumismo che spinge a comprare e scartare sempre più vestiti (di scarsa qualità), Shein è spesso finita al centro delle critiche. Oltre alla questione dell’inquinamento dovuto al fast fashion, contro Shein sono state rivolte accuse di sfruttamento dei lavoratori negli stabilimenti. Come si legge sul Post, l’app è da anni la più scaricata negli Stati Uniti nella sezione shopping, dopo aver superato perfino Amazon. I suoi prezzi sono competitivi ed è in grado di produrre nuove collezioni in pochissimi giorni. Ha fatto discutere nei mesi scorsi la campagna lanciata da Shein per coinvolgere diversi influencer internazionali, invitati a visitare lo stabilimento a Canton, in Cina. L’obiettivo era chiaro: farne ambasciatori del brand sui social. Ne è emersa una copertura che ai più è sembrata edulcorata e poco obiettiva.