Donne stellari. Non c’è solo la nostra Astrosamantha. Nicole Aunapu Mann della tribù Wailacki sarà la comandante della prossima missione Crew 5 di Space X per la ISS. Intanto Helga e Zohar, due manichini, dalle vaghe forme femminili e coperti di sensori, tenteranno di misurare la quantità di radiazione per il corpo delle donne. Perché anche nello Spazio purtroppo tutto è sempre stato testato su modelli maschili
Mentre aspettiamo il lancio della prima missione del progetto Artemis che, in uno dei lanci successivi previsto nel 2025, promette di portare la prima donna ed il primo uomo non bianco a camminare sulla Luna, proviamo a ripensare come il genere, e più di recente l’etnia, hanno influenzato l’esplorazione dello spazio.
Se è certamente vero che i primi essere umani a viaggiare nello spazio sono stati dei maschietti bianchi, la relazione tra donne e spazio sembrava avere avuto un inizio sfolgorante nel 1963 con il lancio di Valentina Tereškova.
Purtroppo, però, ora sappiamo che la sua performance non aveva affatto soddisfatto il capo indiscusso del programma sovietico Sergej Korolev che aveva fatto una croce sopra alla possibilità di fare volare altre cosmonaute. Non che la NASA fosse meglio da questo punto di vista. Solo nel 1976, quando venne introdotta la figura denominata “specialista di missione”, per la quale era richiesta una preparazione scientifica, piuttosto che un curriculum da pilota collaudatore, divenne possibile per le donne partecipare ai bandi per la selezione di nuovi astronauti. E le candidate non mancarono: tra gli 8370 candidati che presentarono domanda nell’ottava tornata per la selezione di nuovi astronauti, 1000 erano donne. Tra loro c’era Sally Ryde, che sarebbe diventata la prima donna americana ad andare in orbita su uno Shuttle.
Da allora sono oltre 70 le donne che hanno volato come astronaute, cosmonaute e taikonaute, grossomodo il 10% del totale dei viaggiatori spaziali. Per la maggior parte dei casi parliamo di professioniste che operavano per conto delle maggiori agenzie spaziali ma ci sono anche stati casi sporadici di astronaute private, vuoi una turista pagante come Anoushed Ansari, vuoi passeggere selezionate in modo creativo come Sian Proctor e Hayley Arceneaux che hanno volato nella missione privata Inspiration4.
Tra le agenzie spaziali, la NASA è quella che ha dedicato più attenzione alla parità di genere e nelle ultime due classi dei suoi nuovi astronauti si conta un numero uguale di uomini e donne. Oltre al genere, la NASA ha imparato a porre l’accento anche sulla diversità del suo corpo astronauti dove hanno trovato posto afroamericani, latini e nativi americani come Nicole Aunapu Mann che sarà il comandante della prossima missione Crew 5 di Space X per la ISS.
Colonnello dell’aviazione dello US Marine Corp, Nicole Aunapu è un membro della tribù Wailacki che è parte della Round Valley Indian Tribes Federation nella California del Nord. Dopo avere servito in Iraq e Afghanistan, è stata selezionata per il corpo degli astronauti e avrebbe dovuto fare parte dell’equipaggio della navetta Starliner della Boeing. Poi, a causa dei ritardi di Starliner è stata riassegnata alla Crew Dragon di SpaceX . Per la sua prima missione comanderà un equipaggio molto globale composto dal collega Josh Cassada, dal giapponese Koichi Wakata e dalla cosmonauta russa Anna Kikina che vola sulla navetta di Space X nell’ambito di un accordo di scambio di personale siglato a luglio tra NASA e Roscosmos.
Nicole fa parte della generazione Artemis, cioè degli astronauti che potrebbero andare sulla Luna e, proprio pensando alle prossime missioni, nella capsula Orion che partirà per il suo primo volo cislunare di test che durerà circa 40 giorni, ci saranno due manichini, chiamati Helga e Zohar, letteralmente coperti di sensori per misurare la quantità di radiazione che riceveranno. Si tratta dei raggi cosmici, particelle di alta energia che sono il vero problema dei voli interplanetari.
Parliamo sia dei raggi cosmici galattici, sia di quelli solari. Pur trattandosi sempre di particelle o di atomi ionizzati, quello che differenzia le due popolazioni è la loro energia media: i raggi cosmici prodotti dal nostro sole sono meno energetici e, proprio per questo, risultano più pericolosi per gli esseri umani. I raggi cosmici di alta energia ci attraversano e hanno una bassa probabilità di interagire con i nostri tessuti mentre quelli solari hanno una probabilità molto maggiore di fermarsi nei tessuti depositando la loro energia, cosa che può danneggiare il DNA e anche distruggere le cellule interessate.
Questo aumenta la probabilità dell’insorgere del cancro che, a seguito di lunghe esposizioni accumulate nei viaggi interplanetari, rischia di diventare una malattia professionale degli astronauti. Dal momento che la suscettibilità ai danni da radiazione è maggiore per le donne, ecco spiegato perché ai manichini sono state date vaghe forme femminili. Il progetto, frutto della collaborazione tra la NASA, la DLR (l’agenzia spaziale tedesca) e la ISA (l’agenzia spaziale israeliana), è coordinato dalla DLR e ha lo scopo di misurare con precisione la quantità di radiazione che riceveranno i manichini e per mettere alla prova una possibile misura di mitigazione del rischio.
Per questo, i due pseudo-manichini non sono identici. Mentre Helga è “nuda” ed esposta alla pioggia di radiazione totale, Zohar indossa una specie di giubbotto di protezione, chiamato AstroRad, prodotto dalla StemRad in collaborazione con Lockheed Martin per proteggere le parti vitali dai raggi cosmici solari, quelli più pericolosi.
il giubbotto è un po’ ingombrante e probabilmente anche un po’ pesante, ma in una navetta spaziale il peso non è un problema. L’idea di fondo è cercare un modo efficace per proteggere gli e le occupanti della navetta senza appesantire troppo la struttura. Fino ad ora si era pensato ad ispessire le pareti dell’abitacolo per aumentare la loro capacità di fermare i raggi cosmici meno energetici, ma gli spessori diventano subito un peso proibitivo da portare in orbita. Modellando lo scudo sulle persone si diminuisce la superficie interessata alla schermatura, mantenendo una buona protezione individuale. Se i sensori di Zohar riveleranno una quantità di radiazione decisamente inferiore rispetto a quelli di Helga, significa che AstroRad funzione e potrebbe valere la pena di includerlo nel guardaroba dei futuri astronauti.