Dopo la fusione tra i due soggetti di punta del settore VC, abbiamo intervistato il presidente esecutivo di una realtà fondata 20 anni fa. Nona puntata della rubrica alla scoperta dei protagonisti del mondo Venture Capital nel nostro Paese
«Siamo una realtà internazionale: oggi il 30% delle candidature proviene da Europa e Israele. In 20 anni di attività Digital Magics ha sempre avuto un approccio industriale: siamo imprenditori che vogliono aiutare altri imprenditori a credere nel digitale». A pochi giorni dalla notizia della fusione tra LVenture e Digital Magics, StartupItalia ha intervistato Marco Gay, presidente esecutivo di un acceleratore e incubatore fondato quando le startup, nel nostro Paese, solo i pionieri sapevano cosa fossero. In questa nona puntata del nostro viaggio alla scoperta dei protagonisti del mondo VC abbiamo colto anche l’occasione per chiedere un commento sui dati emersi dall’ultimo paper presentato a SIOS23 Summer a Roma. «Quando si valuta il settore VC non si può non tenere conto di quel che accade nel mondo. In questo momento guerra, shortage, tassi di interesse in crescita pesano. Ma credo non sia in discussione il valore delle startup».
Con la fusione tra Digital Magics e LVenture cosa cambia?
Partiamo dal motivo industriale: un’operazione simile ci dà sicuramente una dimensione diversa per startup, investitori e corporate. Credo che garantirà un contributo importante all’ecosistema italiano. Già oggi, se guardiamo, abbiamo un 30% di candidature che provengono da Europa e Israele: è un indicatore di come ci sia voglia di un player italiano attivo a livello europeo. La nostra visione resta quella di portare il digitale made in Italy all’estero. Essere un player di questo tipo è parte della missione industriale che ci siamo dati.
Digital Magics nel 2023 ha festeggiato 20 anni di attività. Avete cominciato quando nessuno parlava di startup.
L’Italia è cambiata in maniera dirompente. Digital Magics è nata grazie a un gruppo di imprenditori che hanno avuto successo nel digitale e che volevano aiutare altri imprenditori. Io sono arrivato nel 2016 come socio e oggi sono il presidente esecutivo. La prima volta in cui si è parlato di startup in maniera formale è stato nel 2012, con il Startup Act. C’era bisogno di creare valore, di mettersi in gioco e in discussione. Negli ultimi anni abbiamo assistito a una grande accelerazione: nel 2020 gli investimenti erano a mezzo milione, nel 2021 a un miliardo, l’anno successivo a 2 miliardi. Questo è un segnale di come è cambiato il mercato. Oggi è un’industria a tutti gli effetti: possiamo parlare di Italia come di un luogo dove nascono startup che sanno internazionalizzarsi e scalare.
Eppure siamo indietro rispetto ad altri Paesi europei.
Stiamo recuperando velocemente. Come dimensioni ci troviamo dove erano i nostri amici europei anni fa. Ma oggi leggo di round seed intorno ai 750mila euro. In passato quando si chiudeva a 200mila era un successo.
Raccontaci la tua esperienza prima di Digital Magics. Cosa ti ha formato?
Ho avuto la fortuna di esser nato in una famiglia di imprenditori: lavoravamo nel settore vetro ceramica, niente di più distante dal digitale. In realtà io ho sempre avuto la passione della tecnologia, pur avendo fatto studi economici. E infatti nel 2000 ho aperto la mia prima azienda su software e siti. Un momento decisivo è stato l’incontro con Enrico Gasperini (il fondatore di Digital Magics, scomparso nel 2015, ndr): mi ha coinvolto e ha capito la mia voglia di continuare a essere un imprenditore. A volte ci penso: magari nel 2000 avessi avuto una Digital Magics ad accompagnarmi nella crescita.
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Aver fatto l’imprenditore ti è servito all’interno del mondo VC?
Noi in Digital Magics siamo imprenditori. Molti manager hanno esperienze industriali alle spalle. Non abbiamo un approccio finanziario: amiamo dire che siamo soci, non investitori delle startup. La concretezza che passa nel fare questa attività è un elemento a cui tengo molto.
A SIOS23 Summer a Roma abbiamo presentato il nostro paper con i dati sulla raccolta di capitali nel primo semestre 2023. Un numero è indicativo: – 51,17% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Che periodo stiamo vivendo?
Quando si commenta il settore del venture capital non si può non tenere conto delle prime pagine dei giornali e dei titoli ai tg. C’è un mondo in guerra, alle prese con shortage dei materiali e aumenti dei tassi di interesse. È un momento complicato, ma a mio giudizio il rallentamento degli investimenti non è dovuto tanto al mercato delle startup, bensì alla contingenza. Sarei molto più preoccupato se non ci fossero qualità e talento nelle startup.
In qualità di Presidente di Confindustria Piemonte ti chiedo un commento su un punto emerso dalla recente Assemblea di Assolombarda a Milano: si è parlato della necessità di un piano industriale europeo per competere con Cina e USA.
È per quello che abbiamo fatto l’operazione straordinaria con LVenture. Sono convinto si debba parlare di una politica industriale europea che abbia a cuore la capacità innovativa e una visione tecnologica. Ricordo che siamo un continente manifatturiero, l’Italia è un Paese di innovazione e talento. E le competenze sono una freccia al nostro arco.
Startup, PMI, imprese, aziende. Provocazione: dovremmo usare un unico termine per indicare chi crea valore, lavoro e crescita?
Rispondo dicendo che l’Italia è oggi il place to be. Abbiamo una rete di PMI che sta crescendo, inserita in filiere produttive internazionali. Le imprese collaborano con le startup in spirito di open innovation. Bisogna valorizzarlo molto questo elemento. Per le PMI significa innovare andando verso semplificazione, competitività e produttività.
Un auspicio per i prossimi anni?
Vorrei trovarmi in un Paese inclusivo dal punto di vista industriale, sociale ed economico; un Paese dove c’è un solo modo di intendere l’innovazione come valore aggiunto per istituzioni, cittadini e imprese; un Paese dove chi ha successo riceve un bell’applauso. Insomma, un Paese giovane non soltanto dal punto di vista anagrafico, ma di mentalità. Noi vogliamo contribuire a costruire questa visione.