Nel Paese è presente anche Cruise, l’ex startup americana che offre i suoi robotaxi a San Francisco
Gli Emirati Arabi devono correre se vogliono raggiungere quell’ambizioso obiettivo fissato dallo sceicco e Primo ministro Mohammed bin Rashid Al Maktoum: entro il 2030 il 25% dei trasporti nel Paese dovrà avvenire su guida autonoma. Con la consegna della prima licenza a far circolare le proprie self driving car alla startup cinese WeRide, fondata nel 2017, il traguardo dovrebbe essere più vicino.
Sul capitolo mobilità e guida autonoma si discute da anni, sia in termini di fattibilità sia di sicurezza e norme. Nel frattempo a San Francisco i robotaxi dell’ex startup Cruise sono una realtà e stanno dimostrando le potenzialità della tecnologia. Gli Emirati Arabi non vogliono essere da meno e hanno scelto WeRide per il primo banco di prova.
TechCrunch ricorda che la licenza permetterà all’azienda di testare i suoi veicoli a guida autonoma di livello 4, ovvero mezzi che possono circolare senza alcun intervento del guidatore, gestendo le varie situazioni presenti nel traffico. Negli Emirati Arabi il progetto per rendere più autonomo il parco auto procede poi di pari passo con l’elettrificazione dei veicoli e la realizzazione di una rete di punti di ricarica.
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La già citata Cruise – acquisita anni fa da General Motors per 1 miliardo di dollari – è presente negli Emirati Arabi, dove sta svolgendo vari test. Nel frattempo anche l’Arabia Saudita sta investendo su simili tecnologie, seguendo le ambizioni del principe Mohammed bin Salman per trasformare il Paese in un hub di eccellenze tecnologiche, dal biomedicale al gaming.
Se in Medioriente è il potere centrale a concedere le autorizzazioni del caso, in USA sono più le autorità locali a firmare accordi con i soggetti privati per testare le auto a guida autonoma, rendendo i processi più celeri. In Arizona e in California, ad esempio, sono in corso sperimentazioni e per alcune realtà i servizi sono già attivi, ma le regole non sono affatto le stesse.