L’analisi bisettimanale, curata dalla startup innovativa Storyword, sui temi che hanno tenuto banco sulla stampa estera durante i 14 giorni appena trascorsi
A poco più di sei mesi dall’arrivo di ChatGPT, molte testate giornalistiche dispongono già di linee guida e codici di condotta interni per il suo utilizzo nelle loro redazioni. Press Gazette ha raccolto i commenti di 12 leader dell’industria dei media – incluso ciò che è emerso al Congresso della International News Media Association a New York – sull’implementazione degli strumenti di intelligenza artificiale nelle loro attività lavorative. È molto scettico l’editore del New York Times, A.G. Sulzberger, il quale sostiene che l’intelligenza artificiale avvelenerà l’ecosistema dell’informazione. Alessandra Galloni, Direttrice di Reuters, ha invece un approccio più costruttivo: “Una storia di Reuters è una storia di Reuters, indipendentemente da chi la produce o da come viene generata, se applichiamo la nostra etica e i nostri standard editoriali”. Sulla stessa linea il CEO del Washington Post, Fred Ryan, che ha istituito una task force interna sull’intelligenza artificiale per trasformare quest’ultima in una significativa opportunità per l’intera redazione. Secondo Robert Thomson, CEO di News Corp, spetterà a giornalisti ed editori capire come regolare questo fenomeno nell’attesa che i legislatori si esprimano al riguardo. Più moderata la Direttrice del Financial Times, Roula Khalaf, che sostiene la necessità di avere un team in redazione che sperimenti i vari strumenti dell’intelligenza artificiale, ma allo stesso tempo sottolinea i danni che da questi possono derivare.
…e accordi
Le Big Tech e i maggiori gruppi editoriali si starebbero parlando per raggiungere uno storico accordo sull’uso degli articoli per addestrare gli strumenti di intelligenza artificiale. ChatGPT, così come altri software, è in grado di scrivere testi in tempi rapidissimi partendo da contenuti già esistenti prodotti dall’essere umano. Ma buona parte di quest’ultimi è frutto del lavoro delle testate giornalistiche, il che solleva diverse criticità in termini di copyright. Secondo quanto riporta il Financial Times, la trattativa potrebbe sfociare in un accordo che prevede il pagamento, sotto forma di abbonamento, per utilizzare i contenuti delle testate giornaliste. Trattativa che comunque sarebbe in una fase preliminare. I gruppi editoriali starebbero mostrando una certa prudenza, forti della cattiva esperienza che li ha visti protagonisti nella prima era di Internet, quando offrivano gratuitamente articoli online a beneficio di aziende come Google o Facebook.
Aziende dipendenti da TikTok
Rivoluzionare il business e stravolgere le attività di corporate R&D (ricerca e sviluppo), si può fare? Sì, se ti chiami TikTok e tra i tuoi utenti conti cinque milioni di aziende. Oggi non puoi fare a meno dell’app cinese quando gestisci un’attività commerciale. La piattaforma si sta mostrando sempre più l’arma vincente nel marketing, supportando i clienti anche nel monitoraggio dei trend. Successo dovuto anche alle sue ottime capacità in termini di R&D, nate dal saper “leggere la mente” degli utenti. Come noto, dagli scontri con l’amministrazione Biden (e non solo) dovuti a motivi di sicurezza nazionale potrebbe scaturire un divieto dell’app, ma, nonostante ciò, numerose compagnie continuano a modellare prodotti e servizi sulla base dei feedback che emergono sulla piattaforma social. È una scommessa, secondo il Wall Street Journal, che molti dirigenti ritengono necessaria se vogliono conquistare gli utenti più giovani e stare al passo con la concorrenza.
Facebook al servizio dei governi
L’arrivo di Facebook in Vietnam è stato visto ai tempi come una vera rivoluzione. Per molti ancora oggi Facebook è sinonimo di Internet. Migliaia di utenti hanno pubblicato post contro il governo, facendo emergere verità nascoste dalla propaganda di stato. Dopo aver percepito il pericolo, il governo vietnamita ha iniziato a chiedere sempre maggiori restrizioni alla creatura di Zuckerberg. Nulla di strano perché, in tutto il mondo, i governi possono presentare richieste a Meta per rimuovere contenuti che considerati “illegali”. Richieste che vengono valutate sulla base delle linee guida specifiche per paese. Come racconta il Washington Post, ciò che colpisce è la generosità di Facebook nei confronti proprio del Vietnam: il colosso di Menlo Park ha censurato sistematicamente il dissenso eliminando profili che minacciavano il governo e ha predisposto un elenco di funzionari del Partito comunista “che non dovrebbero essere criticati”. Come se non bastasse, il governo dispone di un esercito digitale di troll sempre operativo, che prende il nome di Force 47. Rafael Frankel, direttore per le politiche pubbliche di Meta nel sud-est asiatico, ha detto di essere orgoglioso degli investimenti della società in Vietnam: “Il nostro obiettivo è garantire che il maggior numero possibile di vietnamiti sia in grado di utilizzare la nostra piattaforma per costruire una comunità ed esprimersi”. Facebook non è l’unica ad essere così permissiva. Dal 2019, Google, proprietaria di YouTube, ha accolto quasi tutte le 2.000 richieste del governo di rimuovere determinati contenuti. TikTok, invece, afferma di aver rimosso o limitato più di 300 post lo scorso anno per aver violato la legge locale.
Non parlate di ESG
Le aziende americane non parlano più di sostenibilità e diversità. Tra la pressione degli investitori che vogliono che queste si concentrino sulle loro operazioni (e non sul bene sociale), e dei gruppi conservatori, la condivisione delle iniziative ESG è drasticamente diminuita negli ultimi trimestri. Secondo i dati di AlphaSense, in 575 presentazioni dei risultati finanziari tra l’1 aprile e il 5 giugno, si è registrato un calo del 31% rispetto al stesso periodo dell’anno scorso. “La cosa più semplice da fare è rimanere fuori dalla conversazione ed enfatizzare altri aspetti del business che saranno percepiti come meno controversi e più rilevanti per le metriche tradizionali del business”, sostiene Jason Jay, professore del Massachusetts Institute of Technology. Non comunicarle tuttavia non significa non attuarle. Come riporta il Wall Street Journal, le aziende continuano a portare avanti tali iniziative, ma si limitano a una comunicazione “obbligatoria” per evitare ripercussioni politico-sociali. Stando ad un sondaggio di KPMG, il 70% degli amministratori delegati americani ha affermato che i programmi ESG migliorano la performance finanziaria della propria azienda, rispetto al 37% dell’anno precedente.
Rassegna curata dalla redazione di Storyword.