L’analisi domenicale, curata dalla startup innovativa Storyword, sui temi che hanno tenuto banco sulla stampa estera durante la settimana appena trascorsa
Lark è un tool interno di messaggistica utilizzato ogni giorno da migliaia di dipendenti di ByteDance, compresi quelli in Cina, per condividere informazioni necessarie per svolgere il loro lavoro. Secondo documenti ottenuti dal New York Times, sulla piattaforma circolavano anche informazioni private degli utenti di TikTok, dalle patenti di guida a materiale pornografico. La proliferazione di questi dati su Lark da un lato è stata segnalata nell’estate 2021 dagli addetti della sicurezza ai dirigenti dell’azienda cinese, dall’altro contraddice quando dichiarato da Shou Chew, CEO di TikTok, davanti al Congresso americano, in termini di archiviazione dei dati. Inoltre, nonostante le segnalazioni dei dipendenti, la società non ha adottato nessun regolamento sulla gestione dei dati su Lark, limitandosi a comunicare la chiusura avvenuta lo scorso anno di alcune chat room all’interno della piattaforma. TikTok dispone comunque di un team molto corposo di addetti alla sicurezza informatica e sostiene di aver speso più di 1,5 miliardi di dollari per realizzare il Progetto Texas, ultima carta da giocarsi per rimanere attivo sul suolo statunitense. Non è ancora chiaro quando il progetto sarà completato, rimane dunque il dubbio se ciò sarà sufficiente per raggiungere una tregua tra la Casa Bianca e l’app cinese. Il divieto recentemente entrato in vigore nello Stato del Montana non sembra andare in questa direzione.
La visibilità prima di tutto
Apple, Amazon e IBM sono solo alcune delle grandi compagnie che continuano a fare pubblicità su Twitter nonostante l’aumento dell’incitamento all’odio registrato nella piattaforma dopo l’arrivo di Elon Musk. Si tratta di un dato particolarmente rilevante perché l’idea del miliardario texano (che in alcuni casi è stato protagonista della diffusione di teorie cospirative) di trasformare il social dell’uccellino blue in uno spazio di assoluta libertà di espressione dipende soprattutto dalla presenza costante dei grandi inserzionisti. Uno dei motivi, secondo Axios, per cui quest’ultimi non lasciano Twitter potrebbe risiedere nella efficacia della piattaforma su determinati tipi di pubblicità, che rimane ancora oggi la principale fonte di utile. La recente nomina a CEO di Linda Yaccarino va proprio in questa direzione: grazie al suo arrivo, come riporta il Financial Times, una della più importanti agenzie pubblicitarie, GroupM, ha detto ai suoi clienti che non considera più Twitter “ad alto rischio”. È anche vero che l’assenza di un boicottaggio di massa, come quello che Facebook ha dovuto affrontare nel 2020 per non aver voluto “verificare” i post dell’allora presidente Trump, ha permesso agli inserzionisti di continuare a operare su Twitter senza timore per un eventuale danno reputazionale. Tuttavia, secondo le proiezioni di Insider Intelligence, nel 2023 Twitter incasserà circa 2,9 miliardi di dollari dalla pubblicità, dopo aver dichiarato lo scorso ottobre che ne avrebbe guadagnato quasi 5 miliardi. Contattate per capire il perché continuare a fare pubblicità su Twitter, solo una delle aziende interpellate ha fornito una risposta.
Il fenomeno dei medici influencer
Tra i tanti fenomeni generati dalla pandemia di Covid-19, uno dei più interessanti riguarda la figura del medico influencer nata in Cina. Più di una decina di migliaia di medici, a causa dell’enorme richiesta di consigli sulla salute, hanno iniziato a pubblicare video brevi trasformandosi in dei veri e propri influencer. Il successo è stato immediato non solo per l’accessibilità immediata di informazioni mediche ma anche perché i medici hanno visto in questa iniziativa un’ottima opportunità di business. In particolare, vendendo libri, tutorial, prodotti e incentivando le persone a visitare le loro cliniche. Si è trattato di un business così efficace, racconta Rest of World, da far nascere agenzie interamente dedicate ai medici influencer. Ma come quasi tutte le iniziative di successo, anche questa ha generato tentativi di truffa e diffusione di disinformazione, attivando dunque l’intervento del governo. Lo scorso hanno è stato vietato ai medici di vendere prodotti su piattaforme di live streaming e alcuni social hanno chiesto a questi professionisti di non collaborare con le agenzie di influencer, che hanno dunque subito un enorme danno economico.